separateurCreated with Sketch.

L’Ospedale San Mungo della saga di Harry Potter? È ispirato a un santo realmente esistito!

HARRY POTTER
whatsappfacebooktwitter-xemailnative
Lucia Graziano - pubblicato il 15/01/23
whatsappfacebooktwitter-xemailnative
Fu vescovo di Glasgow e morì nel 614: il martirologio lo ricorda il 13 gennaio. Nel corso del XII secolo, attorno alla figura di san Mungo si svilupparono leggende fantasiose che lo collegavano ai personaggi del ciclo arturiano; ed è senza dubbio questa la ragione per cui JK Rowling volle, ironicamente, dedicargli un cameo nella sua saga ad ambientazione fantasy

I fan di Harry Potter sorrideranno, nel leggere il nome di san Mungo: nell’universo fantasy creato da JK Rowling, l’Ospedale San Mungo per Malattie e Ferite Magiche è quello che offre cure mediche ai maghi che si sono infortunati nel corso delle loro attività professionali (tra draghi sputafuoco e cadute dalle scope volanti, la loro è una vita piena di insidie!).

Ciò che però non tutti sanno è che san Mungo non è un personaggio di fantasia. Il santo è esistito per davvero, e ancor oggi il martirologio lo ricorda il 13 gennaio; oltremanica, è così famoso da essere considerato il patrono della città di Glasgow. Non v’è dubbio che JK Rowling conosca bene la sua storia: anzi, si direbbe che l’autrice provi una certa simpatia nei confronti del santo, giacché lo cita velocemente anche in un uno dei suoi romanzi gialli pubblicato sotto lo pseudonimo di Robert Galbraith. 

E, in effetti, c’è una deliziosa ironia nel fatto che, nell’universo di Harry Potter, i maghi britannici abbiano sentito il bisogno di dedicare proprio a san Mungo il loro ospedale: senza dubbio, un accostamento è acuto e calzante. 

Come mai? Scopriamolo assieme. 

Cosa sappiamo, di certo, su san Mungo?

Come spesso accade per molti santi vissuti in epoche remote, tutto ciò che sappiamo su di lui è condensato in pochi dati biografici, così incerti da sfumare nel leggendario. Stando a quanto afferma la tradizione, san Mungo sarebbe morto nel 614, alla ragguardevole età di novantasei anni, nell’amatissima Glasgow, città di cui era stato vescovo per buona parte della vita. Erano stati proprio i suoi concittadini a soprannominarlo “Mungo” (un termine che, nel dialetto dell’epoca, stava a significare “caro amico” ed era frequentemente usato come vezzeggiativo): il suo vero nome era Kentigern, ma al vescovo di Glasgow non dispiacque affatto adottare il nomignolo che i suoi fedeli gli avevano donato. E infatti, è con quel nome che ancor oggi lo si ricorda.

Sul finire dell’VIII secolo, ripercorrendo gli eventi notevoli che avevano riguardato le diocesi di Scozia, gli Annales Cambriae parlano effettivamente di un certo Kentigern morto nel 614: è questa la più antica testimonianza che ci permette di affermare che san Mungo è sicuramente esistito e ha avuto un ruolo importante nella formazione della Chiesa locale. 

Per il resto, tutto ciò che sappiamo su di lui è contenuto in un’opera molto tarda, composta nella seconda metà del XII secolo da Jocelyn di Furness, monaco cistercense che fu autore di molte Vitae dedicate ai santi anglosassoni. Nelle prime pagine del testo, Jocelyn dichiara di aver basato il suo scritto su testimonianze orali e su documenti cartacei che erano in suo possesso e che tuttavia non si sono conservati fino ai nostri giorni. Certo è che la sua Vita di san Mungo ebbe grandissimo successo, facendo crescere a dismisura la devozione nei confronti di un santo che, fino a quel momento, non sembrava essere particolarmente amato (per fare un esempio eclatante: fino ad allora, la città di Glasgow considerava suo patrono san Costantino il grande, e la prima chiesa dedicata al santo vescovo fu costruita proprio negli anni in cui Jocelyn poneva mano alla sua agiografia).

Da una omonimia, una curiosa leggenda in salsa arturiana

Stando a quanto si legge nella sua Vita, Mungo era un giovane di nobili natali, discendente dalla famiglia del re del Lothian. La sua nascita era avvenuta in circostanze eccezionali e dolorose: il bambino era stato concepito a seguito di una violenza che sua madre Taneu, la figlia del re, aveva subito da parte di un certo Owain, membro della piccola nobiltà locale. 

