Un gruppo di militanti jihadisti si è recato all'inizio dell'anno nel villaggio di Douna, nel centro del Mali, lasciando una minaccia concreta alla comunità cristiana locale: doveva chiudere le chiese, e suonare le campane diventava proibito.
L'allarme è stato dato dalla diocesi di Mopti in un comunicato firmato da padre Daniel Togo, segretario di monsignor Jean Baptiste Tiama. Nel testo, pubblicato sul Journal Missions della Conferenza Episcopale del Mali, si riferisce che la comunità cristiana di Douna (parrocchia di Barapireli) “viene minacciata dagli jihadisti da alcune settimane”.
Le minacce sono culminate il 4 gennaio con l'obbligo di chiudere le chiese. “Ora è proibito di suonare le campane, suonare strumenti musicali e pregare nelle chiese”, si legge nel documento.
“L'aspetto più preoccupante è che stanno chiedendo ai cristiani di praticare d'ora in poi la religione musulmana. Il momento è più che serio”.
In questo scenario estremamente preoccupante, è ancor più importante la preghiera, presentata come “una delle nostre armi”. Per questo, tutti sono invitati a pregare “nelle chiese e in famiglia”. “Il Signore ci aiuti a estinguere questo falò di insicurezza che arde da anni”.
Insicurezza
In Mali i cristiani vivono sempre più nell'insicurezza. Il 20 novembre dello scorso anno è stato rapito un sacerdote tedesco, Hans-Joachim Lohre.
La situazione del presbitero, di cui non si hanno più notizie, è accompagnata con preoccupazione dalla fondazione Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS). Non appena si è saputo del suo rapimento, è stato rivolto un appello alle preghiere di tutti per la liberazione di padre Joachim, noto anche come Ha-Jo.
“Chiediamo a tutti i nostri benefattori e amici preghiere per l'immediata liberazione di padre Ha-Jo. È un costruttore di pace in mezzo a violenza e terrorismo. La nostra fondazione ha sostenuto la sua missione negli ultimi anni, e ora lui ha bisogno delle nostre preghiere e della nostra solidarietà”, ha affermato all'epoca Thomas Heine-Geldern, presidente esecutivo internazionale di ACS parlando del sacerdote della Società dei Missionari d'Africa (noti anche come Padri Bianchi).
Rapito a Bamako, capitale del Mali, mentre si recava a celebrare una Messa in una chiesa della regione, il sacerdote svolgeva un lavoro importante a livello di dialogo interreligioso, insegnando all'Istituto di Educazione Islamo-Cristiana. La notizia del sequestro del missionario è stata vista come un ulteriore segnale del deterioramento delle condizioni di vita della comunità cristiana in questo Paese africano.
Il sacerdote tedesco era ben consapevole dei rischi che correva stando in Mali, dove si trova da circa trent'anni. Di recente, in un messaggio registrato durante una visita alla sede internazionale di ACS, aveva parlato del suo lavoro e dell'importanza di coltivare il dialogo tra le religioni, anche in un ambiente relativamente ostile come quello maliano.