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Primo figlio: dalla gravidanza alla nascita, un rapporto di coppia da reinventare

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Edifa - pubblicato il 16/10/20
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La nascita di un primo figlio non avviene con discrezione. Se questo cambiamento porta molta felicità, a volte si rivela anche molto impegnativo per la coppia, spingendola a trascendere sé stessa.di Hugues Lefèvre

“Sono incinta.” Sono rare queste frasi che hanno il vigore di un pugno. Colpiscono così forte che il cervello ne rimane un po’ stordito. Il cuore si blocca. Oppure batte all’impazzata. Il tempo si ferma, come un curioso che vorrebbe osservare le reazioni provocate da queste due parole. Per la maggior parte delle coppie, è un’esplosione di gioia. Ancora di più per chi ha vissuto la prova dell’infertilità o quella dell’aborto spontaneo. Per altre coppie, è il panico. Una sorpresa che paralizza. In ogni caso, l’arrivo di un primo figlio è per tutti un’avventura. Un’odissea che inizia presto.

La gravidanza, un momento in cui ognuno deve trovare il proprio posto e capire quello dell’altro

“Dall’annuncio della gravidanza, l’uomo e la donna cominciano a sperimentare un cambiamento nel loro rapporto”, dice Florence Prémont, consulente matrimoniale e familiare. “La donna sperimenta qualcosa di stravolgente nella sua intimità”, continua. L’arrivo di una terza persona porta la coppia ad un turbamento. Un momento di crisi, tra due individui stabili, dove ognuno deve trovare il suo posto e capire il posto dell’altro. Per ogni coppia, la gestione di questo fenomeno è unica: facile e naturale per alcuni, imprevedibile e laboriosa per altri.

Quando Guillaume scopre che sua moglie è incinta, si rallegra. Ma è una doccia fredda quando si rende conto che Marie non è felice quanto lui. “Poche settimane dopo la nostra luna di miele, quando ci eravamo appena trasferiti in una nuova città, mi sono resa conto che aspettavamo un bambino. Allora ho provato angoscia. Mi sono resa conto di cosa tutto ciò significasse. Allo stesso tempo, ho sentito fisicamente i sintomi fastidiosi della gravidanza. Stavo sperimentando un cambiamento nel mio corpo. Guillaume, invece, viveva la notizia dall’esterno”, racconta la giovane donna, che ricorda di aver potuto dire “un grande sì a questa vita nascente” solo dopo tre mesi… un certo 8 dicembre, festa dell’Immacolata Concezione della Vergine Maria.


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Dal momento del parto, è tutta una questione di aggiustamento

Questo tipo di partenza a “due velocità” non è raro. Anche dopo la nascita, le reazioni possono essere sconcertanti per uno dei coniugi e suscitare grandi preoccupazioni. Citiamo il famoso baby blues, un fenomeno molto reale causato da una sensazione di vuoto fisico nella madre combinato ad un calo di ormoni. “Un piccolo consiglio per i giovani papà: non contraddite mai vostra moglie per almeno tre giorni e siate ancora più teneri e attenti del solito!” Margaux sorride, sotto lo sguardo accondiscendente di suo marito Alexis. L’atteggiamento del padre è spesso un fattore determinante per far sì che la madre si senta riconosciuta in ciò che ha attraversato.

L’esperienza della sala parto è qualcosa di sconcertante per un uomo. È fisicamente “accanto” all’evento. Assiste ad uno sforzo indescrivibile, quasi insopportabile in alcuni casi. E poi all’improvviso il peso della responsabilità gli arriva addosso. “La presenza del bambino dà una densità alla vita che può destabilizzare alcuni papà”, osserva Florence Prémont. Con il tempo, il padre cessa di essere “accanto” alla fusione che ha avuto luogo durante nove mesi tra il bambino e la madre. Suor Marie Jérémie, responsabile dell’ospedale cattolico Sainte-Félicité a Parigi, avverte: “La coppia viene prima di tutto! Il bambino appena nato deve naturalmente avere il suo posto, ma non deve occupare tutto lo spazio.” Per creare questo nuovo equilibrio, la giovane madre ha una responsabilità particolare: “Deve prendere coscienza del singolare legame che la unisce al bambino per aiutare il marito a trovare il suo posto”.

