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Cos’hanno a che vedere San Giovanni Evangelista, il vino e i serpenti?

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Daniel R. Esparza - pubblicato il 28/12/22
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Un modello iconografico classico che presenta l'evangelista mentre sostiene un calice da cui esce un serpente condensa una storia poco nota del santo

In genere, San Giovanni Evangelista si vede accompagnato da un'aquila. Quest'ultima, come si sa, ha una vista portentosa, che le permette di vedere a lunga distanza. Per questo, è stata associata alla visione dell'Apocalisse (letteralmente “Rivelazione”) che il santo ha avuto nell'isola di Patmos, dove secondo Sant'Ireneo di Lione l'evangelista avrebbe scritto il testo.

Viene anche rappresentato seduto nell'atto di scrivere, o circondato da alcuni dei suoi discepoli (la cosiddetta “Scuole giovannea”) mentre detta loro una delle sue lettere o il Vangelo.

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C'è però un modello iconografico meno comune in cui il santo appare mentre tiene con la mano destra un calice da cui esce un serpente verde e si porta la sinistra al petto.

Vino e veleno

L'immagine è collegata con una certa celebrazione della festa di San Giovanni Evangelista, il 27 dicembre. Fino al XX secolo inoltrato, era tradizione portare quel giorno a Messa bottiglie di vino o di sidro che sarebbero poi state benedette.

Ogni volta che si apriva una bottiglia di vino o di sidro in casa, un po' di quel vino benedetto nella festa di San Giovanni Evangelista doveva essere versato nella bottiglia nuova.

In alcune regioni, questo vino (soprannominato “Amore di San Giovanni”) viene offerto ai fidanzati quando si sposano, o dato ai moribondi come un sacramentale.

La tradizione nasce da una storia associata alla biografia del santo: si dice che quando era a Efeso gli venne offerta una coppa di vino avvelenato. Prima di berlo, Giovanni lo benedisse, e il veleno uscì dalla coppa sotto forma di piccolo serpente verde.

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