Il feuilleton a base di colpi di scena cui ha dato il via la recente dichiarazione di Michel Houellebecq sui musulmani, nel corso di un colloquio con Michel Onfray sulle pagine della rivista di quest’ultimo – Front populaire – ha confermato un principio già mille volte dimostrato, ahinoi: la polemica mediatica è quasi sempre fuori tema. O perlomeno non sa trattare un argomento se non attraverso una prospettiva tanto angusta che praticamente mai aiuta a vederci meglio.
L’auspicio della popolazione francese autoctona [de souche], come si suol dire, non è che i musulmani si assimilino, ma che la smettano di derubarli e di aggredirli. Oppure, altra soluzione, che se ne vadano.
Così ha detto Michel Houellebecq. Bisogna precisare che la frase, apparentemente caricaturale, non riassume il ragionamento dal quale è stata appositamente estratta? Ed ecco che il rettore della grande moschea di Parigi annuncia la propria volontà di sporgere denuncia; Michel Onfray sostiene (molto relativamente) il proprio interlocutore; Michel Houellebecq e il rettore si incontrano e la denuncia viene sospesa…
Al di là della doxa
Per un istante avevamo creduto a una eccezionale vittoria del dialogo sulla convocazione giudiziaria, ma altre persone avevano deciso diversamente. Alcuni politici, anzitutto, non avrebbero sprecato un’occasione simile, donde le dichiarazioni pubbliche di quanti hanno tenuto a precisare che sono, loro, nel campo del Bene (Éric Dupond-Moretti), o di quanti sognano di esservi accolti (Jordan Bardella). Da parte musulmana, l’Union des Mosquées de France (UMF), sicuramente volendo provare di essere meno tiepida del rettore della moschea di Parigi, ha finalmente deposto una triplice denuncia contro il direttore della Rivista, contro Michel Houellebecq e contro Michel Onfray.
In tutto questo affare, dall’esito giuridico incerto, il dialogo tra Michel Houellebecq e Michel Onfray è passato inavvertito per via di una piccola frase giudicata colpevole. Demografia, immigrazione, nazione, eugenistica, ecologia e caccia, futuro trionfo degli Stati Uniti o degli islamisti, abolizione della pena di morte… insomma tutto ciò che fa o che disfa la nostra epoca vi ha fatto la sua comparsa… e il dialogo è tutt’altro che noioso. Non sono degli esperti che parlano una lingua incomprensibile, né due chiacchieroni da bar a parlare, bensì due menti che cercano di riflettere al di là della doxa.
All’interno del pensiero cristiano?
Che le due personalità divertano, esasperino oppure entusiasmino, ciò che colpisce è il posto del cattolicesimo nella riflessione dell’ateo militante di sinistra e dell’agnostico detto “reazionario”. Nessuno dei due esclude d’ufficio gli intellettuali cattolici dal territorio autorizzato del pensiero. Al contrario, hanno la lucidità e la cultura necessaria per percepire che nessuna analisi approfondita del declino dell’Occidente può esimersi dall’approccio teologico, anche quando se ne contesta il contenuto.
Su questo punto, la differenza tra cattolicesimo e islam balza all’occhio: l’occidentale colto e onesto ragiona sempre, almeno parzialmente, all’interno della visione cristiana che ha plasmato il pensiero europeo. Anche l’anticlericale di servizio parla, in un certo senso, grazie alla Chiesa. Non si può certo dire, invece, che parli grazie all’Islam – e pazienza se i discepoli di Jacques Chirac pretendono, come il loro maestro, che «le radici dell’Europa sono tanto musulmane che cristiane».
Elogio dei preti
Due aspetti della presenza del cristianesimo al cuore della riflessione tra Houellebecq e Onfray meritano di essere posti in rilievo: il primo riguarda gli uomini, il secondo il dogma.
Sul piano degli uomini, si notano gli elogi della finezza intellettuale dei «preti tradizionalisti» incontrati da Michel Onfray, l’omaggio ai lavori storiografici di Pierre Chaunu, «dei quali non si parla più perché era contro l’aborto» (specialmente nel suo profetico libro Le Refus de la vie) o ancora l’ammirazione non esclusivamente repubblicana per Arnaud Beltrame, «morto da cristiano»… Omaggio ai religiosi e ai preti, pure, in un’epoca in cui è più facile dichiararli «tutti pedofili».
Al termine di un paragone tra le attuali vite del clero secolare e del clero regolare, Michel Onfray, già mangiapreti (e già vittima degli stessi) non teme di dire che oggi «i preti hanno qualcosa di eroico». Ciò non basta a fare di lui un grande pensatore, ma mostra almeno che è capace di vedere ciò che vede. Papa Francesco ha certamente meno successo, lui che Michel Onfray guarda con sgomento «presentare un gilet di salvataggio come un nuovo crocifisso». Che la si giudichi ingiusta o no, l’osservazione ha perlomeno un interesse: essa mostra che un ateo attende da un cattolico che creda in Cristo e non che aderisca alla falsa religione umanitaria delle élites senza patria.
Un passaggio sul peccato originale
Ecco perché, oltre all’elogio di alcuni cattolici, è il contenuto della fede a interessare i due interlocutori. Che vi aderiscano o che vi si oppongano, essi si aspettano dalla Chiesa qualcosa di consistente, che Onfray trovava presso il «grande teologo Benedetto XVI». Dopo l’elogio degli uomini, dunque, viene la discussione del dogma – cosa che conduce a un passaggio sul peccato originale.
A Michel Onfray, il quale afferma che Darwin basta a spiegare le tendenze cattive dell’uomo, Michel Houellebecq risponde che «non solo l’essere umano è colpevole», bensì che «l’insieme della natura lo è».
La sua obiezione lascia indovinare che egli conosca un poco meglio dell’interlocutore la materia di cui discutono, poiché include la creazione intera nella perdita dell’armonia tra Dio e gli uomini. Nettamente meno addentro, Michel Onfray contesta ciò che egli pensa essere il peccato originale affermando che «non si nasce colpevoli». L’espressione mostra che egli ignora la formulazione del Catechismo della Chiesa Cattolica:
Il “peccato originale” è chiamato “peccato” in modo analogico: è un peccato “contratto” e non “commesso”, uno stato e non un atto.
Parlare di un uomo che sia «colpevole di nascita» non può condurre se non a un controsenso. La Chiesa non professa, evidentemente, che ogni uomo debba passare immediatamente dal reparto maternità al tribunale. Essa sa distinguere un cordone ombelicale da un cordone sanitario. Grazie a Dio, essa non ammette neppure che si possa sporgere denuncia contro i vagiti di un neonato. Sarebbe infatti assurdo pressoché come esigere dalla giustizia che essa condanni le dichiarazioni approssimative di un romanziere.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]