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Genitori, evitate questi errori con il vostro figlio maggiore

Brother, Sister, Family
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Edifa - pubblicato il 14/03/20
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La personalità di vostro figlio dipenderà in parte dal suo posto tra i fratelli e, soprattutto, da come lo crescerete. Un’attenzione particolare deve essere prestata al figlio maggiore, che a volte può sentire gravosa la sua posizione. di Florence Brière-Loth

Nascere per primi ha molti vantaggi. Molti figli maggiori lo testimoniano, orgogliosi e molto felici di questa posizione. Dal punto di vista materiale, il maggiore beneficia di tutto: i vestiti, il primo zaino, i giocattoli, il posto accanto al guidatore in macchina in attesa della patente di guida. La sua statura e la sua età gli conferiscono autorità sugli altri, che sa come usare. Di solito è un bambino molto atteso, la sua nascita è una gioia immensa e anche quando ha lasciato la casa spesso rimane un riferimento per gli altri. Tuttavia, se da un lato l’ordine di nascita non determina il temperamento, dall’altro implica un atteggiamento da parte dei genitori, un ruolo assegnato al bambino, che in definitiva formano il profilo del figlio maggiore.

Essere il più grande può influenzare il carattere del bambino
La prima caratteristica del maggiore è l’ansia, e ciò si spiega molto bene: è il primogenito che porta la coppia allo statuto di padre e madre, e questo non è senza difficoltà. Quante ansie si manifestano spesso durante la prima gravidanza, la paura di essere cattivi genitori e le ansie di uno sviluppo fisico difettoso, si trasmettono al bambino. Laura lo conferma, il suo figlio maggiore Christophe di 6 anni è molto nervoso: “Ha bisogno di essere rassicurato dal punto di vista affettivo, con lui sono diversa che con gli altri perché mi sento in colpa. Ho il ricordo di aver vissuto l’attesa della sua nascita sia nella meraviglia che nell’angoscia, ero preoccupata per il minimo sintomo, e avevo il sentimento di dover stare ferma per proteggerlo. Dei miei quattro figli, è stato quello che ha pianto di più.” Spesso, il figlio maggiore è ragionevole. Jean-Marie Plaud, preside in pensione e padre di famiglia, spiega: “I genitori vogliono dare tutto al loro figlio maggiore, tutto ciò che di positivo hanno vissuto nella loro infanzia e tutto ciò di cui sono stati privati, quindi si mette molta pressione sul primo figlio. Questo spiega la sua serietà, il suo lato introverso e “sull’attenti”. Il primo figlio tende a conformarsi all’immagine proiettata su di lui dai genitori. “Prima ancora di arrivare”, dice Jean-Marie Brossard, psicologo clinico che lavora con i bambini, “il bambino prende già in carico le aspettative dei genitori e spesso viene preso per un altro per compensare quello che uno dei genitori non è riuscito a fare.

Un’altra costante del carattere del figlio maggiore è l’estrema sensibilità. Il primo a tracciare il cammino dei fratelli, si prende tutto in pieno e risente maggiormente delle piccole difficoltà quotidiane. Clémence è la figlia maggiore, sposata con un maggiore, nipote di due maggiori, sa di cosa parla: “I maggiori hanno tutti una sensibilità molto complicata, probabilmente a causa dell’estrema attenzione che i genitori prestano al loro primo figlio, perché fanno molti errori ed imparano tutto con lui,”. Questa forte sensibilità spesso risveglia nella madre un grande desiderio di protezione: attenzione! Il bambino sente questa preoccupazione e ne porta il peso, Clemence se n’è accorta con suo figlio Romain. “Si rende benissimo conto che voglio proteggerlo, così non mi parla più delle sue difficoltà, e quando le scopro cerca di rassicurarmi.”

Dei privilegi che spesso si rivelano pesanti
I genitori desiderano essere orgogliosi del loro figlio maggiore e vogliono che sia perfetto, così tendono a fargli fare troppe attività, senza la libertà di scoprire da solo ciò che vuole veramente. Con il primo figlio i genitori sono ancora nella fase teorica dell’educazione, hanno letto sull’argomento ed elaborato la loro pedagogia, oppure vogliono reagire al modo in cui li hanno cresciuti i loro genitori: “mai come loro” o ” come loro in tutto”. Il bambino, a maggior ragione, sente questi tentativi perché, per calmare le proprie preoccupazioni educative, i genitori cercano spesso di spiegarsi. Per Jean-Marie Brossard i genitori ragionano troppo: “I genitori tendono a “psicologizzare” troppo l’educazione, correggono il loro bambino e poi si spiegano per cinque minuti”, un atteggiamento paradossale che lascia il bambino inquieto. La pressione è ancora maggiore per il bambino quando è anche il nipote maggiore. Il peso dei progetti e dei desideri si concentra su di lui e rendono il compito molto pesante. Quando la coppia dei genitori è molto giovane, i nonni vogliono aiutare ed essere più presenti, e diventa un’arma a doppio taglio. Jean-Marie Plaud consiglia: “In questo caso, i nonni devono essere discreti per non soffocare ulteriormente il bambino e così evitare di intromettersi tra i genitori e il bambino.” L’arrivo del primo figlio mette anche a confronto i genitori con la loro propria infanzia e risveglia una serie di ricordi. Non è raro che quando nasce il primo figlio, uno dei genitori riviva delle esperienze dell’infanzia: può verificarsi una forma di gelosia, come se fosse difficile mostrare misericordia al proprio figlio là dove non ne è stata fatta a noi. Alla nascita del figlio maggiore, si verificano molte guarigioni interiori e sono ulteriori tensioni che si riflettono sul bambino.

