Il primo anno di matrimonio è quello della scoperta delle gioie, ma anche delle piccole contrarietà… Se non esiste una ricetta pronta per “sopravvivere” a questa importante fase della vita dei giovani sposi, alcune astuzie possono essere molto utili. di Hugues Lefèvre
Dopo l’agitazione dei preparativi per il matrimonio, l’euforia del D-day e la gioia della luna di miele, inizia la vita quotidiana a due, e a volte non tutto è così semplice; Padre Alexis Leproux è solito accompagnare i fidanzati e i giovani sposi. È con passione e franchezza che dedica il suo interesse al primo anno di matrimonio: il “wedding blues” post matrimonio, le prime difficoltà, l’apertura alla vita.
Passato il giorno del matrimonio, alcune coppie vivono il cosiddetto “wedding blues”. Come affrontare questa possibilità? È grave?
In effetti, si fa sentire, ed è naturale. Quando siamo nel periodo di preparazione del matrimonio, si è in un particolare dinamismo; una volta passato l’evento, si deve iniziare con una nuova logica. A volte ci sono alberi che hanno una fioritura tardiva, questo non significa che siano morti, semplicemente la stagionalità delle nostre anime è diversa da quella delle nostre menti. D’altra parte, c’è sempre un divario tra il nostro immaginario e la realtà, e questo divario ci può sorprendere piacevolmente, ma può anche essere deludente; tuttavia, essere delusi non significa che abbiamo sbagliato vocazione.
Nel primo anno si scoprono molte gioie ma anche delle cose fastidiose… Come fare in modo che non avvelenino la vita?
Le contrarietà che proviamo quando viviamo con qualcuno sono un buon modo per farci uscire da noi stessi e far morire una buona parte del nostro egoismo. Dal rumore della zanzara al pianto del bambino, al comportamento del coniuge che può innervosire, le irritazioni sono in realtà un invito a riconoscere che non viviamo nel nostro “piccolo io”. Integrare questo è esercitare quella che si può chiamare una forma di resilienza; ci permette di ammorbidire la nostra anima, di allenare la nostra intelligenza e la nostra volontà e di aderire alla realtà. Dobbiamo esserne certi: più ci abitueremo a superare i piccoli fastidi, più saremo preparati a superare grandi prove.
Quindi non dovremmo cercare di correggere il comportamento del coniuge?
Attenzione, prima di tutto, a non confondere le piccole noie della vita quotidiana con comportamenti inaccettabili. In secondo luogo, non tutte sono una fatalità, con la pedagogia e anche l’umorismo si può cercare di migliorare alcuni punti. Ma in certe situazioni, ad esempio con i parenti acquisiti, si può essere irritati da atteggiamenti che probabilmente non cambieranno. Due soluzioni si offriranno a voi: o il motivo della vostra irritazione vi ossessionerà e finirete per essere infastiditi da tutto e per tutto il tempo, oppure potrete trasformarla in un’opportunità per uscire da voi stessi e ne sarete felici.
Imparare a comunicare bene è il segreto per la riuscita del matrimonio?
L’ascolto e la parola sono infatti il fondamento della comunione tra i coniugi, e questo è qualcosa su cui bisogna lavorare. Una coppia che, nel primo anno di matrimonio, si gettasse nel lavoro, passasse il tempo a vedere gli amici o rimanesse alla superficie di sé stessa, perderebbe le forze e si metterebbe in pericolo. I primi tempi della convivenza sono essenziali per stabilire le abitudini del dono di sé e della comunicazione. Un piccolo sassolino nella scarpa può rendere dolorosa, se non impossibile, un’escursione. Se un coniuge non si prende il tempo di comunicare con l’altro per spiegare cosa lo turba, quel sassolino può fare danni. È facile immaginare cosa succederà quando arriveranno le grandi pietre…
Il tempo non risolve dunque mai nulla?
Il tempo consolida quello che faccio, nel bene come nel male, è il principio del vizio e della virtù. Non c’è nessun mistero: se mi abituerò a dire le piccole cose nel primo anno, dirò le grandi nel ventesimo.
Saper ascoltare è anche un’arte…
Assolutamente, gli uomini e le donne hanno sensibilità diverse, il che non sempre rende le cose più facili. Entrare nella coniugalità è un esercizio di ascolto che suppone un vero sforzo. Ogni coniuge deve potersi dire: “Mi sento ascoltato”, perché dalla qualità dell’ascolto e della parola, che forgia il cuore a cuore, scaturisce anche la qualità della comunione dei corpi.
Che cosa intende dire?
Il cuore a cuore è il fondamento, costruisce l’intimità, la fiducia e la gioia. I gesti del corpo traducono il cuore a cuore, sono il segno carnale di ciò che si è formato nel segreto dei cuori. Un’unione carnale degli sposi che non rifletta l’intimità dei cuori tradirebbe la dimensione veramente personale della sessualità. Non c’è un grande futuro per un’intimità sessuale che non sia radicata nel dono personale di sé.
Un rapporto carnale che non andasse bene sarebbe quindi il segno di un problema a monte?
Non necessariamente. Darsi carnalmente all’altro senza un amore totale è ovviamente un problema grave, ma essendo il corpo una “macchina” estremamente delicata, una bella intimità sessuale implica un percorso di apprendimento che può richiedere tempo. Ancora una volta, è normale che ci sia un divario tra il proprio immaginario e la realtà, tuttavia, l’importante è che i coniugi siano sempre in grado di parlarne in modo semplice.
