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Quando Gesù ti chiede l’amicizia sui social

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Emiliano Fumaneri - pubblicato il 16/02/23
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Chi lo dice che non si possa cambiare vita grazie ai social? Mettici un frate youtuber, l'app giusta et voilà! Come una ragazza ha scoperto Gesù Cristo online.

Abbiamo già parlato del lato oscuro dei social network: della loro capacità di “tribalizzare” la società, di frammentarla fino a portarla in una condizione di anteguerra civile permanente, contrassegnata dal “tutti contro tutti”.

Ma sarebbe ingiusto tacere o minimizzare anche le potenzialità di bene delle reti sociali, che proprio perché “ostiche” non devono essere disertate dai cristiani. Giusto all’opposto, anche lì devono farsi portavoce dell’annuncio evangelico, a patto di starci appunto da cristiani

Sarebbe assurdo infatti mettere limiti all’azione dello Spirito Santo che, come insegna il vangelo di Giovanni, si sposta come il vento: soffia dove vuole, trovando vie imprevedibili all’uomo. 

Come scriveva ormai diversi anni fa il cardinale Carlo Maria Martini, «di fronte alla crisi nodale della nostra epoca che è la perdita del senso dell’invisibile e del Trascendente, la crisi del senso di Dio, lo Spirito sta giocando, nell’invisibilità e nella piccolezza, la sua partita vittoriosa».

Evangelizzare via social? 

Anche sui social? Perché no? Pensiamo a come hanno saputo usare i nuovi mezzi di comunicazione del loro tempo – in alcuni casi praticamente inventandoli – straordinari apostoli come san Francesco di Sales (vero precursore della carta stampata) o un san Giovanni Bosco. Per non parlare del beato Giacomo Alberione, di san Massimiliano Maria Kolbe. E infine, che dire di Fulton Sheen, il vescovo capace di padroneggiare la radio e la televisione grazie alla sua eccezionale intelligenza, unita a una irresistibile simpatia e a una capacità comunicativa fuori dall’ordinario?

Se ci facciamo caso, a tutti questi giganti si adattano  perfettamente le caratteristiche dei «seminatori di Parola» tracciate qualche anno fa da papa Francesco in una delle omelie mattutine a Santa Marta, quando aveva invocato la necessità di «missionari, di veri araldi» per formare il popolo di Dio. A questo proposito Francesco aveva indicato l’esempio dei due santi fratelli Cirillo e Metodio, patroni dell’Europa orientale (martedì scorso ricorreva la loro festa liturgica). Sempre in quella occasione il papa aveva sottolineato i tre tratti essenziali dell’«inviato»: franchezza (che comprende forza e coraggio), preghiera (senza un rapporto intimo e personale con Dio l’annuncio resta un esercizio di stile o pura teoria) e umiltà (guai a sentirsi troppo sicuri di sé: si rischia di insuperbirsi).

Tutti tratti che, uniti a quella creatività che è il marchio del vero apostolato, spargono il seme buono del Vangelo che, presto o tardi, trova il terreno su cui dare buoni frutti. Niente piacionerie dunque, ma le virtù cristiane di sempre comunicate attraversi i mezzi del proprio tempo.

I social come luogo di missione

Che anche i social siano luogo di missione lo mostrano storie come quella di Camille, una ragazza francese di 19 anni che nulla sembrava accostare alla fede cattolica. Niente lasciava presagire che un giorno avrebbe scoperto il cattolicesimo. «Sono cresciuta ben lontana da quest’universo, con una madre atea e un padre ebreo non praticante», la vediamo raccontare a Famille Chrétienne. Gli unici riti religiosi conosciuti durante l’infanzia sono stati quelli ebraici, Shabbat o Hannukkah, la festa delle luci. Anche alla scuola pubblica di cattolici Camille spiega di non averne incontrati molti di più di quelli visti in famiglia (praticamente zero).

Un bel giorno però Dio fa una prima irruzione nella sua vita: «È stato cinque anni fa, ero molto triste e per divertirmi ascoltavo una playlist di musica techno. Improvvisamente, senza spiegazione, il mio cellulare ha passato una canzone di tutto un altro stile che mi ha portato una grande pace. Ho stranamente che era un segno di Dio».

Un incontro avvenuto sui social

Passano i mesi e Camille si sente sempre più attirata dai «valori cattolici». Ma in fondo nella sua vita non era cambiato praticamente nulla. «Pregavo di tanto in tanto, ma Dio era piuttosto lontano dalla mia quotidianità». Come provava il suo stile di vita irrequieto, tra consumo di droga e una sessualità alquanto disordinata. Come se le mancasse qualcosa. «Mancava l’ultima tappa cruciale che ho vissuto tre anni più tardi grazie ai social network», spiega la giovane donna. 