È tutta una questione di aggiustamento. “Alcune donne sono molto preoccupate e vogliono che i loro mariti siano coinvolti a tutti i costi”, dice Juliette Chové, un’ostetrica francese. Nel bene e nel male. “Ho in mente l’esempio di questa donna che ha optato per il biberon solo perché suo marito potesse darlo al bebè una volta su due. Pensava che questo le avrebbe permesso di compensare una possibile frustrazione ”dice l’ostetrica, che offre anche una preparazione spirituale alla nascita.


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Il ritorno a casa o l’esplosione delle preoccupazioni

Dopo qualche giorno trascorso in ospedale, la coppia torna a casa. La culla è posizionata nel soggiorno. Lì di solito, un senso di solitudine cade sui giovani genitori, seguito da una marea di domande: “Cosa facciamo adesso”, ”Siamo davvero in grado di prenderci cura del nostro bambino da soli?”, “E se non volesse più nutrirsi? ”, “Perché dorme così a lungo?”,”Fa abbastanza caldo?”, ” Ha fatto uno strano rumore, vero?”…

Per Juliette Chové, questa ansia è normale: “Tutti i genitori desiderano fare le cose per bene.” Quando interviene dopo la nascita per assicurarsi che tutto vada bene per il bambino, ne approfitta per rassicurare i genitori. “Se sono sereni, anche il bambino sarà sereno. Mi appello al loro buon senso. Per esempio, quando mi chiedono se devono svegliare il bambino per dargli da mangiare, gli chiedo se sarebbero contenti se facessimo lo stesso con loro.”

“Tendiamo spesso a intellettualizzare troppo le cose”, dice Suor Marie Jérémie, facendo l’esempio dell’allattamento. “In Africa, non ci chiediamo se siamo in grado o meno di allattare al seno”, continua. “La maternità può essere il momento di mollare la presa e di affidarsi alle capacità sconosciute del proprio corpo.”



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La stanchezza, il nemico numero uno della coppia

Una difficoltà per la coppia che ritorna spesso è la stanchezza. Subdola, si infiltra ovunque, come un gas in attesa di una scintilla che faccia esplodere tutto. Qualche notte insonne, passa. Ma l’accumulo potrebbe far morire la coppia… ”. “Non avere mai la possibilità di dormire fino a tardi per riprendersi dalla settimana è un ulteriore vincolo”, aggiungono Mathilde e Maxime, i giovani genitori della piccola Hélène. Consigliano di dormire quando dorme il bebè. “E pazienza se la casa è un disastro!” aggiungono Valentine e Gauthier, giovani genitori di Baudoin.

“Bisogna essere capaci di dire al coniuge che si è stanchi e che si vorrebbe che lui si prenda un po’ più cura del bambino, o che facesse la spesa o le pulizie”, insiste Sabrina de Dinechin, mediatrice familiare a Parigi. “Quando uno dei coniugi ha l’impressione di fare uno sforzo permanente e non riceve alcun riconoscimento, questo può portare all’esaurimento, ma anche ad uno scontro.” Alla coppia dovrebbe essere detto di passare almeno un giorno da soli nel mese che segue la nascita!” sostiene Florence Prémont. Un’altra idea da mettere nell’orecchio dei vostri cari per un regalo di nascita: una baby-sitter. A volte vale molto di più di un peluche!

