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Angel Cake: la vera storia dietro il “cibo degli angeli”

angel food cake
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Lucia Graziano - pubblicato il 20/02/23
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La torta americana che spopola tra le foodblogger richiama gli angeli fin dal nome: ma non tutti sanno che, sul finire del XIX secolo, questo dolce sobrio e leggerissimo fu davvero associato agli angeli, nella predicazione

I programmi di cucina made in U.S.A. l’hanno fatta conoscere per la prima volta agli Italiani, e le food blogger hanno colto la palla al balzo riproponendo la ricetta sui loro siti e contribuendo a darle popolarità. Stiamo parlando dell’Angel Food Cake, grande moda di questi ultimi anni: per i pochi che ancora non ne avessero sentito parlare, si tratta d’un ciambellone creato con soli albumi, così leggero da essere spesso consigliato anche a chi è a dieta, e così esigente da pretendere uno stampo apposito per riuscire a lievitare correttamente. Quando l’esecuzione riesce a regola d’arte, si ottiene un dolce così soffice da sembrare una nuvola e così chiaro da essere quasi di colore bianco: il suo nome (letteralmente “Torta-cibo-degli-angeli”) allude proprio al candore e alla purezza di questo dessert strepitoso.

Ma non solo a questo, a ben vedere. Dietro al nome dell’Angel Food Cake, si cela una tradizione antica che traccia più d’un legame tra il dolce statunitense e gli angeli del Paradiso. E allora, sarà curioso approfondire questa dolce storia, per gustare la “torta degli angeli” con una consapevolezza ancor maggiore!

«È così buona e così pura che piacerebbe persino agli angeli del Paradiso!» 

Di tanto in tanto, sono le piccole invenzioni a stravolgere la storia della cucina: e questo è sicuramente il caso delle fruste da cucina, inventate verso la metà dell’Ottocento da un qualche benemerito della pasticceria. Sembra cosa da niente; in realtà, si trattò di una rivoluzione: quel nuovo strumento permetteva a tutti di montare le uova con poca fatica. Quello che prima era un virtuosismo per chef professionisti diventò, tutto d’un tratto, una abilità alla portata di qualunque massaia volenterosa: e infatti, nella seconda metà dell’Ottocento, i ricettari per casalinghe si riempirono di istruzioni per creare torte spumose, impalpabili e leggerissime.

Negli Stati Uniti, in particolare, andavano di gran moda le white cakes, così chiamate per il loro colore chiaro: si lavorava su una base di albumi montati a neve, aggiungendo di volta in volta, secondo la ricetta, altri ingredienti come zucchero, lievito, farina, grassi, e aromi. Si ottenevano dolci soffici e leggerissimi, che facevano impazzire gli Americani, i quali avevano (non a torto) l’impressione di star gustando una prelibatezza inedita. E così, i ricettari di nuova pubblicazione cominciarono a riempirsi di istruzioni per ricreare quelle che ormai erano note come cloud cakessnow cakessilver cakes e mille altre varianti onomastiche, tutte accomunate da un unico filo conduttore: l’inedita leggerezza e il bellissimo colore chiaro che dava l’impressione di star mangiando qualcosa di molto simile a una nuvola o un fiocco di neve.

Nel 1878, preparandosi a dare alle stampe la seconda edizione del suo The Home Messenger Book of Tested Recipes, la signora Isabella Steward tentò il tutto per tutto proponendo la ricetta di una snow cake in cui i grassi sparivano tutto d’un colpo: gli unici ingredienti erano gli albumi di dodici uova, l’estratto di vaniglia, gli lievitanti e pochi cucchiai di zucchero e farina (lo stretto necessario). Avrebbe potuto essere un disastro annunciato… ma, contro ogni aspettativa, la ricetta di Isabella fece il boom. Era nata una torta così vaporosa e delicata che i commensali della signora Steward, assaggiandola per la prima volta, commentarono scherzosamente “secondo me, se gli angeli del Paradiso mangiassero le torte, mangerebbero qualcosa del genere!”.

La definizione era poetica, e Isabella non se la fece scappare: nacque così la Angel Food Cake.

L’Angel Food Cake: il sapore buono di una vita morigerata

Il nome era suggestivo per più d’una ragione.

Innanzi tutto, la torta era bianca e soffice come una nuvola; e va da sé che sono proprio le nubi del Paradiso ad accompagnare i cherubini del nostro immaginario.

Ma non solo: la torta era così leggera che – avrebbero scritto ironicamente alcuni – probabilmente persino gli angeli avrebbero potuto mangiarne a iosa, senza per questo sentirsi appesantiti e perdere la loro capacità di volare.

