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Pensate a questo la prossima volta che vi annoiate a Messa

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Edifa - pubblicato il 06/10/20
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Vi capita di annoiarvi alla messa della domenica? Ecco alcuni consigli su come affrontarla e su come vivere la Santa Messa come un momento che unisce veramente la vostra vita a quella di Gesù. di padre Luc de Bellescize

A coloro che dicono di annoiarsi a Messa, mi piacerebbe rispondere che la saggezza è data solo a chi ha imparato a dimorare nella noia, ad entrare con pazienza nel profondo delle cose senza vedere subito il frutto del proprio lavoro. Il saggio ha la virtù del contadino che ara la sua terra instancabilmente. L’uomo non è fatto per passare di fiore in fiore in una “insostenibile leggerezza dell’essere”, come diceva lo scrittore Milan Kundera. Ma è fatto per posarsi sulla sua rosa. È fondamentale imparare ad accettare la noia, la monotonia dei giorni che passano e a rifiutare di misurare la propria vita secondo l’immediatezza narcisistica del piacere consumabile.

La domenica è l’àncora del tempo

A cosa serve la Santa Messa? Rispondo con le parole dello scrittore Georges Bernanos: “Il demone del mio cuore si chiama “A che pro?” Rispondo con le parole di Cristo che convertirono San Francesco Saverio: “Che giova all’uomo se guadagna il mondo intero se poi perde la propria anima?” L’uomo è una fuscello di paglia, “pula che il vento disperde” (Sal 1)?

Se non gettiamo l’àncora per cogliere il volo del tempo, la nostra vita si esaurirà come il sangue di una ferita. La domenica è l’àncora del tempo in cui l’uomo impara a morire al visibile per coltivare l’invisibile. Dobbiamo “vivere secondo la domenica”, come dicevano i Padri della Chiesa, perché l’uomo non può vivere senza memoria e speranza, senza ricordare la salvezza di Dio compiuta attraverso la Croce, senza entrare già nella luce del Risorto.



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La memoria ci permette di vivere nel presente, la speranza ci permette di avanzare verso Cristo, l’Oriente della nostra vita. “Chi mangia la Mia carne e beve il Mio sangue ha la vita eterna” (Gv 6,50). “Amare qualcuno”, diceva Gabriel Marcel, significa dirgli: “Non morirai”. Solo Dio può dirlo. La Messa, con l’ascolto della Parola eterna, con la comunione effettiva, o almeno con il desiderio, perché Dio non è avaro di grazie al corpo risorto del Signore, dona ai nostri corpi di morte la promessa dell’immortalità. L’Eucaristia è il pegno della nostra risurrezione che ci permette di anticipare la fine della notte.

La Messa ci tira fuori dalla transitorietà delle cose

La Messa domenicale dà ritmo alla vita cristiana attraverso la virtù del rito. Il rito ordina l’esistenza, dà il controllo sul passare del tempo. “Se verrai quando capita”, disse la volpe, “non saprò mai quando è il momento di accoglierti con tutto il cuore… Ci vogliono i riti”. “Che cos’è un rito?” chiese il Piccolo Principe. “È anche questa una cosa dimenticata”, risponde la volpe. “È ciò che rende un giorno diverso dagli altri giorni.”

Se andiamo alla Santa Messa ogni domenica, è per “vestire” il nostro corpo e la nostra anima, per liberarci dalla caducità delle cose, e per farci dimorare, diceva la beata Elisabetta della Trinità, “immobili e pacifici, come se i nostri cuori fossero già nell’eternità”.



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