Dio mandò degli angeli ai pastori per dire loro che era nato un Salvatore. Oggi Egli ci manda a proclamare la Buona Novella. La festa del Natale è stata talmente tanto sfruttata da un mondo senza Dio che molti dei nostri contemporanei ne hanno dimenticato perfino l’origine. Certo, il presepe dice loro più o meno qualcosa, ma non sanno che questo neonato deposto in una semplice mangiatoia è venuto a portar loro l’amore e la gioia che cercano disperatamente. La diciottenne Daniela afferma: “Natale?! Non vedo l’ora che sia passato. Non siamo più dei bambini e Babbo Natale, e tutto ciò che lo riguarda, è finito! Alla fine, a Natale, cosa succede? Mangiamo troppo, dormiamo male e otto giorni dopo si ricomincia!” Invece di portare la Speranza, il tempo di Natale è per Daniela e per tanti altri un’occasione per sentire in maniera ancor più pressante il vuoto di un’esistenza senza ideali, il peso della solitudine, l’amarezza per la mancanza di denaro, lo scontento di sé e degli altri.
Non possiamo rassegnarci di fronte alla visione materialista del Natale, altrimenti Daniela e i suoi compagni finiranno per essere sempre più amareggiati. Siamo responsabili dei nostri fratelli e del Vangelo che il Signore ci ha affidato: dobbiamo evangelizzare, non è facoltativo ma è un dovere. E lo è soprattutto in questo tempo d’Avvento. Dio ha mandato degli angeli ai pastori per dire loro che era nato un Salvatore, e oggi Egli ci manda: “Vi mando come pecore tra i lupi” (Mt 10, 16). Gesù ci ha avvertito, non dobbiamo quindi sorprenderci quando veniamo fraintesi, derisi o disprezzati. Non preoccupiamoci davanti agli ostacoli che sopraggiungono per scoraggiare il nostro zelo evangelizzatore: in un certo senso, questo è piuttosto un buon segno. Il Maligno non ama affatto la gioia e cerca con tutti i mezzi di impedirci di diffonderla. Evangelizzare non è mai stato facile! Ma se il Signore ce lo chiede, ci darà i mezzi per farlo, fidiamoci di Lui.
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Annunciare la gioia del Natale è prima di tutto viverla e condividerla
Come potrebbe il mondo credere alla Buona Novella del Natale se i cristiani, come gli altri, sono sommersi dalle loro preoccupazioni, monopolizzati dalla corsa al denaro e ai beni materiali, più preoccupati per ciò che c’è nel piatto che per la sorte del loro prossimo? In questo tempo di Avvento, chiediamoci quale sia per noi il significato della festa del Natale. Cos’è essenziale? Cosa cambia o dovrebbe cambiare questo essenziale nella nostra vita? Queste settimane di Avvento ci vengono offerte come un’opportunità di conversione. Se non entriamo di più nel mistero, non saremo in grado di evangelizzare.
Sta a ogni famiglia capire come: invitare una o più persone sole, organizzare il ritrovo “cioccolata e brioche” alla fine della messa di mezzanotte in parrocchia, servire il cenone natalizio a delle persone anziane, telefonare a parenti o amici lontani (una telefonata può essere un bellissimo regalo di Natale), fare con i bambini biglietti di auguri o piccoli regali (torte, tartufi al cioccolato, stelle d’argento, ecc.) da regalare ai vicini o a un’anziana signora che vive da sola, ecc.
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Le prime persone alle quali dobbiamo annunciare la gioia del Natale sono i nostri figli
Annunciare la gioia del Natale è anche un richiamo, nella buona e nella cattiva sorte, che Dio si è fatto uomo per salvarci dal male e dalla morte, che Babbo Natale è solo un personaggio leggendario mentre Gesù esiste davvero, che Egli è vivo oggi, che la storia della Natività non è una bella leggenda del passato ma una Buona Novella sempre attuale. È un negoziante che espone nella sua vetrina il presepe realizzato dai bambini del catechismo; è un padre di famiglia che suggerisce di allestire un presepe vivente insieme all’albero di Natale nella sua ditta; è Chiara che, all’età di sei anni, risponde a un negoziante che gli chiedeva cosa le porterà Babbo Natale: “Lui non esiste. È Gesù che esiste”; è Marco che, in mezzo a un gruppo di studenti che si scambiano commenti disillusi sul Natale, osa parlare della gioia che gli procurano le feste natalizie in famiglia.
Se Marco ha trovato le parole giuste per annunciare questa gioia, se ha conservato la meraviglia della sua infanzia davanti a questa festa, è perché ha vissuto, in famiglia, dei veri Natali, focalizzati sull’essenziale, dove la gioia non veniva né dalla sontuosità dei doni, spesso modesti, né dall’abbondanza del cenone, né dall’attesa di Babbo Natale. I primi a cui dobbiamo annunciare la gioia del Natale sono i nostri figli: prepariamo per loro e con loro questa bellissima festa perché scoprano, attraverso le piccole gioie umane, la gioia di Dio.