Ma, a un livello più profondo, l’Angel Food Cake aveva davvero l’aria di essere il classico cibo che, per assurdo, potrebbe esser mangiato in Paradiso: la sua bontà andava a braccetto con una certa ascesi, se così vogliamo dire. Quando mai s’è vista una torta senza grassi, con poco zucchero e poca farina?

Il fatto che un dolce così semplice e leggero fosse in grado di battere in popolarità quelle torte burrose piene di farciture che, fino a quel momento, erano andate per la maggiore, parve a molti una sorpresa dal sapore evangelico. Alcuni vollero intenderlo come un insegnamento morale: la vita temperante e morigerata del buon cristiano, che vive senza eccessi rifuggendo le passioni, finisce col trasformare la sua anima in qualcosa di così leggero e dolce da stupire tutti con la sua delizia. 

Come a dire: amici! Nella vita, puntate a diventare come un’Angel Food Cake, che piace a tutti e si gloria del suo poco; non lasciatevi ingannare da quegli orpelli zuccherini e quelle farciture che si limitano ad appesantire inutilmente.

Quando l’Angel Food Cake veniva gustata a matrimoni e funerali, come una muta preghiera agli angeli

E infatti, entro la fine dell’Ottocento, la “torta degli angeli” era diventata immancabile su molte delle tavole che venivano allestite per festeggiare cerimonie religiose ed eventi sociali di vario tipo. I cittadini tedeschi immigrati negli USA avevano preso l’abitudine di servirla a mo’ di torta nuziale, promettendo ironicamente una speciale protezione celeste a quegli sposi che l’avessero mangiata recitando una preghiera agli angeli. 

Più dolorosamente, la comunità afro-americana aveva preso l’abitudine di servirla in quei rinfreschi che, da tradizione, seguivano i funerali: era un ultimo omaggio al defunto cui si diceva addio, con la speranza che la sua anima fosse già salita al cielo.

Negli anni ’30 del Novecento, divenne di gran moda la Daffodil Cake, un’Angel Food Cake marmorizzata con inserti di un giallo acceso che, convenientemente, venivano creati a partire dai tuorli rimasti utilizzati. E, di lì a poco, il benessere diffuso degli anni del Boom portò con sé la voglia di strafare a tavola, sicché le angeliche torte cominciarono ad arricchirsi di glassa, farciture e gocce di cioccolato inserite nell’impasto. 

Il risultato era indubbiamente gustoso, ma indubbiamente molto lontano da quella delicatezza eterea e paradisiaca che aveva reso celebre la torta nel momento in cui era nata; e forse è un bene che oggigiorno il pendolo del tempo sia tornato nella sua posizione iniziale: il trend di questi ultimi anni è nuovamente quello di gustare l’Angel Food Cake in tutta la sua leggerissima purezza. Chissà cosa ne penserebbero gli angeli.

La ricetta dell’Angel Food Cake

Vi abbiamo incuriositi? Volete provate a ricreare nella vostra cucina questa meraviglia angelica? Ecco a voi la ricetta, che traiamo da Il giro del mondo in 80 torte, gustosa pubblicazione di Claire Clark per i tipi di Newton Compton.

Per una torta da 25 cm di diametro:

300 g di zucchero extrafine 

150 g di farina semplice 

375 ml di albumi (circa 11 o 12) 

1 cucchiaio di succo di limone 

1 cucchiaino di cremor tartaro

½ cucchiaino di sale 

2 cucchiaini di estratto di vaniglia

Mescolate metà dello zucchero con la farina e setacciateli in un recipiente. Mettete gli albumi e il resto dello zucchero in un recipiente e montate a neve. Unite il succo di limone, il cremor tartaro, il sale e la vaniglia e continuate a montare fino a che il composto di meringa non risulterà lucido. Incorporate attentamente gli ingredienti secchi con un cucchiaio di metallo, cercando di perdere meno volume possibile. Trasferite il tutto in uno stampo per angel cake da 25 cm di diametro e fate cuocere per 40-45 minuti in forno a 150°. Per verificare il corretto grado di cottura, potete fare due esperimenti: se inserite uno stecchino al centro della torta, quello dovrebbe uscire pulito; ma soprattutto, se premete un dito sulla torta, la pasta dovrebbe essere così morbida da piegarsi sotto la spinta poi riprendere la sua forma originale quando la liberate.

Se la torta si comporta come si deve, potete giudicare riuscita la ricetta. A quel punto, rovesciate lo stampo e la torta a testa in giù e lasciatela raffreddare: quando sarà completamente fredda, potrete toglierla e portarla in tavola.

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