Non possiamo rivelare i loro nomi per preservare la loro privacy, e allora li chiameremo Esperanza e José.
Questa coppia di giovani spagnoli si è avvicinata il Mercoledì delle Ceneri al centro abortista Dator, uno dei più noti di Madrid, dove ogni anno vengono abortite migliaia di bambini. Erano accompagnati da Eva, la madre di Esperanza.
Entrambi sui vent'anni e attualmente senza lavoro, vivono in una delle zone più povere della Spagna e hanno già tre figli piccoli. Per questo, la notizia della nuova gravidanza di Esperanza li ha riempiti di timore per le difficoltà che avrebbe comportato il fatto di farsi carico di un altro bambino, e avevano deciso di abortire.
La loro esperienza, però, li aveva riempiti di dubbi, perché erano consapevoli del fatto che una gravidanza implica l'arrivo di un figlio, non di un semplice “insieme di cellule”.
Una presenza silenziosa, un luogo dal nome significativo
Arrivando al centro abortista, erano così angosciati che nessuno dei tre ha fatto caso alla presenza silenziosa di un gruppo di volontari di 40 Giorni per la Vita (40 Días Por la Vida, DPV), che quel giorno, in concomitanza con l'inizio dela Quaresima, avevano appena avviato la loro campagna per porre fine all'aborto.
José ed Esperanza sono entrati nel centro. Eva è rimasta fuori, in strada.
Mentre aspettava, ha visto all'angolo opposto un luogo dal nome significativo: Refugio Provida. Si trattta di un'iniziativa gestita da varie organizzazioni pro-vita che offre alle donne incinte con problemi l'aiuto di cui hanno bisogno per portare avanti la gravidanza. Eva ha deciso di entrare.
“Lei non ci crede, ma loro sì”
“Ha raccontato ai membri del Refugio che Esperanza e José erano all'interno del centro abortista, ma che avevano molti dubbi”, hanno spiegato ad Aleteia i membri di 40 Giorni per la Vita. “I membri del Refugio le hanno detto che se la coppia fosse uscita avrebbero potuto aiutarla, ma visto che stava dentro non potevano far niente. In quel momento, qualcuno ha indicato il gruppo di 40DPV e ha detto a Eva di chiedere loro di pregare per sua figlia”.
“'Io non credo a queste cose', ha risposto. 'Lei no, ma loro sì, quindi non si preoccupi e lo faccia', le hanno risposto”.
E così è stato. Il piccolo gruppo ha iniziato a pregare in silenzio perché Dio salvasse la vita di quel bambino e illuminasse i suoi genitori perché decidessero di tutelare la vita del figlio.
Qualche minuto dopo, per la sorpresa di Eva e la gioia dei volontari di 40 Giorni per la Vita, José ed Esperanza sono usciti dal centro abortista “come spinti da una forza interiore”.
L'ecografia e la decisione di non abortire
Eva ha subito raccontato loro cos'era successo e li ha portati al Refugio Provida, dove sono stati rinviati alla Fundación Madrina, che li ha aiutati a far sì che un medico realizzasse un'ecografia. Loro hanno accettato, e vedendo il bambino hanno deciso di non abortire.
Hanno poi ricevuto tutte le informazioni su come avrebbero ricevuto aiuto durante la gravidanza e nei primi anni di vita del bambino, come sarebbero stati aiutati a trovare lavoro e come avrebbero ricevuto tutto il necessario per allevare gli altri tre figli.
“Ci ha fatti tremare”
“Il fatto che proprio quest'anno”, ha spiegato ad Aleteia Rebeca de Miguel, coordinatrie di 40 Giorni per la Vita a Madrid, “in cui abbiamo avviato una seconda campagna davanti a un altro centro abortista per salvare altre vite sia accaduto questo, e il primo giorno, ci ha fatti letteralmente tremare per l'emozione”.
“Questo dimostra che la preghiera è il vero motore che riuscirà a porre fine all'aborto, e ci esorta a continuare a confidare in Dio e a impegnarci nella nostra partecipazione attiva alle campagne di preghiera silenziosa e pacifica davanti ai centri abortisti”.