Il satanismo ha infestato un convento: è accaduto a Reggio Emilia e ha visto protagonisti (in negativo) un padre oratoriano e una donna che soggiornava presso le suore francescane alla ricerca di una eventuale vocazione.
L’incontro con Agata Gorisi
Il sacerdote è padre Domenico Costantini (1728-1791?), oratoriano reggiano, di costumi piuttosto discussi. Il libro del sociologo e scrittore Massimo Introvigne “Satanisti” (edizioni Sugarco), racconta la vicenda di padre Domenica.
Nel 1771, all’età di 43 anni (è nato a Reggiolo nel 1728), Costantini è accusato di qualche cosa di peggio da Agata Gorisi (1751-?), una ragazza di vent’anni di Fabbrico che soggiorna a Reggio presso le Francescane dell’Ascensione per verificare una sua eventuale vocazione.
L’eucaristia in “peccato”
La Gorisi dichiara al vicario generale di Reggio che Costantini afferma che non costituisce sacrilegio «ricevere la Santa Eucarestia in peccato» e che la confessione è soltanto una superstizione. Orlandi ricollega queste accuse al clima quietista del- l’Oratorio di Reggio, e le peggiori deviazioni del quietismo emergono da una testimonianza di un’altra penitente di Costantini, suor Emilia Marianna Rossi (1741-1802), secondo la quale il confessore le avrebbe detto «che si potea far peccati quanti se ne volea, e poi diventar santo».
La “negazione” di Costantini
Costantini avrebbe pure «tentato ad atti affatto impuri» la Gorisi e una serie di altre penitenti che si presentano a testimoniare, e avrebbe finito per negare le principali verità della fede cattolica.
“Commercio disonesto col demonio”
Nonostante le minacce di Costantini, nel 1772 la Gorisi si ripresenta a testimoniare informando l’autorità ecclesiastica di pratiche ben più gravi della semplice immoralità. «Esso Padre Costantini suddetto – riferisce infatti la Gorisi – mi insegnò ad avere commercio disonesto col demonio in figura del detto Padre, e a calpestare per questo ogni giorno particole o ostie consecrate, a donare undici volte l’anima mia al demonio, quando volea peccar col demonio in sua figura». Lo stesso Costantini porta le ostie consacrate alla Gorisi, che così «quasi ogni giorno calpestava l’Eucaristia».
La scrittura con Satana
Il sacerdote promette alla giovane un risultato concreto: la «soddisfazione», intesa come uno stato di consolazione mistica sensibile, ma non senza toni chiaramente sensuali o sessuali. Le pratiche demoniache non permettono alla Gorisi di conseguire la «soddisfazione», e Costantini propone un ulteriore espediente, che abbiamo già incontrato nei processi di possessione: «Una scrittura al demonio affine di avere l’intento desiderato».
Giuseppe Medici
La Gorisi firma dunque il patto con il Diavolo e il demonio compare « in figura del Signor Giuseppe Medici», un amico del sacerdote (di cui non ho potuto rintracciare elementi biografici). La giovane calpesta un’ostia consacrata e insieme con padre Costantini adora in ginocchio «il demonio» (cioè verosimilmente il compiacente signor Medici) con una serie di pre- ghiere blasfeme. Dopo di che la Gorisi «pecca» sia con Costantini sia con «il demonio». Ma continua a non avere «soddisfazione».
La Messa nera
Infaticabile – sempre a credere alla Gorisi –, Costantini propone allora la Messa nera, in casa della sorella di Agata, Carlotta, con la presenza della figlia di Carlotta, Marianna (della figlia, come della madre, non ho potuto reperire le da-te precise di nascita e di morte), che ha soltanto tre anni di età.
Le palle e i 17 segni di croce
Costantini estrae da una borsa di cuoio «tre piccole palle della grandezza circa d’una nociuola», le bacia «sette volte per una», ne mette una davanti alla porta della stanza, «l’altra in seno a me» (Agata) e si tiene in mano la terza. Sulle palle traccia diciassette segni di croce, «otto colla mano destra, gli altri colla sinistra». Dopo di che viene il Demonio «nella figura di esso P. Costantini» e Agata e Carlotta lo adorano. Costantini ha portato la consueta ostia consacrata, che stavolta è calpestata.
La donna nuda
Al culmine della cerimonia Agata e Carlotta «peccano col demonio». Costantini traccia quindi segni cabalistici e legge orazioni da un librino «scritto minutissimo» che aveva «in principio (...) la figura di un demonio, nel mezzo cinque pagine bianche, e nella terza di queste ci era la figura d’una donna ignuda che abbracciavasi con un uomo pure ignudo, e infine eravi la figura di donna e uomo ignudi, e in atto affatto disonesto».
Agata non sa leggere ma sa «che il libro era piccolo, e che per asserzione del detto Padre Costantini insegnava a far le cose che esso Padre operava».
La scatola nera
La cerimonia non è finita: Costantini estrae una scatola nera, da cui trae una nuova ostia intorno cui accende due candele e che consacra. Si fa portare acqua (che benedice con «diciannove o ventuno segni di croce») e sale intero che mescola con i frammenti di ostia. Chiede quindi ad Agata di spogliarsi e di mettersi sopra il letto della stanza «capivolta (...) tenendo le spalle verso il muro, le gambe alzate verso il muro e allargate, e sostentandomi esso P. Domenico Costantini le ginocchia con una mano, coll’altra prese dalle mani della Carlotta il bicchiero suddetto, e, fatti nove segni di croce e recitate delle parole, vuotò tre volte dell’acqua di detto bicchiero nella natura» (cioè nella vagina) informando la giovane di averla così battezzata in nome del Demonio (…)».
I doni del demonio
La cerimonia si ripete con la sorella Carlotta; segue un ringraziamento al Demonio e una divisione di quanto rimane dell’ostia consacrata in quattro parti che sono poste nel seno ad Agata e Carlotta, e rispettivamente indosso al sacerdote e alla piccola Marianna. La «soddisfazione» dopo la Messa nera non è straordinaria, ma cominciano ad apparire nelle stanze di Agata e Carlotta «doni del Demonio»: calze bianche di seta, scialli, «due superbe cuffia», «un orologio» e perfino monete d’oro.
Pressioni e minacce di morte
Molti testimoni confermano nella sostanza le accuse di Agata. Quest’ultima nel corso del 1772 si lamenta ripetutamente delle pressioni e delle minacce di morte di Costantini perché ritratti. Finalmente con quello che Orlandi chiama un «colpo di scena» nell’agosto del 1772 Agata Gorisi ritratta tutte le accuse, e lo stesso fanno altri testi.
Ma non tutti: alcune penitenti – le più protette a causa della loro posizione sociale, nota Orlandi, dalle minacce di padre Costantini – mantengono la versione originaria. Le autorità ecclesiastiche – che non hanno troppa voglia di condannare in assenza di prove schiaccianti, né di sollevare uno scandalo intorno agli Oratoriani – chiudono il procedimento, forse (qualche documento manca) con lievi pene per il Costantini.