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Cristiano nigeriano sopravvive alla decapitazione e si racconta

Manga è un cristiano nigeriano che ha rifiutato di sottomettersi all'intimazione degli islamisti.

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Cécile Séveirac - pubblicato il 02/12/22
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Manga è un giovane cristiano nigeriano. Jihadisti di Boko Haram hanno tentato di decapitarlo perché non aveva voluto rinnegare Cristo. Lui però è sopravvissuto e ha raccontato i fatti all’organizzazione internazionale Portes Ouvertes, che sostiene i cristiani perseguitati.

Manga è cristiano – e il Cielo sa quanto sia difficile essere cristiani in Nigeria (lo si considera tra i posti più pericolosi al mondo per i membri della Chiesa): ogni due ore un cristiano viene ucciso. 

Manga stava per essere tra costoro: il 2 ottobre 2012 il giovane, che all’epoca aveva 20 anni, è rientrato a casa come ogni sera, dopo i corsi in università. La madre preparava la cena. Un quadro perfettamente ordinario: una famiglia, la cena in tavola. Poi raffiche di spari. Erano le 19:30. Gli uomini di Boko Haram, gruppo islamista affiliato ad Al-Qaeda, fanno irruzione nell’abitazione – ed ecco che la vita di Manga viene sconvolta. Gli jihadisti procedono secondo il solito metodo: fanno uscire di casa gli uomini più grandi della famiglia (nel caso Manga, suo padre e suo fratello minore), mentre la madre e i bambini più piccoli venivano chiusi in un’altra stanza. 

«Poi hanno chiesto a me e a mio padre se fossimo pronti a rinnegare Gesù e ad abbracciare l’Islam», testimonia Manga alla ONG Portes Ouvertes. Il padre di Manga ha rifiutato: 

Allora ci hanno detto: «Vi uccideremo». Ho risposto loro: «Ma se ci uccidete che ci guadagnate?». 

La risposta ha innescato un pestaggio a sangue: Manga è stato colpito col calcio del fucile e il padre selvaggiamente assassinato: 

Lo hanno decapitato e gli hanno messo la testa in braccio, davanti ai miei occhi. Poi hanno cercato di decapitare mio fratello, lasciandolo per morto. Nel frattempo, lui era sotto una tempesta di botte e calci. 

Manga assiste impotente al massacro del suoi. Poi viene il suo turno: «Hanno preso un altro coltello, con la lama seghettata, e hanno cercato di tagliarmi il collo». In quel momento (di terrore indescrivibile), Manga è riuscito comunque a trovare la forza di pregare: 

Ho pensato a Gesù inchiodato sulla croce, e ho fatto mia la sua preghiera: «Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno». Ho pregato anche col Salmo 118: «Non morirò, ma resterò in vita / e annuncerò le opere del Signore». Non sapevo se sarei sopravvissuto, ma ad ogni modo ho pregato. 

Anche lui è stato dato per morto e abbandonato in un lago di sangue, coi corpi del padre e del fratello, martiri, davanti agli occhi. Come se tutto ciò non fosse bastato, i satelliti di Boko Haram hanno agganciato una bomba alla porta di casa, dentro la quale la madre di Manga e i fratelli più piccoli urlavano di terrore. Sono stati salvati dal coraggioso intervento dei vicini, che sono riusciti ad abbattere un tramezzo per far uscire i superstiti, prima di chiamare la polizia. 

Erano le 23 ormai. Manga e il fratello, pressoché esangui, venivano portati in ospedale. I medici riuscirono presto a stabilizzare il fratello, ma per Manga il destino sembrava tracciato e il personale era sul punto di rinunciare. In quel momento preciso, però, l’elettrocardiogramma indicò che il cuore di Manga sembrava determinato a resistere e combattere: «Mi sono reso conto di essere vivo perché Dio aveva deciso così», sottolinea Manga. 

Come Manga, molti cristiani in Nigeria giungono a testimoniare una Speranza che ispira e impone rispetto: 

La situazione è più grande di noi, ma sappiamo che il nostro Dio è il Dio vivente, che può rovesciare la situazione in un batter d’occhio. E anche se non lo facesse, noi gli resteremmo fedeli. Dunque continuate a pregare per noi, è la cosa migliore che possiate fare per la Nigeria. 

Facciamo del nostro meglio per l’opera di Dio, per onorarlo con la nostra vita. Che la fame e la sete di Dio siano ancora di più nel vostro cuore. 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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