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Al via la XXVI edizione del Tertio Millennio Film Fest. Il tema? Il ritorno di Caino

Locandina Tertio Millennio Film Fest 2022
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Lucandrea Massaro - pubblicato il 14/11/22
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Il cinema racconta il male secondo la sensibilità delle diverse culture religiose e sapienziali e tramite questo linguaggio comune lo affronta

Si è aperto a Roma, e proseguirà fino al 18 novembre 2022 presso il Cinema Greenwich (Via Giovanni Battista Bodoni, 59), la XXVI edizione del Tertio Millennio Film Fest, il festival cinematografico del dialogo interreligioso, che - in questa edizione - si interroga sul "male" con un titolo suggestivo “Il ritorno di Caino?”.

Il dialogo interreligioso si svolge al cinema

Il festival, che si svolge sotto la direzione artistica di Marina Sanna e di Gianluca Arnone, si propone come luogo di dialogo interreligioso e interculturale tra le comunità cattolica, protestante, ebraica, islamica, induista e buddhista a partire dai film in concorso e dai temi da questi proposti.

In particolare quest'anno è il tema del Male lega i 12 lungometraggi e gli 8 cortometraggi in concorso. Marina Sanna, codirettrice artistica, spiega «Tertio Millennio Film Fest intende far luce su un tema così importante - soprattutto in questi tempi caratterizzati da terrorismi, guerre, disastri ambientali e orrori vari - con la voce originale e profonda propria dei film di alto profilo in concorso».

A tu per tu con l'organizzazione

Proprio per capire meglio il profondo significato di questa edizione, Aleteia è tornata a dialogare con il TMFF e ascoltato diretamente uno dei codirettori, Gianluca Arnone, che è anche Responsabile Editoriale della Fondazione Ente dello Spettacolo.

Per la rassegna di Tertio Millennio Film Fest di quest'anno avete scelto come titolo “Il ritorno di Caino?”, certamente adatto in tempi di guerra non certo limitata alla sola Ucraina, ma una domanda sorge spontanea: se ne era mai andato?

Il punto di domanda del titolo viene da una richiesta proprio delle comunità religiose, visto che tutte si sono chieste “se n'era mai andato?”, del resto c'è un Caino dentro tutto noi. Ma il tempo che viviamo è un tempo dirimente dal Covid in poi, così almeno abbiamo pensato noi. Qualcosa si spezzato, il virus ci ha allontanato ci ha tenuti separati, ci ha fatto accumulare una sorta di “tossine emotive” che ora stanno venendo fuori in maniera inaspettata e si sono diffuse in tutto il mondo. Non a caso a poche settimane dalla fine della emergenza pandemica scoppia la guerra in Ucraina. In questo periodo mi è venuto in mente un romanzo bellissimo di Thomas Mann, “La Montagna Incantata” dove si parla della “scimmia della guerra”, e non a caso si svolge un sanatorio e nel romanzo Mann spiega e racconta quella voglia di farsi del male che è connaturata alla storia dell'uomo.

Caino e Abele come le due parti del soggetto umano, capace dell'alto e del basso, tutti possiamo essere l'uno o l'altro. Partiamo da qui: chi sono i Caino e gli Abele di oggigiorno?

La risposta è nella domanda: sono dimensioni compresenti in noi, possiamo essere Abele se siamo consci del nostro Caino. Noi iniziamo il Festival con un convegno teologico interreligioso sul tema del male, che ha un limite che il cinema invece non ha: l'immedesimazione, il vivere il male, il rapporto tra vittima e carnefice, il trapassare i limiti del bene e del male. Ci sono dinamiche psicologiche e antropologiche che col Cinema possono emergere in maniera profonda e inaspettata, mentre la teologia e la filosofia su questo sono più in difficoltà.

Il dialogo interreligioso attraverso il linguaggio artistico del cinema che è universale, già questo è un bel segnale, che esperienza trae dalla preparazione di questa edizione?

Con le giurie interreligiose lo abbiamo sperimentato negli anni: il film grazie al montaggio analogico permette di esperire l'empatia delle storie, lavorare sui sentimenti e sull'immedesimazione, ma soprattutto ci permette di abbracciare la molteplicità della parola e dell'esperienza, anche laddove spesso pensiamo che questo non sia possibile. Il Cinema ci invita a liberare le parole del peso storico del loro significato e di non farsi bloccare dalle pastoie della tradizione. Ecco allora che, al di là di come ogni tradizione religiosa pensi una parola impegnativa come “Dio”, ecco noi siamo chiamati a vivere e affrontare quella complessità. Dobbiamo permettere a tutti di vivere e abitare le parole e non fermarci alle difficoltà delle differenze, non per ignorarle ma per fare nuova sintesi.

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