Vostro figlio è a disagio nel gruppo o di fronte alle novità? Niente panico, la sua timidezza, più o meno pronunciata, ha solo bisogno di un accompagnamento fatto di delicatezze. Enrico ha 6 anni, ha appena cominciato la prima elementare. Sogna di essere un calciatore professionista, ma, nel parco giochi, preferisce osservare gli altri giocare. “Non corro abbastanza veloce”, spiega a Priscilla sua madre, mentre la sera le racconta con passione la partita. Dice la madre: “A casa è un chiacchierone, a volte anche troppo con le persone che conosce bene, è un ragazzino felice, facile da vivere, apprezzato dai suoi amichetti”. Tuttavia ha passato tre anni all’asilo senza aprire bocca. Recentemente, “alza la mano e partecipa, ero molto felice e stupita quando la sua insegnante me l’ha detto”. Attenta al comportamento di Enrico senza drammatizzare troppo, Priscilla attribuisce la sua timidezza a diversi fattori: “Da bambino, anche mio marito era percepito come timido, ma non era a disagio. Semplicemente preferiva osservare”. Un temperamento forse accentuato dal fatto che è stato tenuto a lungo da solo con una tata”, analizza la madre, a cui a volte si stringe il cuore quando vede suo figlio in difficoltà.
Catherine Nivet ha dei bambini timidi nella sua classe ogni anno. Maestra di scuola materna per circa trent’anni, ci tiene a distinguere tra l’alunno riservato e quello timido. “Il primo, per temperamento, non si concede al primo venuto e ha bisogno di un tempo di osservazione per entrare bene in relazione. Il secondo si ritirerà completamente, si farà molto piccolo, come se volesse scomparire, per paura dell’immagine che darà di sé, o per paura di sbagliare”. Essendo genitore, come si fa a trovare l’atteggiamento giusto quando il figlio rimane in un angolino mentre gli altri giocano insieme, dondolandosi da un piede all’altro e rifiutando di salutare, o avendo incomprensibili attacchi d’ansia in situazioni banali, mentre a casa è tutto un’altra persona?
Non spaventarsi e fare attenzione ai piccoli segni
“Cerco di evitare al massimo di trattarlo bruscamente”, afferma Priscilla. Più che suggerirgli di lanciarsi e giocare con gli altri, preferisce rassicurarlo e dargli fiducia, convinta che la timidezza sia un sintomo di ansia: “So che i rituali sono molto importanti per lui: quindi sto attenta a non dimenticare la coccola del mattino quando lo accompagno a scuola, perché so che la giornata dipenderà da questo”. Tuttavia, è attenta che il figlio non si chiuda in questo personaggio di bambino timido, perché sente che potrebbe esserci la “tentazione di adagiarsi nella parte”.
Catherine Nivet raccomanda ai genitori di non spaventarsi, e di stare attenti ai piccoli segnali che indicano che il bambino sta bene: “Quando lo osserviamo in segreto, c’è sempre un momento in cui il bambino si rilassa ed esce dalla sua riserva per tornare ad essere sé stesso, è allora che si può incoraggiarlo e sapere cosa gli piace. Penso che sia bene favorire momenti che gli piacciono, come la lettura, lo sport, il disegno o qualsiasi altra attività in cui si sente a suo agio nell’esprimersi. A poco a poco, imparerà a conoscersi e ad amarsi”. Attraverso lo sguardo benevolo che ricevono, i bambini timidi hanno bisogno di “sapere che ognuno ha la sua parte nel mondo, che sono importanti e che hanno anche loro delle cose da dare agli altri”.
Non proiettare sul proprio figlio…
E se l’accompagnamento di vostro figlio iniziasse con un lavoro su voi stessi? Anna ne è convinta, lei la cui figlia maggiore di 7 anni “comincia a gesticolare, a mangiare la manica del suo maglione e a malapena guarda negli occhi i nuovi conoscenti”. Si chiede: “Ho notato che molti bambini timidi che conosco sono fratelli maggiori. Forse, inconsciamente, troppa pressione viene esercitata su di loro, tutti vogliamo che il nostro bambino faccia bella figura, che dica buongiorno… allorché, spontaneamente sono tentata di rettificare, sento che è meglio stare in disparte, anche se alcuni possono trovarlo scortese. La cosa più importante per aiutarla a crescere è l’amore che le diamo, senza giudicarla”.
Non proiettare i propri desideri sui propri figli è anche lo sforzo di Elena, madre di tre figli, due dei quali “hanno difficoltà ad andare verso l’altro, difficoltà con la comunità e a parlare in classe. All’inizio ho avuto difficoltà ad accettarlo”, dice. “Poi mi sono sentita presa da un pensiero che prevaleva in me, che dice che gli adulti sono più attratti dai bambini audaci, addirittura insolenti, che da quelli più discreti. Tra gli adulti, ci sono effettivamente dei leader e dei seguaci, perché non dovremmo ammettere la stessa cosa tra i più giovani?” Elena parla molto con i suoi figli: “Cerchiamo di mettere delle parole sulle paure di ognuno. Ne parliamo e ci ridiamo sopra, senza tabù!” Perché la timidezza è anche sintomo di una difficoltà di autostima, ripete ai suoi figli: “Non siete quello che gli altri immaginano di voi”. Ne è convinta e il temperamento riservato dei suoi figli comporta numerosi aspetti positivi: “Grazie alle discussioni che facciamo in famiglia, spero che essi acquisteranno libertà di spirito, e che saranno consapevoli che nessuno deve mai essere ridotto a ciò che viene percepito di lui”.
Sophie le Pievani