Durante i giorni peggiori del lockdown, sono stato invitato a fare una presentazione via Zoom sul tema “Gioia in tempo di pandemia”. Ero molto felice, perché credo fermamente nell'allegria, che prova il coraggio soprattutto in tempi di tribolazione.
Penso di averlo imparato con San Giovanni Battista, uno dei miei santi preferiti. È stato durante il suo isolamento – confinato in prigione dal re Erode – che ha sperimentato una delle più grandi gioie della sua vita.
Il Vangelo (Mt 11, 2-11) ci dice che dalla sua cella Giovanni sentì “parlare delle opere del Cristo”. Inviò allora i suoi discepoli da Gesù con una domanda pressante: “Sei tu colui che deve venire, o dobbiamo aspettare un altro?”
Gesù avrebbe potuto rispondere in modo molto semplice “Sono io”, ma non lo ha fatto. Anziché fare questo, ha optato per una risposta elaborata, che ricorda un enigma: “Andate a riferire a Giovanni quello che udite e vedete: i ciechi ricuperano la vista e gli zoppi camminano; i lebbrosi sono purificati e i sordi odono; i morti risuscitano e il vangelo è annunciato ai poveri”.
Perché questa risposta simile a un rompicapo?
Gesù vuole che Giovanni sia dominato dalla gioia nella sua prigionia. San Tommaso d'Aquino parla dell'allegria come di “un benessere dello spirito in risposta a ciò che esiste”. In altre parole, in noi sboccia l'allegria quando riconosciamo le cose buone che Dio fa. Da ciò deriva il motivo della risposta indiretta del Signore: Gesù agisce per mettere Giovanni faccia a faccia con nuove meraviglie esistenti nel mondo grazie alla presenza incarnata di Gesù. E allora il Signore lascia che sia Giovanni a fare i conti. Ciò è conforme al modo in cui il Battista stesso, nel deserto, ha annunciato la venuta di Gesù. Egli benedice le persone con un nuovo modo di vedere il mondo... di affrontare la realtà. “Giovanni Battista ha interrotto quella che le persone vedevano come una vita di siccità sconcertante” (L. Giussani).
Il predicatore del Papa, il cardinale Raniero Cantalamessa, spiega che Giovanni “aiuta a superare il muro, ancora più spesso, delle apparenze contrarie e fa scoprire il Messia nascosto dietro le sembianze di un uomo come gli altri. Il Battista inaugurava così la nuova profezia cristiana, che non consiste nell’annunciare una salvezza futura ('negli ultimi tempi'), ma nel rivelare la presenza nascosta di Cristo nel mondo”.
Spesso rimaniamo però estranei a questa Presenza, dando poca attenzione alla gioia. Quest'ultima è, per definizione, la soddisfazione che sorge quando la nostra volontà possiede qualcosa che porta alla nostra autentica felicità. La gioia è la risposta del cuore umano a quella che percepisce come una dinamica promessa di vita. E la Presenza di Cristo è proprio questo!
Qui è la meraviglia della gioia: può coincidere con la tristezza – a causa della promessa che contiene. La gioia, però, non può coesistere con la paura! Perché finiamo per essere manipolati dalla paura, lasciando andare l'allegria della vita? Perché non siamo più ancorati alla Promessa. Non abbiamo più lo sguardo fisso sulla Promessa. Finché saremo dominati dalla paura, non staremo cercando l'amore. Al posto di questo, quando minacciati da qualcosa, andiamo alla ricerca del potere. Mantenere gli occhi concentrati sulla Promessa è l'obiettivo dell'Avvento.
Il sacerdote gesuita Alfred Delp, eroico avversario del nazismo costretto a un isolamento solitario dai suoi aguzzini, torturato, con le mani legate, scrisse dalla sua cella su pezzi di carta di contrabbando:
“Le promesse di Dio sono al di sopra di noi, più valide delle stelle e più efficaci del sole. Sulla base di queste promesse, diventeremo sani e liberi dal centro del nostro essere. Le promesse ci hanno trasformati e hanno aperto la vita all'infinito”.
Al centro delle promesse c'è questo fatto: “Il desiderio della gioia è intrinsecamente più forte della paura del dolore” (san Tommaso d'Aquino). Ecco perché p. Delp insiste sul fatto che ogni persona “dovrebbe prendere la gioia tanto seriamente quanto prende se stessa. E deve credere nel suo cuore e nel suo Signore Dio, anche attraverso le tenebre e l'angoscia, perché è stato creato per la gioia”.
La filosofa e mistica Simone Weil ha osservato che “la sofferenza è violenza, la gioia è gentilezza, ma la gioia è più forte”. Ricordatelo: la gioia è l'unico vero nemico di Satana!
J.R.R. Tolkien ha ideato un'espressione che tenta di cogliere l'invincibilità della gioia:
“Ho coniato la parola 'eucatastrofe': la svolta improvvisa e felice in una storia che ci penetra con una gioia che porta alle lacrime. Produce il suo effetto peculiare perché è uno scorcio improvviso della Verità; tutta la sua natura incatenata in causa ed effetto materiali, la catena della morte, prova un sollievo improvviso, come se un arto importante al di fuori dell'articolazione si fosse improvvisamente ripreso. Come l'eroe di un racconto mitico è sull'orlo di un disastroso vicolo cieco, con la morte che aleggia davanti a lui, terribile e inevitabile, si verifica l'eucatastrofe: la catastrofe positiva, l'improvvisa 'svolta' gioiosa - questa gioia è una grazia improvvisa, miracolosa. Nega la sconfitta finale universale, dando un fugace barlume di gioia. Gioia oltre le mura del mondo, struggente come il dolore”
Papa Benedetto XVI ha dichiarato che “la fonte della gioia cristiana è questa certezza di essere amati da Dio, amati personalmente dal nostro Creatore, da Colui che tiene nelle sue mani l’universo intero e che ama ciascuno di noi e tutta la grande famiglia umana con un amore appassionato e fedele, un amore più grande delle nostre infedeltà e peccati, un amore che perdona”. Come può questo amore che viene a rivendicarci non provocare un'eucatastrofe in noi?
Se c'è una risposta alla morte, ha detto J. Ratzinger, renderà possibile la gioia autentica. E quella risposta, che ci spinge a gioire e a convincerci a prendere sul serio la nostra gioia, esiste.