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La Madonna della Cava ci insegna a non arrenderci, anche quando tutto sembra perduto

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Lucia Graziano - pubblicato il 19/01/23
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È dolce, profonda e significativa la storia di fra’ Leonardo Savina, che nella Marsala del XVI secolo dedicò quattro anni della sua vita a quella che sembrava essere una “mission impossible” degna di Indiana Jones. Riuscendo infine a portarla a termine, grazie all’aiuto della Vergine!

Anche quest’anno, la città di Marsala si stringe in festa attorno alla sua patrona: Maria Santissima della Cava. Un appellativo curioso, che tuttavia, si spiega viste le particolarissime circostanze del ritrovamento dell’effige mariana che ogni anno è festeggiata il 19 gennaio, anniversario della data in cui l’immagine sacra fu ritrovata miracolosamente. All’interno di una cava, per l’appunto.

La Madonna della Cava: storia di una statuetta, ai tempi dell’iconoclastia

Correva l’anno 1514 quando la Madonna apparve in sogno a Leonardo Savina, frate agostiniano di stanza a Marsala. La Vergine, raggiante di luce, spiegò quieta al fraticello che, nelle profondità di una cava non lontana, giaceva una sua immagine sacra, abbandonata alla sporcizia e alla dimenticanza collettiva. Fra’ Leonardo sarebbe stato così gentile da andarla a recuperare?

A questo punto, probabilmente, il lettore si domanderà che diamine ci facesse un’immagine mariana all’interno di una cava abbandonata. Verrebbe forse da pensare a un gesto proditorio da parte di qualche cittadino irreligioso che aveva sottratto l’immagine con intenti blasfemi e l’aveva gettata via mosso dal disprezzo: in realtà, i Marsalesi avevano agito con le migliori intenzioni quando, secoli prima, avevano portato l’effige in quella grotta, con l’intenzione di occultarla e metterla al sicuro. Il gesto, dettato dalla disperazione, era stato compiuto nell’epoca delle grandi lotte iconoclaste, quando un gruppo di fanatici aveva dichiarato guerra aperta all’arte sacra ritenendo che pregare di fronte a un’immagine fosse una larvata forma di idolatria. Schierato a favore degli iconoclasti, l’imperatore bizantino Leone III Isaurico aveva promulgato un editto che ordinava l’immediata distruzione di tutte le effigi a tema religioso: correva l’anno 730, e il provvedimento fu così impopolare da suscitare rivolte violente in tutto l’Impero.

Vista la fermissima e irriducibile opposizione, Leone III non riuscì mai a portare a termine il suo proposito di far incenerire tutte le immagini devozionali. Tuttavia, il suo editto riuscì comunque a fare danni: temendo di trovarsi da un momento all’altro i soldati imperiali all’interno dalle chiese, e dunque presi dall’urgenza di mettere in salvo le loro effigi più preziose, i fedeli agirono in fretta e furia nascondendo i loro tesori in luoghi sicuri, in cui nessun malintenzionato avrebbe potuto trovarli.

Verrebbe da dire, col sorriso sulle labbra, che gli abitanti di Marsala scelsero un luogo fin troppo sicuro: l’effige mariana venerata in città fu nascosta nelle più recondite profondità di una grotta lì vicina… ma, col passar del tempo, si perse la memoria di dove esattamente fosse stata collocata la statuetta. Il nascondiglio era così ben fatto da risultare introvabile persino per l’aveva congegnato. E così, la statua della Vergine rimase per secoli all’interno di quella cava; e, pian piano, di generazione in generazione, i Marsalesi finirono col dimenticarsi di questa intera storia. Nessuno più era conoscenza del fatto che, da qualche parte sottoterra, ci fosse una statuetta mariana che aspettava pazientemente d’esser ritrovata.

Non perdere le speranze, nemmeno quando sembra tutto perduto: la lezione di Maria a fra’ Leonardo

Dal punto di vista storico, non abbiamo testimonianze certe circa il fatto che, nell’VIII secolo, le cose siano andate esattamente come le abbiamo descritte: quella che abbiamo offerto è la spiegazione che venne data a posteriori, cercando di ricostruire gli eventi che, plausibilmente, portarono allo smarrimento della statua.