Una responsabilità eccessiva
Con il maggiore sono da evitare certe trappole: quando per esempio la prima di una famiglia numerosa è una figlia femmina la tentazione sarebbe di darle una responsabilizzazione eccessiva, infatti di solito svolge il ruolo di seconda madre. Se il primo è aggressivo con i fratelli minori, è perché con lui siamo troppo esigenti. Spesso, non potendo affrontare i suoi genitori, lo fa attraverso il secondo che è poi preso in mezzo tra il fratello grande che gli fa ombra e un terzo che cresce da solo. C’è un ritornello ben noto ai maggiori che è un po’ opprimente: “Dai il buon esempio!” Prima domanda da farsi: noi, genitori, stiamo dando il buon esempio? “Quello dei genitori dovrebbe essere sufficiente”, dice Jean-Marie Plaud. Dobbiamo fidarci del maggiore, dargli delle responsabilità che lo valorizzino, senza sempre chiedergli di dare il buon esempio. Invece di esigerlo sarebbe meglio mostrarlo in modo positivo, non dando ordini, ma piuttosto facendo affidamento sulle qualità del bambino: “Tu sei allegro ed è una qualità da condividere, puoi insegnarla ai tuoi fratelli.” Fate attenzione a non alzare troppo l’asticella, cercando di voler plasmare troppo il bambino. Spesso, i genitori credenti hanno un’immagine mitica della buona famiglia cristiana e diventano rigidi con lui, più per far apparire questa immagine con gli amici che per il bene del bambino, soprattutto perché è il maggiore, e si spera che gli altri figli lo imitino. C’è il rischio di farne un figlio buono ma inibito, impedito a diventare se stesso che rischia di fallire e di scoraggiarsi e questo è il pericolo dell’idealizzazione.

Il maggiore ha il diritto di essere diverso
È necessario che il figlio maggiore sappia di essere amato dai suoi genitori, anche se ha gusti diversi, e molto presto deve prendere coscienza che ha il diritto di essere diverso, di essere sé stesso. Dice Olivia, madre di tre figli “È liberatorio per il grande se gli si fa capire che può essere creativo e andare più lontano dei suoi genitori nelle cose che ama fare, ma sempre nel rispetto di chi lo ha preceduto.” Per compiacere i suoi genitori, Michele si è sempre conformato ai loro desideri. “Ma quando raggiungevo un obiettivo, me ne davano subito un altro, ricorda. Mi sentivo come se la vita fosse un percorso ad ostacoli, e che il risultato non sarebbe mai stato abbastanza buono.” Questo atteggiamento si è trasferito nel suo rapporto con Dio, ha moltiplicato i suoi sforzi e la sua ascetica per compiacere Dio, sentendo che questo Dio esigente non era mai soddisfatto. Se ci si aspetta troppo da un bambino, lui si conforma a ciò che gli viene chiesto, ma c’è anche il rischio di impedirgli di saper fare le sue scelte.
Trasformare il ruolo di figlio maggiore in un vantaggio

Succede spesso che il padre o la madre prendano come confidente il figlio maggiore. E’ più maturo e serio, e tendono a sfogarsi con lui perché hanno bisogno di qualcuno con cui parlare. “Quando il bambino è il confidente”, spiega Jean-Marie Brossard,”è preso per un’altra persona, per un adulto con cui ci piacerebbe condividere le proprie preoccupazioni. Gli si chiede di ascoltare delle cose che non è in grado di elaborare, è un modo per rubargli l’infanzia”. Oppure si opta per la spensieratezza: “A volte bisogna lasciare che i bambini siano irragionevoli, non hanno le capacità di ragionamento degli adulti”. Valorizzare il proprio figlio maggiore è riconoscerlo nella sua posizione come primogenito. Dice Olivia: “Sarebbe sicuramente meglio equilibrare gli incarichi che gli vengono affidati, dandogli più possibilità di affermarsi. Quando si rende conto di essere guardato con rispetto, si sente più libero di essere sé stesso.” Questo richiede alcuni permessi: “Possiamo autorizzarlo ad andare a letto un quarto d’ora dopo”, consiglia Jean-Marie Plaud, “e quindi prendere del tempo per parlare con lui”. Ciò comporta anche una visione positiva su di lui: “Non trascurare mai di dire al primogenito le sue qualità. Siccome esigete molto da lui, per farlo diventare un uomo (o una donna) integro, allora sappiate mostrargli la vostra ammirazione per tutto il meglio che c’è in lui”.

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