Le scelte controverse e le dichiarazioni plateali e roboanti di Elon Musk non stanno convincendo gli utenti di Twitter, che iniziano a esplorare servizi alternativi che siano lontani dai colpi di testa dell’imprenditore visionario. Dai licenziamenti di metà del personale del social network all’introduzione di una discussa spunta blu a pagamento, qualche passo falso, forse, è stato fatto. Oltre un milione di utenti avrebbe abbandonato il social network dell’uccellino dirigendosi verso Mastodon, una piattaforma social open source, decentralizzata ed etica, che consente di pubblicare post come su Twitter, ma senza essere controllato da una singola azienda.
Il fondatore del sistema, il programmatore tedesco Eugen Rochko, ha detto che Mastodon da fine ottobre ha raccolto quasi 500mila nuovi iscritti e sta raggiungendo i 5 milioni di utenti. Briciole rispetto ai circa 250 milioni di Twitter, ma già qualcosa per non sottovalutare quella che viene definita la sua alternativa etica.
Che cos’è e come funziona Mastodon
Nato nel 2016, finora non è stato molto considerato da chi frequenta altri social network più intuitivi come Facebook, Twitter o Instagram, perché non così user friendly per i meno esperti di informatica. Mastodon non viene gestito da una singola azienda che controlla i server, ma da chiunque voglia contribuire all’iniziativa. Il che lo rende di fatto un social autogestito dagli utenti.
La proprietà è diffusa e non si può verificare un caso come quello di Twitter, dove una sola persona ottiene il controllo dell’intero sistema. Ogni server è in sostanza un mondo a sé: ospita uno o più specifici social network, chiamati istanze o server, ma non l’intero sistema di Mastodon. Per questo l’intero sistema viene spesso definito una “federazione”, proprio per dare l’idea di qualcosa di organizzato con tante parti tra loro distinte, ma che possono comunque comunicare tra loro. Ogni istanza ha temi, lingue, obiettivi e policy differenti. Questo significa che l’iscrizione riguarda in prima battuta la scelta del server, e quelli più celebri in italiano sono Mastodon.uno e Livello segreto. Una volta effettuata la registrazione, si ottiene un nickname simile a un indirizzo mail, con questa forma: @username@nome istanza.
Ogni istanza ha un proprio design e proprie regole. Per esempio su Mastodon.uno “è vietata l’apologia di fascismo, così come il razzismo, il sessismo, la diffusione di fake news, il proselitismo e l’intolleranza religiosa”. Caratteristica di Mastodon è che “non ha pubblicità, non usa algoritmi
che impongono determinati contenuti, combatte la diffusione d'odio e il bullismo online, e protegge i dati personali degli iscritti”. A vigilare sulla correttezza dei contenuti sono gli utenti stessi che, in caso di violazioni, li segnalano ai gestori delle istanze. Qualunque utente di Mastodon, indipendentemente dall’istanza nella quale si è iscritto, può comunicare con tutti gli altri e può inviare e ricevere messaggi a/da chiunque.
Cosa si può fare dentro Mastodon
Si può costruire il proprio profilo con foto, immagine di copertina e una bio. Non ci sono tweet, ma toot, che possono essere lunghi fino a 500 caratteri. È possibile mettere like o ritwittare (si chiama boost), così come menzionare un profilo o mandare messaggi privati. Chi arriva da Twitter noterà l’assenza della possibilità di ricondividere un toot aggiungendo un commento: è una scelta di campo, dettata da una funzionalità che secondo il fondatore “è potenzialmente tossica, perché, anche quando usata con lo scopo di criticare contenuti pessimi, finisce per dargli visibilità”.
Ciò che cambia molto rispetto a Twitter è il modo in cui l’utente accede ai post. Su Mastodon ci sono tre timeline, i flussi attraverso i quali si vedono i toot:
Home, dove compaiono i toot delle persone che l’utente segue, in ordine cronologico dal più recente;
Locale, dove è possibile vedere tutti i toot del proprio server, sempre a partire dal più recente;
Federata, dove si possono scoprire nuovi account e vedere toot che provengono da altre istanze.
In nessuna timeline di queste viene utilizzato un algoritmo: Mastodon, infatti, non raccoglie i dati degli utenti, fondamentali per nutrire l’intelligenza artificiale (e non li vende, perché non c’è pubblicità). Questo cambia anche le modalità di interazione: un like significa apprezzamento ma non aumenta la visibilità del contenuto, non è un segnale positivo per l’algoritmo.
Come “si mantiene” Mastodon e chi modera i contenuti
Alcuni operatori di istanze Mastodon si affidano al crowdfunding tramite Patreon e servizi simili. Una persona o un’azienda può controllare un nodo (un computer-server) ma non potrà mai controllarli tutti, anche perché chiunque può crearne uno nuovo, aggiungendolo al sistema. Uno dei lati negativi di Mastodon riguarda la moderazione che non funziona come dovrebbe, nonostante l’impegno degli utenti e degli amministratori delle istanze. Anche la lotta ai profili falsi sembra avere qualche problema. Ogni istanza ha i suoi moderatori e le sue regole. Come anticipato, è l’utente a scegliere il server cui iscriversi, anche sulla base di valori e obiettivi. Questo, nelle intenzioni di Mastodon, consente di dividersi i compiti, di distribuire le responsabilità su più persone, contando sul legittimo interesse a tenere puliti questi spazi. In breve, ogni server sceglie le sue regole e si impegna a farle rispettare. In caso di problemi con un’istanza, può intervenire l’intera rete.
Il futuro di Mastodon
Al momento è difficile ipotizzare quale sarà il futuro di Mastodon e se davvero diventerà un’alternativa importante a Twitter (e non solo a Twitter). Tuttavia, al momento, soprattutto l’Europa sembra credere a questa via alternativa alla strapotenza del social americano. Staremo a vedere se l’alternativa sarà all’altezza del social mainstream o se parte degli utenti in fuga torneranno all’ovile di Musk. Se poi volete approfondire pregi e difetti dei social network, vi invito a leggere il mio ultimo libro Internet e l’anello della fuffa.