di Christine Ponsard
Dio non ha bisogno di persone illusorie, di coloro che sognano la loro vita invece di prenderla in mano o che non smettono di rimpiangere il passato, dei professionisti del “bisogna solo" e di quelli che danno lezioni…in pantofole. Dio potrebbe fare tutto senza di noi, ma sceglie di avere bisogno di noi, vuole associarci alla Sua opera di Creatore: qui sta la grandezza del nostro lavoro umano, che non è esclusivamente, né principalmente, un mezzo per guadagnare soldi (infatti può essere anche del volontariato e questo non toglie niente al suo valore).
L'azione non si oppone alla contemplazione, ma scaturisce da essa
Le persone "create a immagine di Dio" sono "chiamate a continuare, con e per gli altri, l'opera della Creazione, dominando la Terra". [...] Il lavoro onora i doni del Creatore e i talenti ricevuti" (Catechismo della Chiesa Cattolica, § 2427). I santi ci danno l'esempio: nessuno di loro è rimasto lì a guardare. Anche se la preghiera è stata la fonte della loro azione, non la sostituisce e si sono messi energicamente al servizio del Regno.
Guardiamo la Vergine Maria dopo l'Annunciazione: senza indugio, Si è messa in cammino per andare ad aiutare Sua cugina Elisabetta. I santi non hanno la testa tra le nuvole: hanno il cuore in Cielo, ma ancor più i piedi sulla terra. I più grandi contemplativi hanno spesso un eccezionale senso pratico e sono tanto più efficaci quanto più cercano solo la Volontà di Dio e vanno dritti all’obiettivo.
È un errore contrapporre Marta e Maria (Lc 10, 38-42): scegliere "la parte migliore", che è offerta a tutti noi, non significa lasciare lavorare le “Marte”, ma lavorare solo in vista di questa "parte migliore". L'azione non si oppone alla contemplazione, ma scaturisce da essa.
Costruire o subire: sta a noi scegliere!
Di fronte alle sfide del mondo di oggi, possiamo passare il nostro tempo a lamentarci, a piangere su ciò che non è più, a immaginare ciò che potrebbe essere, rimanendo inerti. Cambiare il mondo intorno ad un tavolo, discutere all'infinito su ciò che dovrebbe fare il nostro vescovo o il direttore della scuola dei nostri figli, il parroco o il sindaco della nostra città, distribuire giudizi buoni o cattivi, tutto questo è sterile se non addirittura dannoso. Il Regno non ha bisogno di ispettori dei lavori finiti, ma di uomini e donne che prendono il rischio di agire.
Perché agire significa correre il rischio di sbagliare, di esporsi al giudizio degli altri e di incassare critiche e rimproveri. Per essere il sale della terra, però, bisogna accettare di mescolarsi alla terra. Tenere le mani pulite è facile quando si tengono in tasca, ma è ben diverso quando si decide di affrontare la realtà, di impegnarsi visibilmente al servizio dei fratelli e di prendere iniziative. Così avremo il coraggio di uscire dai sentieri battuti per attuare nuove soluzioni, aprire le porte, lottare contro la disgrazia, la mediocrità, la bruttezza, la miseria e contro ogni forma di violenza, rifiutando di vederla come una fatalità ineluttabile.
I nostri figli hanno bisogno di vederci rischiare la vita invece di subirla. Hanno bisogno che noi li incoraggiamo ad impegnarsi "per permeare le realtà sociali, politiche ed economiche, secondo le esigenze della dottrina e della vita cristiana" (Catechismo della Chiesa Cattolica, § 899).
L'azione non è agitazione
Non sono le nostre opere che fanno progredire il Regno: è Dio che lo fa, con noi. Siamo come strumenti nelle Sue mani, tanto più efficaci quanto più si accetta di essere docili. Dio non ci chiede di fare il più possibile, non si aspetta che accumuliamo imprese: ci chiede solo di fare il poco che ci affida e di portare a termine il nostro compito nel tempo che Lui ci dà.
Questo implica di rimanere "connessi" a Lui attraverso la preghiera e rispettare la domenica: se ci lasciamo trasportare dal fuoco dell'azione senza fermarci a pregare, potremo forse arrivare a grandi conquiste, ma quale sarà in realtà la nostra fecondità?