A spingerla nella giusta direzione, paradossalmente, è un non credente: un amico ateo che un giorno scopre i video di un certo fra Paul-Adrien e le suggerisce di dargli un’occhiata. Frate Paul-Adrien è un domenicano-youtuber di 41 anni che in Francia spopola sui social più o meno come da noi i due giovani “don” Alberto Ravagnani e Ambrogio Mazzai. «Mi è subito piaciuto il suo stile, molto vivace, con molti montaggi. A forza di video mi ha fatto prendere coscienza che Dio era davvero una persona, che occorre pregarLo con regolarità per avvicinarsi a Lui. Ma anche che tutto questo implicava cambiare vita e abbandonare le mie cattive abitudini. Non lo sapevo!», confessa Camille. 

Sulle tracce di Cristo, da YouTube a Discord

Alla fine decide di contattare quel religioso che l’ha tanto colpita. Il quale la invita unirsi al suo canale sull’applicazione Discord, che a dispetto del nome è una piattaforma VoiP e di messaggistica istantanea dove le persone si incontrano online per scambiarsi opinioni, informazioni, immagini, video. Nato nel 2015 come community di giocatori di videogame, Discord col tempo è diventato un social network popolare non più solo tra gli appassionati di videogiochi.

Il domenicano-youtuber ne ha intuito le potenzialità come strumento per accompagnare giovani che muovono i primissimi passi nella fede. «È stato incredibile, con Discord a un tratto ho compreso che ero ben lontana dall’essere la sola a essere attratta dalla Chiesa», confessa Camille. Il gruppo su Discod raduna più di un migliaio di persone. Dalle conversazioni la ragazza si accorge che le sue domande erano le stesse che si ponevano tanti altri internauti che, come lei, partivano praticamente da zero nelle cose della fede. Domande alle quali rispondono con pazienza frate Paul-Adrien o altri suoi confratelli che all’occorrenza fanno anche mini-conferenze in videochiamata. Insomma, un social trasformato in qualcosa di simile a un oratorio digitale, con catechesi in pillole via video. A cementare il tutto poi un grande desiderio di aiutarsi a vicenda, sottolinea Camille. «Discord mi ha aiutato a sentirmi cristiana. Prima mi vergognavo a entrare nelle chiese per pregare, avevo paura di essere notata e non sapevo se avevo il diritto di mettermi in ginocchio senza essere battezzata».

I primi passi nella preghiera

Così si mette a seguire i momenti di preghiera animati in diretta da fra Paul-Adrien che la aiutano molto «perché non avevo idea di come si facesse, non conoscevo l’Ave Maria e le altre preghiere». Da lì in avanti è un crescendo: Camille scopre le preghiere del mattino, quella della sera, il rosario… «Mi  sono messa a pregare tutti i giorni», spiega.

In seguito Camille partecipa a un Percorso alpha: un cammino di introduzione alla fede cristiana solitamente strutturato in 10-11 incontri, dove la convivialità e la discussione sono elementi centrali. Nato negli anni Novanta a Londra nella parrocchia anglicana di Holy Trinity Brompton, il percorso Alpha è diventato una vera e propria forma di nuova evangelizzazione. Un primo annuncio per tanti "lontani": dice semplicemente chi è Gesù Cristo, perché è morto in croce e risorto. Il kerygma, la base su cui si regge tutta la fede cristiana. 

Il corso alpha – un metodo provato da decine di milioni di persone nel mondo – è approdato anche in Francia da oltre dieci anni: molti francesi sono tornati a credere così. La nuova evangelizzazione, nella nazione che fu un tempo la «figlia primogenita della Chiesa», passa anche attraverso strumenti come questi. Se ne serve anche fra Paul-Adrien, naturalmente online. 

Dal battesimo dei social a quello reale

Camille fa poi il grande salto dal virtuale al reale e comincia a partecipare a messe organizzate in una «vera chiesa» per dare modo agli internauti di incontrarsi dal vivo. È in questo modo che si fa degli amici cattolici anche al di fuori del mondo digitale.

Infine Camille trova una parrocchia “fisica” e si decide a chiedere il battesimo. «Adesso che posso andare in chiesa, che ho trovato la mia parrocchia, vado meno su Discord. Non era altro che una tappa, come ama ricordare Fra Paul-Adrien». Adesso Camille attende soltanto una cosa con impazienza: la notte di Pasqua, quando si immergerà finalmente nelle acque del battesimo.

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