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Parole per il Sinodo. La diaconia e le diaconie.

Diacono
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Don Fortunato Di Noto - pubblicato il 07/11/22
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Il diacono e la sua vocazione, richiamo alla comunità che deve sempre servire e non servirsi.

La diaconia.

La diaconia cristiana non è un impegno umanitario o professionale, non è una assistenza sociale e filantropica (pur essendo attività di spiccata umanità).

La diaconia fu fin dall'inizio della Chiesa un servizio caratterizzato dall'aiuto per il culto, per l'assistenza ai poveri e per la guida della comunità. Non era un ‘martilismo’ (così come lo chiama Papa Francesco). La diaconia, il servizio, deve innanzitutto nascere dall’ascolto e deve innestarsi nell’ascolto, perché

un servizio che non parte dall’ascolto crea disperazione, preoccupazione e agitazione: è una rincorsa che rischia di lasciare sul terreno la gioia’.

L’unità delle due agàpi (quella di Dio e quella dei servizio ai poveri, ai bambini, ai lontani, ai nemici): diaconia e liturgia, sono inseparabili, non si oppongono né si distanziano; difatti, però, è successo questa ingiustificata separazione, depauperando la profondità di questa unità nelle nostre comunità ecclesiali. 1

Più il pensare e agire in maniera filantropica e assistenzialista che diaconale.

Il diacono, chi è veramente? Ascolta Gesù e non se stesso. E’ una vocazione che ricorda a tutti che il cristianesimo è servizio.

Il diacono è colui che serve a mensa, il servitore, all’inizio non era, come oggi lo intendiamo (giustamente!), un ministero ordinato: Cristo è chiamato diacono (Rm 15,8 e Gal 2,17). In san Paolo, equivale a servo di Dio o della comunità. Infine, si chiama diacono colui che esercita un determinato ministero nella comunità (Fil 1,1; 1 Tm 3,8), cioè, chi svolge un servizio per i fratelli e gli uomini ‘servendo i fratelli e non servendosi dei fratelli’.

Il servizio (la diaconia) si deve radicare nell’ascolto della parola del Maestro, solo così si potranno intuire le vere attese, le speranze e i bisogni; imparare dall’ascolto degli altri comporta l’umiltà di fermarsi e obbedire alle parole di Gesù.

I diaconi: i sorveglianti dei bambini. Solo nel IV secolo?

Nella Chiesa di Antiochia, nel IV secolo2, i diaconi erano identificati come ‘i sorveglianti dei bambini’ e li aiutavano a vivere le preghiere e sentirsi partecipi nella vita liturgica e pastorale della comunità. Infatti “i bambini hanno una funzione particolare nella preghiera dei fedeli; la semplicità, l’umiltà e la sincerità fanno vedere con quale mentalità occorre pregare e operare nella carità e nella catechesi.

Una nuova intelligenza del diaconato. Un percorso per uscire fuori dall’ambiguità.

È necessaria una “nuova intelligenza del diaconato” per restituire a questo ministero il suo vero orizzonte, “che è quello del servizio”3, che è quello di essere ‘sentinella’ e segno che richiamo la diaconia di tutta la comunità credente e sinodale.

Basta alla formazione clericale.

Occorre partire dalla formazione, ancora impostata in modo troppo “clericale” e sbilanciato sul versante teorico-teologico, mentre sarebbe opportuna una preparazione più specifica sui temi della povertà, della carità e delle dinamiche sociali; in sostanza “più orientata alla missione alla quale il vescovo intende destinare questo ministro ordinato”.

Ripristinare le diaconie. Il cantiere ci aiuti a lavorare in tal senso.

Per restituire al ministero diaconale il suo vero volto occorre anzitutto, “ripristinare le diaconie – e vi ha accennato anche il Papa4 :

“….scelta di dare vita alle diaconie. Nella grande metropoli imperiale si organizzarono sette luoghi, distinti dalle parrocchie e distribuiti nei municipi della città, in cui i diaconi svolgevano un lavoro capillare a favore dell’intera comunità cristiana, in particolare degli “ultimi”, perché, come dicono gli Atti degli Apostoli, nessuno tra di loro fosse bisognoso (cfr 4,34).”

Le diaconie distinte dalle parrocchie e dare ai diaconi la responsabilità del servizio agli ultimi. Nessuna pretesa nel concentrare ‘potere’ ma nella chiave della fraternità spirituale, sentirsi a servizio e non ‘servirsi degli ultimi, dei poveri, dei deboli, dei vulnerabili e dei piccoli’. Ecco la bellezza e la maturità della vocazione che diventa segno per tutta la diaconia della comunità .

Ecco un primo obiettivo: riconnettere la diaconia con la radice spirituale, per vivere la “fraternità mistica, contemplativa, che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano” (Evangelii gaudium, 92).

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2 cfr. P. Rentinck, La cura pastorale in Antiochia nel IV sec., Università Gregoriana Editrice, Roma 1970, p.122

3 Cantelmi, Esposito, Luci, ombre e prospettive: Dall’insignificanza a una nuova intelligenza del diaconato”, ed. San Paolo 2021

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