Se le vacanze di Natale non sono bastate a farvi andare in overdose da zuccheri, quest’oggi saremo noi ad attentare alla vostra linea: sapevate che, secondo la tradizione, il 13 gennaio sarebbe il momento giusto per mettersi ai fornelli e preparare dei piccoli biscotti a forma di scarpetta? Accompagnati da un bicchiere di Malvasia, sono un must assoluto per i cattolici parmensi, che proprio in questi giorni li stanno gustando per onorare il loro santo patrono: Ilario di Poitiers, vescovo francese morto nel 367.
Ilario di Poitiers: vescovo in tempi difficili
Il santo ebbe a vivere in un periodo tumultuoso, in cui i cristiani avevano già conquistato la libertà di culto ma i cattolici avevano comunque motivo di inquietudine: quelli in cui Ilario resse la diocesi di Poitiers furono gli anni in cui l’eresia ariana guadagnò terreno, arrivando a conquistare le simpatie di molti governanti. In diverse zone d’Europa, i fedeli che professavano fede cattolica si trovavano nuovamente in difficoltà, alla luce dei provvedimenti che tentavano di imporre l’eresia ariana come unica religione accettabile a norma di legge: furono proprio queste le problematiche che impegnarono sant’Ilario per buona parte della sua vita, spingendolo a scrivere testi di squisita profondità teologica per difendere i capisaldi del cattolicesimo.
Senza dubbio, i suoi sforzi gli fruttarono il Paradiso (nonché il titolo di Dottore della Chiesa, conferitogli nel 1851 da papa Pio IX); ma, quando Ilario era ancora in vita, questo attivissimo apostolato gli provocò anche molti disagi, costringendo il vescovo di Poitiers a recarsi in esilio in Frigia (cosa che comunque non gli impedì di continuare a esercitare, a distanza, il suo ministero episcopale. E non avevano ancora inventato Zoom!).
Dopo quattro anni di lontananza dalla sua diocesi, Ilario fu liberato e riuscì a rientrare nella sua amata Francia. Non sappiamo quale strada abbia percorso nel suo viaggio di ritorno e non abbiamo testimonianze certe circa il fatto che abbia mai sostato nella città di Parma; e tuttavia, è certo molto dolce la storiella che i genitori parmensi cominciarono a raccontare ai loro bambini, a mo’ di fiaba della buonanotte…
La leggenda delle scarpette di sant’Ilario
Tutto cominciò in un giorno lontano, in un freddissimo pomeriggio di gennaio. La neve era alta sulle strade e il freddo pungente faceva condensare il fiato in piccole nuvolette: c’era un tale gelo che le scuole erano rimaste chiuse, i negozi non avevano neppure aperto le porte e la gente se ne stava ben rintanata in casa, cercando di scaldarsi vicino al caminetto. Solo un’anima si aggirava lungo le vie di Parma, puntando nella neve un bastone ricurvo con cui s’aiutava (stentatamente) nel cammino: era giustappunto sant’Ilario, che stava tornando in Francia dopo il suo lungo esilio in Frigia e che non voleva perdere neppure un minuto di tempo prima di far ritorno nella sua amata diocesi.
Certo, c’era un’espressione di visibile sofferenza sul volto dell’anziano vescovo: e a buon diritto! La neve gli aveva inzaccherato i vestiti, bagnandolo fin nel midollo, e i suoi vecchi stivali scalcagnati imbarcavano acqua dalla suola costringendo il poverino a camminare immerso in una specie di poltiglia umida. A un certo punto, scorgendo una panchina lungo la strada, sant’Ilario vi ci sedette e si tolse una scarpa, cercando di valutare la situazione: lo stivale era desolantemente rotto, con tanto di buco sulla suola. Rassegnato, il vescovo prese un respiro profondo e si rinfilò la scarpa preparandosi a ripartire… e proprio in quel momento fu raggiunto dalla voce di un uomo: «ma no, scherziamo? Fatevi aiutare».
A parlare era stato il calzolaio della città: che, per uno di quegli strani scherzi della Provvidenza, abitava proprio nella casa di fronte alla quale sant’Ilario s’era seduto. Guardacaso, il calzolaio s’era appena affacciato alla finestra per contemplare il paesaggio innevato, e aveva così avuto modo di assistere al desolante spettacolo di quel viandante che incedeva in mezzo al gelo con una scarpa rotta. «Sono uno del mestiere, affidatevi a me» aveva detto bonariamente: «posso aiutarvi. Posso anche prepararvi in quattro e quattr’otto un paio di scarpe nuove, ché forse è anche meglio».
