Vangelo di lunedì 20 febbraio
E giunti presso i discepoli, li videro circondati da molta folla e da scribi che discutevano con loro. Tutta la folla, al vederlo, fu presa da meraviglia e corse a salutarlo. Ed egli li interrogò: «Di che cosa discutete con loro?». Gli rispose uno della folla: «Maestro, ho portato da te mio figlio, posseduto da uno spirito muto. Quando lo afferra, lo getta al suolo ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce. Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti». Egli allora in risposta, disse loro: «O generazione incredula! Fino a quando starò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo da me». E glielo portarono. Alla vista di Gesù lo spirito scosse con convulsioni il ragazzo ed egli, caduto a terra, si rotolava spumando. Gesù interrogò il padre: «Da quanto tempo gli accade questo?». Ed egli rispose: «Dall'infanzia; anzi, spesso lo ha buttato persino nel fuoco e nell'acqua per ucciderlo. Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci». Gesù gli disse: «Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede». Il padre del fanciullo rispose ad alta voce: «Credo, aiutami nella mia incredulità». Allora Gesù, vedendo accorrere la folla, minacciò lo spirito immondo dicendo: «Spirito muto e sordo, io te l'ordino, esci da lui e non vi rientrare più». E gridando e scuotendolo fortemente, se ne uscì. E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: «È morto». Ma Gesù, presolo per mano, lo sollevò ed egli si alzò in piedi.
Entrò poi in una casa e i discepoli gli chiesero in privato: «Perché noi non abbiamo potuto scacciarlo?». Ed egli disse loro: «Questa specie di demòni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera». (Marco 9,14-29)
Il miracolo raccontato nel Vangelo di oggi nasce dalla disperazione di un padre che ha un figlio imprigionato in un male.
Ha tentato invano di farsi aiutare dai discepoli di Gesù ma essi non ci sono riusciti, e così alla fine il caso di questo ragazzo raggiunge Gesù stesso:
«Maestro, ho portato da te mio figlio, posseduto da uno spirito muto. Quando lo afferra, lo getta al suolo ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce. Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti».
Mi piacerebbe sostare per un istante sul fallimento dei discepoli di Gesù perché credo che in esso dovremmo ritrovare molti nostri stessi fallimenti. Quante volte infatti come Chiesa o come singoli credenti sperimentiamo che con le nostre forze e la nostra poca fede non riusciamo a cambiare una virgola della realtà e delle situazioni che incontriamo.
Quando ciò accade non dobbiamo abbatterci ma dobbiamo ricordare che la cosa più intelligente da fare è chiedere che sia Gesù in persona a metterci le mani.
Credere infatti non è esser all’altezza delle situazioni ma bensì confidare completamente in Dio. C’è però un altro elemento degno di nota: lo strano dialogo che viene riportato tra Gesù e questo padre disperato.
«Se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci». Gesù gli disse: «Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede». Il padre del fanciullo rispose ad alta voce: «Credo, aiutami nella mia incredulità».
Il miracolo può accadere solo a patto che la persona che lo chiede creda che Gesù lo possa compiere. Ma chi di noi può dire di avere una fede così? Ecco perché la professione di fede di questo padre è così sincera da lasciarci una grande lezione, e potremmo tradurla più semplicemente in questo modo: “io vorrei crederci, ma tu aiutami a credere veramente”.
In quel momento Gesù compie due miracoli: rafforza la fede di quel padre e libera suo figlio. Questa stessa preghiera può diventare la nostra preghiera di oggi.