di Christine Ponsard
"Fare l'elemosina" è un'espressione che è diventata forse un po' desueta. Oggi, preferiamo parlare di condivisione e solidarietà. Questo è un peccato perché i termini condivisione e solidarietà, per quanto belli possano essere, coprono una realtà che è molto meno ampia rispetto a quella che si intende con l'espressione "fare l'elemosina". L'elemosina non è un semplice atto di filantropia. Non mira solo a sradicare la povertà materiale. "L'elemosina" deriva da una parola greca che indicava innanzitutto la Misericordia di Dio per l'uomo e poi la Misericordia dell'uomo per i suoi fratelli e sorelle. Misericordia significa tenerezza e compassione verso gli infelici e i peccatori e l'elemosina è la traduzione concreta di questa tenerezza. È una manifestazione dell'amore di Dio per i poveri e, allo stesso tempo, una via che conduce verso Dio: "Quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,41). Per questo l'elemosina è, insieme al digiuno e alla preghiera, uno dei tre pilastri della vita spirituale e, in particolare, della Quaresima, come ce l’ha ricordato il Vangelo che la Chiesa ha proposto ieri nella Messa delle Ceneri (Mt 6,1-18).
Anche se il dono di un bambino è minimo, la cosa più importante è ciò che rappresenta per lui o per lei
L'elemosina non è opzionale, non è solo una cosa in più che possiamo aggiungere alla nostra vita spirituale. In verità, non dovremmo farne a meno perché essa prolunga e autentica, per così dire, la preghiera e il digiuno. È un dovere assoluto per ogni cristiano, qualunque sia lo stato del suo conto in banca e della sua povertà. Per questo è importante aiutare i nostri figli a vivere anche questo aspetto della Quaresima, anche se non hanno molti mezzi materiali e se non hanno soldi da dare. Certo, la carità ci impone di essere efficaci al servizio dei nostri fratelli e di non accontentarci del pressappochismo. Ma l'efficienza non è l'unico scopo dell'elemosina, né il suo unico significato.
Anche se il dono fatto dal bambino è apparentemente piccolo, la cosa più importante è ciò che rappresenta per lui. Ricordiamo il Vangelo della vedova povera: anche se aveva dato solo qualche spicciolo, aveva dato più dei ricchi: "In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere" (Lc 21,3-4). Come, concretamente, possiamo permettere ai bambini di vivere questa dimensione della loro vita spirituale? Come insegnare loro a fare l'elemosina?
Convertite certi sforzi in soldi o mettete un salvadanaio per l’elemosina
Durante la Quaresima, alcuni sforzi decisi liberamente dal bambino, possono essere convertiti in monete. Non si tratta di convertire tutto in denaro, né di confondere il digiuno con l'elemosina poiché il digiuno è fondamentalmente gratuito. Si tratta semplicemente di permettere al bambino, che non possiede ancora dei soldi, di vedere concretamente il risultato delle sue privazioni offerte per chi è più povero di lui. Ad esempio, Paul non mette mai lo zucchero nel latte durante la Quaresima e poi dona ai poveri il prezzo dello zucchero a cui ha rinunciato. Catherine mangia solo pane per la merenda e offre il cioccolato di cui si priva. Sta a ciascuno capire cosa è possibile proporre ai bambini e decidere il "prezzo" per i loro sacrifici (10 centesimi per zolletta di zucchero, per esempio).
Se ai bambini viene data una piccola paghetta, e soprattutto se sono già grandi, si può mettere un salvadanaio in un posto ben visibile su un mobile. In questo modo, ogni bambino potrà depositare il suo dono quando vuole e in modo anonimo. Se in una stessa famiglia, ci sono dei grandi che hanno dei soldi e dei piccoli che non ne hanno, possiamo permettere ai piccoli di partecipare a questa raccolta familiare mettendo una scatola con delle monete accanto al salvadanaio: ognuno può venire a prendere una moneta per metterla nel salvadanaio quando in coscienza sa di aver rinunciato a qualcosa. Naturalmente, il rischio è che alcuni prendano un po' facilmente il permesso di mettere una moneta, mentre altri saranno troppo esigenti con loro stessi. Tuttavia è bello che possano dare in modo discreto, anonimo, senza essere notati, senza competere con gli altri, senza paura di essere giudicati o di volersi mettere in mostra.
Questo salvadanaio è un modo per imparare a vivere ciò che Gesù ci chiede: “Dunque, quando fai l'elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.” (Mt 6,2-4).
Dobbiamo frenare la generosità dei bambini?
I bambini sono a volte più generosi degli adulti. A volte possiamo essere tentati di frenare la loro generosità, o perché non è prudente (nel vero senso della parola) o perché non ci sembra "ragionevole". È bene insegnare ai bambini che non sempre abbiamo il diritto o la possibilità di dare tutto, soprattutto quando il nostro dare coinvolge gli altri o va contro le nostre responsabilità. Un bambino, per esempio, non deve donare il suo cappotto senza il consenso dei suoi genitori, che saranno obbligati a comprarne uno nuovo. Ma, a parte questa riserva, la misura dell'elemosina deve essere nessuna misura: "Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio" (Lc 6,38).