Sant’Ilario si era schermito con un sorriso imbarazzato: era molto gentile da parte sua, ma il problema è che lui non aveva con sé denaro e non avrebbe avuto di che pagare il lavoro di quel buon uomo. Di certo, una qualche chiesa lungo il cammino gli avrebbe dato cibo caldo e un riparo per la notte; ma comprarsi un paio di scarpe nuove… beh, quello andava decisamente oltre alle sue possibilità economiche, in quel momento.
Il calzolaio aveva soppesato la situazione. Aveva guardato sant’Ilario, e poi la neve che cadeva fitta, e poi anche il cielo che stava cominciando a imbrunire mentre il pomeriggio cedeva il passo alla notte. E alla fine aveva preso una decisione: «ma che chiesa e chiesa. Dove volete andare, con questo tempo da lupi e il buio che scende?». E poi era andato ad aprire la porta: «consideratevi mio ospite per la notte. Voi vi asciugate vicino al fuoco mentre io vedo di fare qualcosa per le vostre scarpe, e forse potrò dire di aver fatto una buona azione. Insisto».
E mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime e di commozione, sant’Ilario entrava nella casetta del calzolaio ringraziando mille volte cento per l’ospitalità. «Il buon Dio saprà ricompensarvi per questo gesto di carità!» aveva detto varcando la soglia; e l’aveva ripetuto anche l’indomani, ripartendo di buon mattino – asciutto, satollo, ben riposato e con un paio di stivali nuovi ai suoi piedi, morbidissimi e confortevoli.
Ed è sempre bene prestare fede alle parole di un santo. Dopo aver salutato il suo ospite e dopo averlo seguito per un po’ con lo sguardo, il calzolaio era tornato al suo tavolo di lavoro per rimettere a posto gli attrezzi. E aveva sgranato gli occhi nel vedere il prodigio che Dio aveva preparato per lui: le vecchie scarpe scalcagnate di sant’Ilario, ormai giudicate irrecuperabili e dunque abbandonate in casa del calzolaio, si erano trasformate in due grossi stivali d’oro. Il suo buon cuore era stato premiato: e, grazie a quel miracolo, l’artigiano poté vivere confortevolmente per il resto dei suoi anni… e naturalmente destinare ai poveri una significativa parte delle sue ricchezze.
La ricetta delle scarpette di sant’Ilario
Ancor oggi, nella città di Parma, la memoria di questo miracolo è tenuta viva dalle scarpette di sant’Ilario, piccoli biscottini a forma di stivale che vengono tradizionalmente consumati il 13 gennaio, in occasione della festa patronale.
La ricetta è semplicissima, e la preparazione risulterà ancor più facile per chi dovesse possedere uno stampino per biscotti a forma di scarpa, facilmente acquistabile con una ricerca online. Traiamo da Santa Pietanza (di Giovanna Esposito e Lydia Capasso, Guido Tommasi Editori) le istruzioni per preparare in casa le nostre scarpette:
Per la pasta:
520 gr. di farina
200 gr. di zucchero
150 gr. di burro
4 uova
estratto di vaniglia
la scorza grattugiata di due limoni
Per le decorazioni:
200 gr. di zucchero a velo
acqua quanto basta
confetti e perline colorati
Preparazione:
Per preparare i biscotti, fate sciogliere il burro e unitelo agli altri ingredienti, lavorando fino a ottenere un impasto ben amalgamato. Fate riposare in luogo freddo per almeno un’ora; poi stendete la pasta a uno spessore di circa 4 mm e ricavatene i biscotti, usando un apposito stampino (se ce l’avete) oppure seguendo con un coltello i contorni di un cartoncino che avrete provveduto a tagliare nella forma di una scarpa. Disponete le scarpette su una placca rivestita di carta forno a fate cuocere a 180° fino a doratura.
Per decorare le scarpette, preparate una glassa amalgamando acqua e zucchero a velo in modo tale da ottenere un composto dalla consistenza fluida ma non liquida. A quel punto, decorate i biscotti a piacere… e mentre aspettate che la glassa si solidifichi, non dimenticate di far arrivare una preghierina a sant’Ilario!