Di fronte alla difficoltà di questa missione, molti avrebbero gettato la spugna. A Haiti, dove suor Paësie si dona anima e corpo all'apostolato, la causa sembra persa e il panorama oscuro.
La situazione a livello di politica, società e sicurezza nello Stato caraibico è caotica, come ha spiegato la missionaria ad Aleteia:
“La violenza delle gangs armate sta peggiorando sempre più. Prima era limitata alle baraccopoli, ma ora si sta diffondendo anche ai quartieri ricchi”.
I due ingressi a Port-au-Prince sono sotto il controllo delle gangs, il che rende impossibile muoversi. I rifornimenti sono scarsi o inesistenti, il raccolto è stato in buona parte perso per via degli attacchi ai traporti e non c'è benzina se non al mercato nero, dove viene rivenduta a 15 volte il prezzo iniziale.
Speranza per i bambini
I bambini sono i primi a risentire di questa anarchia. L'anno scolastico non è iniziato a settembre, lasciando i bambini a oziare in un Paese paralizzato dall'inflazione e dalla violenza delle gangs. In questo panorama sconfortante, però, c'è Kizito, l'associazione creata da suor Paësie nel 2018 specificatamente per Haiti, dopo aver lasciato la congregazione delle Suore Missionarie della Carità.
Dalla fondazione quattro anni fa, Kizito ha realizzato varie strutture per permettere ai bambini della baraccopoli di Cité-Soleil, la più grande del Paese, di essere educati e catechizzati e di aver accesso ad attività ricreative. Sono state create quattro case per ragazzi e una per ragazze, e sono state aperte otto scuole.
“Le abbiamo diffuse nella baraccopoli per evitare conflitti interni, perché i vari quartieri di Cité-Soleil sono costantemente in guerra tra loro, e vogliamo davvero che la scuola sia un santuario per questi bambini perché si sentano al sicuro”, spiega suor Paësie.
Per quanto riguarda l'insegnamento, “aiutiamo i giovani della baraccopoli offrendo loro un po' di formazione lavorativa, che permette loro di ottenere un'entrata parallelamente agli studi”. Tutti i centri permettono anche ai bambini di evitare per quanto possibile i proiettili che seminano morte ogni giorno. A volte riescono ad attraversare anche le lamiere della baraccopoli.
Giovedì 20 ottobre, un 13enne, Gethro, è morto in uno scontro a fuoco tra gangs. Era andato a scuola con Kizito, ma alla fine aveva abbandonato. Altri lottano per rimanere a scuola e diventano esempi di generosità, come Julio, 10 anni, che tra una lezione e l'altra va a raccogliere resti metallici dalla spazzatura per poi rivenderli.
“Una mattina, un insegnante mi ha detto che era arrivato con i suoi libri nuovi, che aveva comprato con quel denaro. Il giorno dopo lo ha visto con un altro libro in mano, che ha dato a uno studente. Il giorno dopo ancora è accaduto lo stesso. Aveva individuato tutti gli studenti nella classe che non avevano i libri e ne ha dato loro uno pagato con il denaro che aveva raccolto. È un bambino che non mangia ogni giorno, che conosce la fame, e tuttavia è capace di mettere le necessità altrui davanti alle proprie”.
Catechesi e sacramenti
In tutta la baraccopoli c'è una sola parrocchia, frequentata dalla gente di un unico quartiere perché le gangs impediscono agli Haitiani di muoversi. I centri di catechismo di Kizito, anch'essi gratuiti, cercano di rendere i sacramenti accessibili a più famiglie e bambini possibile. Le richieste di Battesimo sono frequenti, e ispirano un autentico fervore. “I bambini che hanno ricevuto i sacramenti restano la maggior parte delle volte molto religiosi; molti di loro diventano catechisti, mettono su gruppi di preghiera...”
Fame, malattie (AIDS, tubercolosi e colera imperversano nel Paese, mentre il Covid ha avuto stranamente conseguenze meno gravi), rapimenti quotidiani, omicidi, stupri e terremoti... Tutte queste circostanze, che a prima vista potrebbero provocare disperazione, non hanno comunque indebolito la fede degli Haitiani, dotati di un'enorme resilienza, unita a un umile abbandono al volere Dio. “Qui e ora” sembra essere il vero motto della famiglia Kizito e degli Haitiani.
“Viviamo giorno per giorno. Lo si può sentire anche nel modo in cui pregano i bambini a cui insegniamo. Ringraziano Dio per aver dato loro un altro giorno e per essere tornati a casa sani e salvi”.
Anche se violenza e morte sono onnipresenti, i cristiani di Haiti restano saldi nella fede, anche nelle situazioni più disastrose. Quando viene chiesto se la sofferenza non crea a volte un senso di rivolta che porta all'abbandono della fede, suor Paësie sorride e replica:
“Non lì. Questo accade qui (in Europa e nei Paesi sviluppati). Continuano a credere nella presenza e nella benevolenza di Dio, e questo li fa andare avanti. L'ho visto soprattutto dopo il terremoto del 2010: la gente riusciva a parlare con grande pace anche se era vicina ai resti dei propri figli. Non si ribellano mai contro Dio, né Lo accusano. In creolo, dicono ‘Bon Dieu connaît’, che significa 'Il buon Dio lo sa'”.