La pazienza non consiste nel reprimere il proprio nervosismo, ma nell’aprire il cuore. Ecco alcuni consigli per ottenere la vera pazienza nella vostra coppia.di Sophie Lutz
“Il matrimonio, quando va bene, bene. Quando non va, pazientate.” Questa frase dà una visione abbastanza realistica della vita quotidiana del matrimonio, che è in effetti l’esercizio di una virtù essenziale: la pazienza. Sia nei confronti del coniuge che dei figli, ma sottilmente anche nei propri confronti e nei confronti di Dio.
Siamo esseri pieni di aspettative, soprattutto nelle nostre relazioni affettive. Ci aspettiamo tanto dagli altri e ci aspettiamo tanto anche da Dio. Sarebbe bene fare un elenco per esaminarne la legittimità e il realismo. Inoltre, queste aspettative presuppongono proprio l’attesa ed è per questo che un matrimonio senza l’esercizio della pazienza non può esistere.
Essere pazienti ed aspettare non sono sempre una buona soluzione
Perché ci vuole così tanto tempo prima che nostro marito, nostra moglie o il Signore ci diano ciò che stiamo aspettando? Forse avrebbero potuto farlo da tempo, se solo avessimo dato loro lo spazio o la libertà di cui avevano bisogno. Pensiamo che è sorprendente il tempo che ci impiegano per esaudirci, ma in realtà è ancora più sorprendente il tempo di cui abbiamo bisogno noi per capire che avremmo già ricevuto una risposta se ci fossimo abbandonati e ci fossimo fidati.
Poiché abbiamo bisogno di così tanto tempo per liberarci da tale difetto, pensiamo, quando crediamo di conoscere tutti i pregi e i difetti della nostra personalità e dimentichiamo l’umiltà necessaria per avvicinarci alla nostra complessità. Spesso perdiamo la pazienza perché guardiamo la situazione da una sola angolazione o con un solo ragionamento, senza pensare che possa essere visto o considerato altrimenti. Il nostro coniuge è molto spesso quell’”altrimenti” che non abbiamo considerato. E viceversa.
Accettare di essere sorpresi
“Quando le cose non vanno, pazientate”. Questa può sembrare una massima fatalistica che manca di speranza. Sarebbe vero se parlasse di una pazienza statica, come quella di chi subisce un ritardo.
Ma non è più fatalistica se si riferisce alla pazienza dinamica dell’artista che prende il tempo necessario per lavorare la sua scultura, da ogni punto di vista, a quella dell’educatore che sa che l’uomo non si fa in un giorno, o a quella del coniuge che è consapevole che la sua pazienza non è solo un’attesa, ma un’occasione fruttuosa per una trasformazione interiore.
La pazienza non consiste nel reprimere il proprio nervosismo, ma nell’aprire il cuore. Questo può richiedere degli sforzi, ma è un modo per essere sorpresi, per scoprire l’ignoto in sé, nell’altro e in Dio, per ricevere i cambiamenti che non avevamo previsto e nemmeno compreso appieno. Ricevere ciò che non ci aspettavamo più, o in modo diverso, è un vortice di gioia.