Talvolta, trovandosi a dover descrivere le avventure dei santi vissuti nelle epoche più remote, gli agiografi del Medioevo si divertivano a inserire nella narrazione elementi fantasiosi e dichiaratamente leggendari. Lo facevano senza preoccuparsi troppo dell’accuratezza storica, concentrandosi piuttosto sulla possibilità di offrire al pubblico una lettura che colpisse l’immaginazione, permettendo agli insegnamenti morali di imprimersi nel profondo. È questo il modo in cui nacquero alcune delle leggende più immaginifiche del martirologio (esempio eclatante: san Giorgio che uccide il drago); ed è anche questo il modo in cui nacque la fantasiosa storia che stiamo per raccontare oggi. Cioè, quella del miracolo del grano di santa Barbara.
Il miracolo del grano che cresce fuori stagione
In varie forme, questo schema narrativo si ripete sempre uguale nelle agiografie di molte sante vergini. Ma non solo: lo ritroviamo anche in alcune narrazioni apocrife dell’infanzia di Gesù, laddove il narratore si diverte a immaginare i dettagli della rocambolesca e affannosa fuga in Egitto.
Insomma: variano i protagonisti di questa storia, ma la trama si sviluppa in modo simile. Tutto inizia con una giovane santa che si trova in una situazione di grave pericolo: vuoi perché inseguita dagli sgherri di Erode, vuoi perché minacciata da soldati che vogliono martirizzarla (o comunque usarle violenza, nel caso di sante vissute in epoche successive all’editto di Costantino). La donna, affidandosi alla benevolenza del Signore, fugge in direzione di un campo appena arato nel quale incontra un contadino, che se ne sta lì per i fatti suoi occupandosi di seminare il grano. Passandogli vicino, la santa gli si appella: «se qualcuno dovesse chiederti se hai visto una donna in fuga che passava di qui, ti prego buon uomo: rispondi che l’hai vista passare proprio mentre stavi seminando il grano».
Perplesso, il contadino acconsente a quella richiesta strampalata e va avanti con il suo lavoro. Ma ecco che (miracolo del cielo!) entro pochi minuti tutti i semi portano frutto e il campo si riempie di mille spighe dorate, pronte per la mietitura (oltretutto fuori stagione).
Quando i malintenzionati raggiungono il campo e chiedono al contadino se abbia visto passare una donna in fuga, lui – come da istruzioni – risponde che effettivamente sì, l’ha vista passare di lì mentre stava seminando il grano. Il che è effettivamente vero! Ma poiché il grano è già alto, gli sgherri presumono che siano ormai trascorsi mesi dall’avvistamento: convinti di star cercando nella direzione sbagliata, fanno dietrofront e si spostano altrove. E così, la Vergine riesce fuggire in Egitto col Bambinello; la giovane fanciulla sfugge al martirio (almeno per quella volta); la pia dama ha modo di salvarsi da una terribile violenza.
Da una leggenda antica, due tradizioni da riscoprire
Anche santa Barbara, secondo la leggenda, fu protagonista di un simile miracolo mentre fuggiva ai soldati che cercavano di ucciderla. E il fatto che il martirologio ricordi la santa il 4 dicembre, e cioè all’inizio del periodo d’Avvento, ha dato origine ad alcune dolcissime tradizioni natalizie, variamente collegate a questo episodio agiografico. Qui ne proponiamo un paio, così belle e così semplici da poter facilmente essere riproposte in famiglia con gran divertimento dei piccoli (…e non solo!).
La ricetta del khamiè di santa Barbara
La prima è una ricetta di un dolce che, nel giorno della festa di santa Barbara, non può mancare sulle tavole dei cristiani che vivono in Medio Oriente: l’ingrediente principe è il grano, in omaggio a quelle spighe dorate che crebbero miracolosamente per proteggere la fuga della giovane.
Per la ricetta, seguiamo le istruzioni del libro Cooking with the Saints (Ignatius Press, 2001); per soddisfare 8/10 persone, saranno innanzi tutto necessari questi ingredienti:
- 300 gr. di grano crudo ammollato (o, per maggior comodità, di gran precotto per pastiera)
- 100 gr. di uvetta
- 100 gr. di pinoli
- 100 gr. di nocciole sbriciolate
- 100 gr. di mandorle sbriciolate
- 100 gr. di canditi misti
- 250 gr. di zucchero (o, a seconda dei gusti, di miele e zucchero mescolati assieme)
- 2 l. di acqua
- ½ cucchiaino di acqua di rose
Se non state utilizzando il grano precotto, lavatelo ripetutamente sotto l’acqua fredda, mettetelo in una pentola che avrete riempito con due litri d’acqua e fatelo cuocere a bassa temperatura fino a ottenere un composto morbido dalla consistenza simile a quella del porridge. Utilizzando una normale pentola sui fornelli, potrebbero occorrervi dalle quattro alle sei ore; sarà certamente molto più pratico utilizzare una slowcooker (impostando circa quattro ore di cottura in modalità high) o, ancor meglio, ricorrere al grano per pastiera che troviamo già pronto all’uso.
Quando il grano sarò cotto, continuando a far sobbollire, aggiungete l’uvetta, i pinoli, le mandorle, i canditi, lo zucchero e l’acqua di rose. Mescolate finché lo zucchero non si sarà sciolto completamente; a quel punto, togliete il khamiè dal fuoco e impiattatelo in piccole ciotolette che potrete decorare con cannella e granella di pistacchio. Servite ancora caldo.
I germogli di grano di santa Barbara
Se, nel Medio Oriente, le massaie ricordano santa Barbara col khamiè, nell’Europa dell’Est e nella Francia meridionale esiste ancor oggi una dolcissima tradizione “per famiglie” che ricalca quegli esperimenti di scienze che, di tanto in tanto, vengono proposti agli alunni della scuola primaria.
In memoria di santa Barbara, i piccoli di casa “seminavano” chicchi di grano nel giorno della sua festa, adagiandoli in un piattino che veniva poi ricoperto da piccole pezzuole di cotone umido, da sostituire periodicamente. Il piattino veniva posato in un luogo tiepido della casa (come potrebbe essere, oggigiorno, il termosifone): se tutto andava bene, i chicchi di grano avrebbero cominciato di lì a poco a germogliare, trasformandosi in mille fili verdi pronti a far bella mostra di sé proprio nel periodo di Natale.
E quale simbolo migliore per rappresentare il Natale, se non un filo d’erba che nasce, e cresce rigoglioso, anche nel più freddo dell’inverno?