Avevo buttato giù un'introduzione a questo articolo che propone alcune riflessioni di don Fabio Rosini sulla morte, ma dopo aver riascoltato le catechesi del sacerdote per trarne degli spunti su come prepararsi a morire e come farlo senza temere il giudizio di Dio, mi sono accorta che ciò che avevo scritto era inutile, superfluo.
2 novembre: "tutti i morti", "commemorazione dei fedeli defunti". La morte è nel nostro mondo occidentale la grande assente, un tabù, è uscita dalla nostra vita, sembra sconveniente già soltanto parlarne. Si usano eufemismi, frasi stereotipate per nominarla, perché ad essa non diamo più alcun significato.
Non ci interroghiamo su come si muoia e come si possa fare una morte santa, perché stiamo rinunciando sempre più al privilegio (e alla fatica) di stare vicino a chi sta per spirare, agli ammalati in genere. Non stiamo accanto ai moribondi, non preghiamo con e per loro. Teniamo i bambini lontani dalle veglie funebri, dai funerali, non gli facciamo salutare il nonno che sta per morire perché "così gli resta il buon ricordo di quando stava bene". (Le cose più importanti mio nonno me le ha insegnate quando si è ammalato. Vederlo farsi piccolo e umile prima di morire mi ha "parlato" molto di più del tempo in cui era sano, forte e prepotente come è stato per tutta la vita).
Per riscoprire il senso e la sacralità della morte abbiamo bisogno di Gesù Cristo, della sua Chiesa, della Parola, dei suoi Ministri.
Mia nonna ripeteva spesso un proverbio: "per forza non si fa nulla, si muore soltanto". Ma la vera domanda per un cristiano è: come ci si può preparare a morire? come si può fare a non temere il giudizio di Dio? Don Fabio risponde che si impara a morire morendo un po' ogni giorno. Accettando di non comprendere tutto, di perdere, soffrire. E che si smette di temere il verdetto di Dio quando ci si rende conto che il giudice è uno di famiglia: nostro fratello Gesù Cristo.