Nella vita di tutti i giorni, ci sono segnali che dovrebbero allertare i neo sposi?
Penso alla stanchezza. I coniugi devono cercare un equilibrio tra la sana stanchezza del dovere compiuto e il riposo necessario per la reciproca comunione, il che presuppone avere energia. È bene, quindi, rimuovere tutto ciò che ci stanca e che non è un interesse essenziale.
Sapete bene che molte giovani coppie dedicano i primi anni di matrimonio alla loro carriera….
Sì, e penso che sia pericoloso che la carriera possa avere la precedenza su tutto il resto, perché nessuno sa se sarà ancora vivo tra due anni. Mettersi in testa che non si potrà vedere molto spesso la moglie o i figli per raccogliere sempre più soldi mi ricorda il ricco che aveva messo tutti i suoi averi nei suoi granai e poi sentirsi dire: “Stanotte morirai…”
Ma è comunque responsabilità dei genitori garantire il benessere materiale dei figli!
Effettivamente è necessario pianificare, ma bisogna prima “pianificare di amarsi”! Non dimentichiamo che solo l’amore ci permette di gustare la vera vita! Se mettete al primo posto le preoccupazioni mondane piuttosto che il perdono, l’ascolto e l’amore per vostra moglie, vostro marito e i vostri figli, vedrete presto il vostro edificio indebolirsi. Il conto in banca può essere pieno, ma si rischia di non avere più nessuno con cui condividerlo. Che le giovani coppie vivano appieno ciò che devono vivere insieme e saranno pietre miliari per gli altri!
Lei ha parlato di perdono. Come il Papa, anche lei consiglia di non andare a letto senza perdonarsi?
Prendiamo un’immagine. Nessuno lascia il contenitore della spazzatura aperto in cucina dove si riproducono i moscerini, perché sarà molto difficile sbarazzarsene dopo. Lo stesso vale per le nostre anime: come coppia, ci sono mille piccole cose che dimostrano che non amiamo perfettamente, quei momenti in cui abbiamo parlato troppo, o non abbastanza, quando abbiamo tenuto il broncio, quando ci siamo arrabbiati. Come portiamo fuori la spazzatura maleodorante, dobbiamo prendere l’abitudine di sbarazzarci di tutto ciò che non è caritatevole, perché se ognuno si tiene la propria palla al piede, si rinchiude nel proprio piccolo mondo di mediocrità e lo nasconde, vi assicuro che il giorno in cui arriverà una grande corrente d’aria, tutto l’odore si diffonderà e l’atmosfera sarà irrespirabile.
Come valuta la questione dei figli durante il primo anno di matrimonio?
È un punto cruciale. In molte giovani famiglie sento questo leitmotiv: “Prima ci stabilizziamo, poi penseremo ai i bambini”, come se la comparsa di una nuova vita fosse in opposizione alla crescita della loro coppia. Dobbiamo stare molto attenti a non andare avanti escludendo immediatamente uno dei due beni fondamentali della coppia, cioè l’apertura alla vita. Altrimenti, il rischio sarebbe quello di negare nella vita coniugale la dimensione essenziale della generosità, della libertà e dell’imprevisto. Questo riflesso è spesso un errore di calcolo, soprattutto nel primo anno, che può portare la coppia a ripiegarsi su sé stessa. Prego anche per coloro che, durante questo primo anno di matrimonio e dopo, incontrano difficoltà ad avere un figlio.
Ma a volte succede che delle coppie abbiano buone ragioni per rimandare il progetto di un bambino… il volontariato, per esempio?
Se una coppia si sposa, è per vivere il sacramento del matrimonio, e quindi per vivere la comunione degli sposi e aprirsi alla vita. La Chiesa non smette mai di ricordare questo legame inscindibile tra l’unione degli sposi e l’apertura alla vita. Partire per fare un lavoro umanitario non può quindi impedire a una coppia di vivere questa promessa di dono totale, una promessa senza ritorno e per sempre.
Ciò non significa che si debba fare pressione su sé stessi per avere figli il giorno dopo il matrimonio, ma l’apertura alla vita rimane un punto vitale, che riflette la maturità della coppia, chiamata a partecipare all’opera creatrice di Dio. Attenzione, quindi, a dare alle cose il giusto posto!
Le giovani coppie possono avere del tempo da offrire. È questo il momento giusto per impegnarsi?
Costruire una famiglia richiede tempo, è la priorità dei primi anni. Non si dovrebbe mai spegnere la fiamma del servizio, ma non è necessariamente una buona idea accenderla tutta in una volta. È bene, quindi, discernere insieme, alla luce del proprio amore coniugale, l’ordine e la misura dei propri impegni.
Come possono le coppie che hanno vissuto insieme prima del matrimonio vivere un vero inizio?
Questo è un argomento molto importante. Una delle soluzioni è che prima del matrimonio cerchino di ritrovare uno stato di vita corrispondente a quello che la Chiesa chiede loro di vivere durante il fidanzamento. Tuttavia la celebrazione del sacramento conserva una forza propria, dà agli sposi lo Spirito Santo che da quel momento li unisce nella verità del loro amore e li tiene per sempre in questo sacro vincolo con Dio.