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A cosa porterà il rinforzo degli armamenti ucraini? 

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Un soldato ucraino osserva il lancio di un missile contro postazioni russe.

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Jean-Baptiste Noé - pubblicato il 20/01/23
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Dopo la Francia, diversi paesi europei annunciano l’invio di armamenti pesanti all’Ucraina, senza che la portata di queste misure venga realmente discussa. Inoltre l’usura dei materiali e il tempo necessario alla loro fabbricazione rendono gli annunci poco agevoli da tradurre in pratica.

Sembra quasi un’asta pubblica: ogni partecipante mette la propria offerta sul tavolo, purché sia superiore a quella precedente. Solo che qui si tratta di armi e di aiuto militare all’Ucraina. 

Dopo l’invio di aiuti umanitari e poi di armi di difesa, i paesi europei sono arrivati a uno stadio superiore con l’annuncio dell’invio di carri e di blindati. Un anno dopo l’inizio dell’invasione, il fronte oscilla e si stabilizza, in attesa (forse) di un’offensiva in primavera. La Russia detiene ancora quasi il 20% del territorio ucraino, e consolida le sue posizioni, mentre non si può assicurare che l’armamento fornito permetterà una reale modifica dei rapporti di forza. 

Dov’è il Parlamento? 

Consegnando tante armi all’Ucraina, la Francia e gli altri Paesi d’Europa prendono apertamente posizione contro la Russia. Tale posizionamento c’era già a partire dal 24 febbraio 2022, ma implicitamente, e la diplomazia francese cercava malgrado tutto di valere da punto di contatto tra Mosca e Kiev. Impegnandosi così al fianco dell’Ucraina, invece, non sarà più possibile servire da intermediarî nei negoziati. Una posizione che conviene di fatto a Erdogan, il quale fornisce sì droni all’Ucraina, ma mantiene il contatto con Mosca. I giuristi potranno certamente arguire che la Francia non è cobelligerante. In punta di diritto, forse, ma non di fatto. Ormai la Francia è chiaramente in guerra contro la Russia, come annunciavano già le sanzioni economiche prese fin dall’inizio dell’invasione. 

Oltre a un problema giuridico di definizione, ciò pone anche un problema democratico. Certo, nella V Repubblica il Presidente della Repubblica è il capo dell’Esercito e può decidere da sé di impegnare le truppe francesi, senza chiedere l’avallo del Parlamento. Però solo all’inizio di un conflitto. Un anno dopo l’inizio della guerra, l’assenza di dibattito democratico in Senato e all’Assemblea Nazionale pone un problema di legittimità politica. 

Che il parlamento, organo della rappresentanza popolare, non possa dibattere e discutere un fatto importante come l’impegno della Francia in una guerra apre un vuoto politico gravido di conseguenze. Sarà difficile, per l’avvenire, convincere i Francesi dell’importanza di andare a votare se, su un argomento tanto cruciale per una nazione, i rappresentanti non vengono consultati. Vediamo come negli Stati Uniti il dibattito ha luogo in un quadro democratico, dove il Senato e la Camera dei rappresentanti discutono degli aiuti finanziari allocati. Anche qui – poiché quel denaro è dei contribuenti – sarebbe normale che la rappresentanza parlamentare possa dibatterne. Le guerre sono sempre occasioni, per gli Stati, di rinforzare l’esecutivo a svantaggio dei poteri locali: questa guerra in Ucraina ne offre una nuova illustrazione, con lo sbiadirsi del ruolo del Parlamento. 

Materiale inutilizzabile? 

Trattandosi di materiale prestato o dato, c’è un interesse strategico, ma pure uno psicologico: testimoniare il sostegno della Francia alla nazione ucraina, per incoraggiarla a battersi in un conflitto in cui non è lasciata sola. E tuttavia, bisogna che il materiale sia realmente utilizzabile. I cannoni Caesar, ad esempio, sono strumenti molto belli, forniti in numero limitato (tenendo conto di quanto costano e della complessità della loro fabbricazione). Tuttavia, essi non sono adatti all’uso massiccio, bensì al tiro di precisione. Ora, gli Ucraini li utilizzano invece come artiglieria massiva, ed è un po’ come guidare una Ferrari in un bosco, laddove un Land Rover sarebbe più adatto. Conseguentemente a ciò, i Caesar conoscono un’usura prematura dei tubi di lancio, che andranno prossimamente rinnovati. Ora, queste parti sono molto care e complesse da fabbricare. 

Altro problema, gli obici utilizzati non sono sempre quelli adatti ai cannoni, e pure questo provoca un’accelerazione dell’usura. Dietro gli annunci ad effetto si nasconde la realtà dell’impiego dei materiali, altrimenti detto la questione del funzionamento, che troppo spesso è dimenticata dai politici in pubblico. Inoltre non è affatto sicuro che l’industria difensiva in Europa possa seguire il ritmo della produzione necessaria a fornire all’Ucraina tutte le armi annunciate. Lo si vede in guerra meglio che altrove: tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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