Quel che è certo (e storicamente documentato) è che, nel 1514, fra’ Leonardo Savina dichiarò di essere stato oggetto di ripetute visioni mariane, dapprima ricevute durante il sonno e poi anche nei momenti di veglia. Con dolce ma ferma insistenza, la Madonna gli chiedeva di calarsi in quella cava per ritrovare l’immagine sacra; esprimeva inoltre il suo desiderio di veder edificare una chiesa sul luogo del ritrovamento. Più volte, durante il giorno, fra’ Leonardo sentiva la voce di Maria che con dolcezza gli sussurrava nelle orecchie “cercami! Cercami!”: un dettaglio rilevante, giacché il religioso era sordomuto fin dalla nascita e non aveva mai udito una voce in vita sua, all’infuori di quella, soave, della Vergine.

Convintosi, al di là di ogni ragionevole dubbio, di essere oggetto di un miracolo, fra’ Leonardo raccontò la sua storia ai superiori e si fece promotore delle ricerche. Naturalmente, cercare un’icona sperduta chissà dove in una cava abbandonata è un’operazione che richiede un certo esborso economico e un notevole dispendio di energie umane: gli Agostiniani di Marsala allertarono la popolazione, sensibilizzarono i fedeli circa la necessità di prendere parte alla ricerca, diedero il via a una raccolta fondi per finanziare l’operazione. E i cittadini risposero con entusiasmo, investendo tempo, denaro, fatica fisica ed energie in quella gioiosa indagine… che però non portò frutto.

Per tre lunghi anni, i fedeli di Marsala si calarono nelle profondità della cava, nella speranza di mettere le mani su quella preziosa effige.

E per tre lunghi anni uscirono dalla cava a mani vuote, col cuore sempre più pesante: la grotta era stata battuta palmo a palmo, ma dell’immagine mariana non si vedeva neanche l’ombra.

A un certo punto, i Marsalesi si convinsero di essere caduti vittima dei vagheggiamenti di un mitomane: giunsero alla conclusione che fra’ Leonardo fosse un pazzo delirante (se non addirittura un contafrottole in malafede) e, demoralizzati, abbandonarono l’impresa.

Il religioso ebbe almeno il conforto di non vedersi negare il sostegno dei confratelli. Nella primavera 1517, profittando degli esercizi quaresimali predicati alla popolazione, un frate agostiniano spese parole piene di entusiasmo per quella cerca ordinata dalla Vergine stessa, che a nessun costo poteva essere abbandonata. Ma i fedeli, ormai, erano stanchi e disillusi, e persino i confratelli di fra’ Leonardo dovettero rendersi conto a malincuore del fatto che insistere ancora non avrebbe portato ad alcun risultato.

Il ritrovamento della Madonna della Cava

A calarsi ogni giorno nella cava erano rimasti, ormai, solo tre irriducibili, fra l’altro così malamente assortiti da sembrare tre pazienti in fuga da un nosocomio: al fianco di fra’ Leonardo, sordomuto, scavano uno zoppo e un cieco.

E quanto è simbolico che sia stato proprio questo trio male in arnese a trovare, finalmente, la preziosa effige! Tutto accadde il 19 gennaio 1518, di fronte alla (miracolosa?) caduta di un masso che copriva un piccolo pozzo: lì, sotto qualche centimetro d’acqua, fu ritrovata una statuetta bianca di 18 centimetri raffigurante la Madonna e Gesù Bambino. In un gesto pieno di tenerezza domestica e, al tempo stesso, di simbologia, il Bambinello porge alla madre una piccola pagnotta: evidente il richiamo all’eucarestia.

C’è bisogno di specificare in che modo va a finire questa storia? Maria volle premiare quei tre figli che non avevano perso le speranze: il cieco riacquistò la vista, lo zoppo riprese a correre con la stessa agilità di una gazzella e, dopo una intera vita di silenzio, fra’ Leonardo ricevette il dono dell’udito e della parola. Nel luogo del ritrovamento, all’interno della cava, fu effettivamente edificata una chiesa sotterranea, così come era stato richiesto dalla Vergine; all’inizio del XVII secolo, il venne ordinata la costruzione di una chiesa superiore, sufficientemente spaziosa per accogliere il crescente numero di pellegrini che ogni giorno vi giungevano. Ancor oggi è possibile ammirare la piccola statuetta, esposta alla vista dei fedeli in una sorta di cornice-ostensorio che fa bella mostra di sé all’interno della chiesa.

Una curiosità? Fu proprio di fronte a quel santuario che, nel luglio 1862, Giuseppe Garibaldi riunì le sue Camicie Rosse pronunciando quel celebre «o Roma, o morte». A suo modo, anche la Storia d’Italia s’è fermata, per qualche istante, di fronte a quella chiesa.

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