Effettivamente, nella Scozia di quegli anni, esisteva realmente un nobiluomo che portava il nome di Owain mab Urien; il problema è che “Owain” è anche il nome di uno dei cavalieri della Tavola Rotonda nei romanzi del ciclo arturiano, popolarissimi negli anni in cui veniva composta l’agiografia di san Mungo. 

Ed è qui che la storia del santo vescovo prende una strana piega: perché i romanzieri, i giullari e i menestrelli si divertirono ironicamente a unire i due elementi. Entro la fine del XII secolo, mentre all’interno delle chiese la devozione a san Mungo si sviluppava “normalmente”, nelle piazze e nelle osterie si cominciavano a raccontare storie fantasiose secondo cui sarebbe stato proprio sir Owain, il cavaliere della Tavola Rotonda, a generare san Mungo in un infelice episodio di violenza, verificatosi una sera in cui il nobiluomo aveva esagerato un po’ troppo col vino e, ubriacatosi, aveva finito per comportarsi in modo decisamente non cavalleresco con la figlia del re che lo ospitava. 

Agli occhi disincantati di noi moderni, sembra certamente strano (e a tratti anche blasfemo) mescolare con tanta disinvoltura la vita di un santo e i romanzi cavallereschi. All’atto pratico, la sensibilità dell’epoca era molto diversa dalla nostra e operazioni letterarie di questo tipo venivano fatte con frequenza, soprattutto in area anglosassone; tendenzialmente, i fedeli erano perfettamente in grado di distinguere la “vera” vita del santo dalle rielaborazioni fantasiose che venivano via via proposte dai trovatori (così come noi moderni siamo perfettamente in grado di guardare un biopic su un personaggio storico sapendo di essere di fronte a un telefilm, e non a un documentario). 

E così, nella narrativa popolare, san Mungo si trasformò nel figlio illegittimo di sir Owain, cavaliere della Tavola Rotonda: nessuno ci credeva davvero, beninteso, ma l’aneddoto piaceva e circolava di bocca in bocca. E a questo punto era inevitabile che i rapporti tra san Mungo e la corte di re Artù fossero destinati a intensificarsi col passar del tempo. 

San Mungo e mago Merlino: una strana amicizia leggendaria

Una delle leggende sorte attorno alla figura di san Mungo arrivò addirittura ad attribuirgli il merito di aver sostenuto spiritualmente mago Merlino negli ultimi anni della sua vita. A quanto pare, nel corso della vecchiaia, l’anziano incantatore aveva perso il senno e si era votato a una vita di eremitismo, vivendo come un selvaggio in un bosco non lontano dal luogo in cui san Mungo aveva fatto edificare un monastero, nel quale si ritirava frequentemente per pregare.

A quanto narra la leggenda, già attestata nel XII secolo, il santo vescovo era uno dei pochi individui che ancora riusciva a instaurare una qualche forma di comunicazione con quel vecchio inselvatichito, ottenendo di rischiarare con qualche lampo di consapevolezza la sua mente provata dalla follia. In una di queste occasioni, san Mungo aveva avuto l’impressione che l’anziano fosse sufficientemente lucido per poter ricevere la comunione: una cosa che Merlino desiderava disperatamente eppure si vedeva negare da tutti i sacerdoti, a causa del suo stato di follia.  Ebbene: san Mungo, scorgendo qualche barlume di raziocinio in quella mente ottenebrata dalla malattia, non esitò a comunicare Merlino, riuscendo persino a ottenere da lui una sommaria confessione: e davvero fu provvidenziale, quella conversazione tra i due; ché il vecchio mago morì da lì a poco. 

E per quanto assurdo possa sembrare a noi moderni questo strano crossover tra letteratura e agiografia (che però – ripeto – nel Medioevo piaceva un sacco!), possiamo forse stupirci al pensiero di una JK Rowling che, ironicamente, si rifà alla tradizione antica, inserendo un richiamo a san Mungo nell’universo fantasy da lei creato? 

Dopo tutto, san Mungo era stato un santo taumaturgo (come assicura l’agiografia), che (stando alla leggenda) si era preso cura di mago Merlino nelle ultime fasi della sua malattia. Se foste l’autore di un romanzo fantasy, riuscireste a immaginare un personaggio più adatto a cui dedicare un ospedale per maghi?

Top 10
See More