di p. Achille Koffi
Tutti gli adolescenti sono ribelli? La visione che molti hanno dei giovani è caratterizzata spesso da un pessimismo che sembra insuperabile. È molto frequente sentire che i giovani d'oggi sono irresponsabili o immaturi. Sentiamo parlare di una “crisi adolescenziale”.
Comprendere e aprire orizzonti
Dietro questi adolescenti apparentemente ribelli, i giovani ci mandano un messaggio che dobbiamo saper cogliere per orientarli in modo corretto. Il dono delle lingue consiste nel parlare una lingua che i giovani possono capire, nell'usare i mezzi di comunicazione adatti al loro modo di essere. Il contenuto del messaggio cristiano non cambia, ma la forma deve adottare gli strumenti familiari ai giovani.
Dobbiamo aprire orizzonti. Molti confondono la felicità con i piaceri, e pensano che godersi la vita consista nell'abuso di alcool, droghe e sesso. Non si rendono conto che questa è la via della distruzione. Dobbiamo insegnare a godersi la vita in un altro modo. Ad esempio, possiamo scoprire la vera felicità che dona pace e serenità in qualsiasi circostanza della vita, compreso il dolore.
I giovani vogliono divertirsi, e questa è una cosa normale che corrisponde alla loro età. Le comunità cristiane devono accogliere questa aspirazione e proporre alternative. Se non si fa niente, la gente pensa che la Chiesa riguardi solo sacramenti, preghiera e dottrina. Si dimentica che la Chiesa è una scuola di vita. C'è un modo cristiano di lavorare, di giocare, di relazionarsi agli altri...
La Chiesa ha tutto ciò che serve per insegnare la vera felicità di una vita sana piena d'amore!
Unità di vita
Serve quell'unità di vita che permette di amare il mondo in modo appassionato e di stare nel mondo senza essere mondani (come diceva San Josemaría nell'omelia “Amare il mondo appassionatamente”).
Bisogna “ricristianizzare” il tempo che si dedica all'ozio. In certi luoghi, anche le feste cristiane devono essere “ricristianizzate”, perché si centrino davvero su Dio anziché sull'uomo e i suoi piaceri.
Dobbiamo fare attenzione al pericolo di separare la Chiesa dalle realtà temporali. La nostra fede si vive pienamente nell'unità. Tutte le realtà umane, tutti gli aspetti della nostra vita interessano Dio, perché è il Creatore di tutto.
Il pericolo dei pregiudizi
Ho conosciuto persone di una certa età che si sorprendevano del fatto che i giovani prendessero sul serio la santità. In più di un'occasione, ho perfino sentito dire: “Sono troppo giovani per pensare a questo”. Sembra che la santità sia una questione d'età.
Ricorda quando i discepoli volevano impedire che i bambini si avvicinassero a Gesù. Questi raccomanda loro di non impedirglielo, perché il Regno dei Cieli appartiene a chi è come loro (cfr. Mc 10,13-16).
Questo è forse un buon momento per ricordare l'esempio di giovani come Carlo Acutis (1991-2006), morto a 15 anni e beatificato nel 2020. Con questo ragazzo si vede anche che la nostra epoca non manca di possibilità di santità per i giovani.
Vorrei ricordare che San Josemaría ha sentito la chiamata divina tra i 15 e i 16 anni. Santa Teresa di Lisieux è entrata in un convento a 15 anni, ed è morta a 24. E gli esempi potrebbero continuare.
Ci sono pregiudizi che limitano l'orizzonte dei giovani. A volte, la nostra mancanza di speranza fa sì che non abbiamo il coraggio di elevare lo sguardo verso obiettivi più nobili. Forse, se ci pensiamo bene, in molti casi gli adulti sono diventati pessimisti e non hanno il coraggio di dare ai giovani l'aiuto di cui hanno bisogno. Molto spesso, i giovani vivono in quel modo – da “adolescenti ribelli” - perché nessuno ha offerto loro delle alternative.
“Adolescenti ribelli”? Adottiamo una visione piena di speranza!
Dietro l'apparente negligenza o immaturità, si nascondono spesso grandi aspirazioni. Semplicemente, i giovani non hanno l'aiuto adeguato per impegnarsi in un processo di trasformazione positiva.
Alcuni potrebbero forse risponderci con il rimprovero del paralitico nella vasca di Betesda: “Signore, io non ho nessuno che, quando l'acqua è mossa, mi metta nella vasca, e mentre ci vengo io, un altro vi scende prima di me” (Giovanni 5, 7).
Molti ritengono la cosiddetta crisi adolescenziale inevitabile. Confidano molto più nella loro teoria, e questo li porta a tollerare certe deviazioni. L'esperienza dimostra che non è necessario che i giovani passino per i crocevia inevitabili. Abbiamo davanti a noi molti giovani che non hanno sperimentato queste “scosse” dell'adolescenza.
Non dobbiamo dimenticare che le tappe della vita non sono compartimenti stagni. Se permettiamo che i giovani mantengano le cattive abitudini, sarà difficile che le abbandonino nell'età adulta. Conosciamo persone che vorrebbero cambiare ma non riescono a disfarsi di certe abitudini che si sono formate nel tempo.
Le virtù non sono una questione di età, né il risultato di una trasformazione fisiologica. Bisogna offrire l'orientamento adeguato fin dalla tenera età e aiutare i giovani a intraprendere il cammino della santità senza sottovalutarne il potenziale.
Un proverbio africano dice: “Quando devi portare un bambino in braccio, non lasciare che si sporchi nel fango”. Se sogniamo un futuro migliore per i giovani, non dobbiamo rimanere indifferenti di fronte al loro disorientamento. Soprattutto, dobbiamo guardare ai giovani con speranza.
L'appello universale alla santità è rivolto a tutti gli uomini, senza distinzione!