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Auguri 2021: sei bei modi per augurare “Buon anno”

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Edifa - pubblicato il 30/12/20
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Ogni anno è la stessa cosa, faticate a trovare l’ispirazione per degli auguri originali a Capodanno? Ecco qualche consiglio per non cadere nella consuetudine delle formule prestabilite come “buon anno” o “tanti auguri”. di Raphaëlle Simon

La fine dell’anno fa rima con l’obbligo di mandare gli auguri? O invece con l’opportunità di prestare attenzione a chi è più lontano, e di approfondire il rapporto con i nostri cari? Il Papa stesso, in occasione del nuovo anno, presenta i suoi auguri in quante più lingue possibili per essere capito da tutti. Una telefonata o un semplice biglietto di auguri con poche parole scritte con delicatezza può addolcire la solitudine, anche se ciò non sostituisce una visita, tanto più che questa attenzione può essere una delle poche ricevute nel corso dell’anno.

Confida Ciro: “Per me è un modo per essere presente nelle nostre vite troppo impegnate. Possiamo farlo almeno una volta all’anno, giusto?” Consapevole di non poter limitare i suoi auguri al club ristretto degli amici, Stefano ha scelto quest’anno di rivolgerli al suo “miglior nemico”. Giulia ha deciso di scrivere a suo marito, ai suoi genitori e ai suoi figli: “Ci prendiamo così poco tempo per dire loro che li amiamo, e a volte è più difficile, a causa della vicinanza”. Quindi, quest’anno, perché non prendersi il tempo di chiedersi a chi dare la priorità nel fare gli auguri e soprattutto come farlo in modo diverso rispetto al redigere un semplice “Felice anno nuovo”?

1. Dire cose buone l’uno dell’altro (fa bene!)

I rapporti tra di noi sono “spesso governati da litigi, critiche, giudizi, condanne, piuttosto che dalla benedizione e dall’apertura del cuore”, spiega lo psicologo Yves Boulvin. Riscoprire il significato profondo degli auguri sarebbe augurare il bene, parlare bene dell’altro (benedicere in latino, letteralmente “dire bene”). È entrare in una logica d’amore, che vede il bene, le cose belle, il lato buono di ciascuno, e ringrazia. Evocare delle qualità o mostrare gratitudine ha ripercussioni inaspettate: “Le parole di benedizione fanno bene all’anima”, assicura il monaco benedettino Anselm Grün.

2. Benedirci l’un l’altro

La Vergine Maria, durante la Visitazione, è benedetta tra tutte le donne da Elisabetta, che vede in Lei il Mistero della Donna e del Bambino che porta in grembo. Un’espressione che non è riservata ad un’élite spirituale, poiché ognuno di noi è benedetto da Dio. Se Dio ama ognuno di noi in modo assolutamente gratuito, possiamo tutti benedirci l’un l’altro, diventando così una fonte di benedizione, come gli altri lo sono per noi. Nella tradizione cristiana, la benedizione è sempre accompagnata da una parola e attraverso le nostre parole, esprimiamo a quella persona ciò che Dio può offrirle, come la vede e cosa significa per lui. La benedizione va oltre la preghiera di intercessione, è affermare: “Sei amato da Dio, sei prezioso per Lui”.

3. Utilizzare parole personali

“Quando scrivo o telefono al momento degli auguri”, dice Pierina, “cerco di ricordarmi ciò che il mio corrispondente desidera di più”. Usare parole personali tocca di più di una formula preconfezionata, purché queste parole siano scelte con cura, perché creano un rapporto con l’altra persona.

Il modo in cui le parole sono formulate è importante quanto il loro contenuto. Non c’è bisogno di scrivere a lungo, ma solo di avvicinarsi il più possibile a ciò che l’altra persona si aspetta, un modo per imparare il distacco è l’atto gratuito senza mai sapere se l’obiettivo è stato raggiunto. Cosa farebbe bene all’altro? Quali sono i suoi desideri? Allora gli auguri, al di là della formula educata, esprimeranno un affetto che può arrivare fino all’altro. A volte una risposta viene a confermare l’accortezza delle parole, “come quell’amico che mi ha risposto con una piccola attenzione che non mi aspettavo”. Spiega Sofia: “Quello che mi hai detto mi rende felice e fa chiarezza su cose che provavo ma che non riuscivo ad esprimere”. Purtroppo, anche i desideri pieni di buone intenzioni possono cadere a vuoto, o mancare di delicatezza. Per trovare le parole giuste, “prego davanti al Santissimo Sacramento”, dice Stefano, “e chiedo allo Spirito Santo di ispirarmi pensando ad ogni persona”.

4. Accettare di esprimere i propri sentimenti

Degli auguri sinceri richiedono di correre il rischio di esprimere i propri sentimenti più profondi, un modo per lasciarsi guardare nella verità, dunque di lasciarsi amare. Questi sentimenti possono esprimersi in modi diversi: l’amicizia, la gratitudine per i momenti di grazia, la compassione per chi sta attraversando una prova, la ripresa di un legame trascurato, la richiesta di perdono, l’opportunità, in ogni caso, di esprimere e vivere la carità, favoriscono un incontro autentico. Per Anna, una madre di famiglia che vive lontana dai suoi amici, “è un modo di condividere ciò che stiamo vivendo lasciando all’altra persona la sua libertà, rispettando ciò che sta vivendo”.

5. Augurare il bene nella verità

Formulare gli auguri non significa far credere che l’anno sarà risparmiato da qualsiasi sofferenza e da ogni difficoltà. Possiamo solo desiderare di accogliere con fiducia tutto ciò che accade, e credere che il Signore ci aspetta per viverlo con Lui. “Per noi cristiani è forse un’occasione per considerare questo nuovo anno come una nuova nascita, come un piccolo bambino che si aspetta tutto”, dice Anna.
Esprimiamo i nostri auguri senza trionfalismi, ma nella pace, come ha consigliato Benedetto XVI nell’omelia del 19 ottobre 2006, in occasione della sua visita pastorale a Verona. “Animati dalla consapevolezza che solo Cristo può soddisfare le aspettative più profonde di ogni cuore umano, e rispondere alle domande più inquietanti sul dolore, sull’ingiustizia e sul male, sulla morte e sull’aldilà”.

6. Testimone della presenza di Dio

Tornando alle origini della tradizione, dobbiamo risalire ancora più indietro nell’Antichità, quando i Romani lanciavano uccelli dall’alto del Campidoglio perché portassero i loro auguri ai confini dell’Impero. Il 1° gennaio di ogni anno, la liturgia della Messa ricorda la benedizione di Dio su Aronne di oltre tremila anni fa, che conclude l’ufficio liturgico: “Che il Signore vi benedica e vi custodisca! Che il Signore faccia risplendere il Suo Volto su di voi, che vi prenda in grazia! Che il Signore volga il Suo Volto verso di voi, che vi porti la pace! “(Numeri 6, 24-26). Nel testo originale, la triplice invocazione del nome di Dio assicura a Israele la presenza del Dio dell’Alleanza, fonte di ogni benedizione. Quando benediciamo personalmente qualcuno, le nostre parole dovrebbero esprimere quella tenerezza materna che Dio ha per noi, che rimane d’attualità fino alla fine dei tempi.

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