Forse questa parola di Gesù non è mai stata così pertinente come oggi, in un momento in cui il consumismo ha elevato il denaro al rango di divinità. Basta ricordare quanti ipermercati, templi del denaro, hanno accolto di fedeli nel periodo natalizio; la sera della Natività c'era più gente lì che nelle chiese. Si può anche pensare alla Borsa Valori delle capitali economiche che riferiscono tutto al regno del denaro che partecipa per primo a quella che San Giovanni Paolo II chiamava le "strutture del peccato" nel quale il nostro mondo è inghiottito. Questo è evidentemente un problema di tutti i tempi e si riferisce al voto di povertà che ogni cristiano è chiamato a fare, e i monaci, come i religiosi sono lì per ricordarcelo: fare la scelta radicale di Dio è fare la scelta della povertà, ma attenzione: la povertà non è miseria!
La miseria è sofferenza per la mancanza del necessario, la povertà è la scelta di vivere solo del necessario, affinché nessuno venga sfavorito. Diceva San Basilio di Cesarea nel IV secolo (Omelia VI, VII):"All'affamato appartiene il pane che conservi, all'uomo nudo il mantello che tieni nel tuo baule, ai piedi scalzi le vecchie scarpe dimenticate in casa tua, al bisognoso il denaro che tieni sepolto. Così commetti tante ingiustizie quanto ci sono persone a cui potresti dare".
La povertà, quindi, non è la mancanza di denaro e neanche il non gestire le somme incredibili che circolano nel mondo. Inoltre, è bene che i cristiani accettino di essere in questi ingranaggi pericolosi ma si tratta, per sé come per la propria famiglia, di fare la scelta della povertà, in modo che il denaro sia messo a disposizione di chi ne ha bisogno affinché non viva nella miseria. Durante questo periodo di Quaresima questa scelta può diventare una bella risoluzione da seguire (e da continuare dopo Pasqua). Ma attenzione, per far ciò, le buone intenzioni non sono sufficienti, è necessario fare la scelta di Dio, una scelta non negoziabile.
Padre Alain Dumont