Lo scorso 7 gennaio è morta a 104 anni suor Luisidia Casagrande, infermiera e caposala del Laboratorio analisi dell'ospedale di Borgo Trento di Verona per 68 anni. Veniva chiamata l'angelo del laboratorio, che ormai sentiva come fosse casa sua e che riuscì a salvare durante la Seconda Guerra Mondiale con un ingegnoso stratagemma.
Suor Lisidia Casagrande
Lina, questo è il nome di battesimo, era nata il 20 giugno 1918 in provincia di Treviso da una famiglia di umili origini. Prese i voti a vent'anni nel 1938, ma la chiamata era arrivata che era soltanto una ragazzina di nemmeno quattordici. Quando comunicò a suo padre l'intenzione di diventare suora lui non la ostacolò, le consigliò però di pensarci bene "perché un domani non avrai da pentirtene" (Corriere).
Nel 1939 inizia a lavorare
L'anno dopo i voti conseguì il diploma di infermiera professionale grazie al consenso del suo istituto, le Sorelle della Misericordia di Verona. Prese servizio nello stesso anno presso il laboratorio analisi, prima di lei non c'erano mai state suore. La Madre Superiora diede il permesso al direttore dell'epoca di assumerla.
Quella di suor Luisidia è una storia personale e professionale di grande levatura - le parole di Callisto Marco Bravi, direttore generale dell'azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona - (...) suor Luisidia è parte del nostro progresso, ha cominciato quando ancora le analisi si facevano manualmente fino a utilizzare le più moderne tecnologie.
Suor Luisidia Casagrande: nella provetta c'è sempre un uomo intero
Suor Luisidia amava ripetere:
Ricordiamoci che in una provetta c'è prima di tutto un paziente e che in quella provetta, per poco che ci sia, c'è sempre un uomo intero.
Un pensiero pieno di rispetto e d'amore quello di considerare il paziente sempre nella sua dignità e integrità di persona prima che di malato.
Premi e riconoscimenti
Suor Luisidia si è sempre dedicata al lavoro con profondo impegno e grande cura, ricevendo numerosi riconoscimenti per questo. Nel 1976 gli Istituti Ospedalieri di Verona le conferirono la medaglia d'oro di benemerenza. Nel 2002 ha ricevuto dal Comune la medaglia d'oro della città. Nel 2007 l'onorificenza di Cavaliere dell'ordine al merito della Repubblica Italiana.
Il governatore del Veneto Luca Zaia ha così ricordato l'esempio e la professionalità della religiosa:
In quasi settant'anni di servizio ha dimostrato una dedizione che è stata frutto non solo dell'impegno professionale ma di una motivazione più profonda. Resterà un modello per tutti coloro sono impegnati nella nostra Sanità.
Quando ingannò i nazisti e salvò il laboratorio
C'è poi un episodio che mostra la tempra e il carattere di questa suora dal fisico minuto ma dallo spirito di fuoco. Lei stessa lo raccontava ancora senza dimenticanze fino all'età di 100 anni:
Era il 1943. Alla mattina io arrivavo in ospedale prima dei tedeschi. Così, giorno per giorno, portavo via il materiale e piccole apparecchiature, il necessario per eseguire gli esami più urgenti. Nel laboratorio c'erano le bare del Comune per gli indigenti. Con quel materiale ne riempii quattro. Poi chiamai il carro funebre. A guidarlo era una persona fidata. Caricammo le quattro bare e salii anch'io. Solo che invece che al cimitero le portammo all'ospedale militare di piazzetta Santo Spirito dove erano ricoverati i pazienti del Civile.
Così il laboratorio non perse nemmeno un giorno di attività a favore della popolazione colpita dalla guerra.
Il bombardamento del 5 luglio 1944
La notte del 5 luglio del 1944 si trovava all'ospedale militare quando un bombardamento distrusse tutto. Morirono 45 pazienti del reparto di Chirurgia e cinque sue consorelle. Suor Luisidia provò disperatamente a salvarle ma non ci riuscì. Chissà quanto dolore si portò nel cuore da quel giorno.
La religiosa ha vissuto il suo lavoro come una vera e propria missione, una maniera speciale di occuparsi degli uomini e del Signore, vivo e presente più che mai negli ammalati.
Chissà quanti operatori sanitari saranno stati ispirati dal suo esempio, dalla sua capacità di lavorare con amore, perché come scrisse Gibran: “(…) quando lavorate con amore voi stabilite un vincolo con voi stessi, con gli altri e con Dio”.