Quando la libido va in letargo

Ci vuole tempo per riprendere i rapporti sessuali dopo l’arrivo di un bambino. “Le coppie che accompagno sono felici di poter parlare di questo argomento, che suscita molte paure”, confida Juliette Chové. Per lei, si tratta di disinnescarle. “Durante la gravidanza, i rapporti sessuali non provocheranno il parto”, sottolinea. Ma dopo il parto, la libido può ricevere un colpo duro. “Alcune donne non vogliono che i loro mariti le tocchino perché si sentono un po’ deformate. Allo stesso modo, quando una donna allatta, il suo corpo produce prolattina, un ormone che abbassa la libido, dice l’ostetrica. L’importante è avvertire il marito, rassicurarlo. Non è perché la donna non ha desiderio per un po’ di tempo che non lo ama più.”

Il coniuge può anche avere qualche apprensione. Alcuni uomini rimangono traumatizzati dallo “spettacolo” del parto. “Non siamo obbligati a vedere tutto! Penso che sia meglio rimanere al livello del viso della propria moglie”, consiglia Juliette Chové. Un’altra difficoltà per le coppie che seguono i metodi naturali è che il ciclo della donna è sconvolto, soprattutto quando si allatta al seno. Si raccomanda in questi casi il ricorso ad una persona specializzata nei metodi naturali.

Adattarsi al ritmo del bambino per non rendere la vita quotidiana un inferno

“Sono due ore che piange e devo alzarmi tra tre ore…”, “Dovremo fermarci alla prossima fermata dell’autostrada per cambiargli il pannolino”, “Oh, è l’ora della merenda, tesoro? Ma siamo appena partiti”, “Ho dimenticato di prendere la soluzione fisiologica in farmacia, puoi ritornaci per favore? ”, “Caspita, hai una macchia sul tuo vestito appena stirato” Ecco un piccolo insieme di frasi che, globalmente, tutti i giovani genitori dicono o sentono nei primi mesi dopo la nascita. Il bambino arriva, con il suo ritmo!

“Se vogliamo combattere, possiamo farlo. Ma sbatteremmo la testa contro un muro e perderemo energia”, sorride Suor Marie Joseph. Credo che la prima educazione consista nell’accogliere il ritmo del bambino e spiegargli che un giorno dovrà prenderne un altro. Come in tutti gli accompagnamenti, è bene partire dalla persona e camminare con lui.” Guillaume ammette che ha avuto bisogno di tempo per rendersene conto. “Avere un figlio implica delle vere e proprie rinunce. Se non ti adatti al ritmo di tua moglie incinta e poi a quello del tuo bambino, la tua vita quotidiana diventerà rapidamente un inferno. Insomma, il bambino è il miglior nemico dell’egoismo.

Che tipo di famiglia vogliamo costruire?

Molte coppie lo testimoniano: diventando rispettivamente padre e madre, ognuno tende ad avvicinarsi naturalmente ai propri genitori. Questa è una buona cosa: “Ho provato un’immensa gratitudine per il dono della vita dei miei genitori. Mi sono resa conto di quanto fossero generosi”, dice Quitterie, una giovane madre in attesa del secondo figlio. Ma questa prossimità può anche essere negativa. “Abbiamo uomini che ascoltano ormai solo le loro mamme e trasmettono messaggi alle loro mogli. Le mogli lo vedono come un’intrusione, persino un’aggressione”, riferisce Sabrina de Dinechin. Il periodo della nascita è una grande opportunità per praticare l’arte della delicatezza e della moderazione all’interno della coppia.

L’arrivo di un figlio rivela anche che i coniugi non hanno necessariamente ricevuto la stessa educazione. “Un bambino che sentiamo piangere è una porta che non è chiusa a dovere”, si dice in una famiglia. “È un bambino che ha bisogno di tenerezza”, diranno in un’altra. Per Suor Marie Jérémie: “L’arrivo del bambino non solo solleva la questione di sapere chi è, ma anche di sapere chi sono io. È il momento per rileggere la propria storia, senza rifiutare la propria educazione, ma senza neanche accettare tutto”.

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