«Ho assistito a un funerale cattolico… mi veniva voglia di essere il morto!», ha detto il comico marocchino-canadese Gad Elmaleh nel suo sketch sui funerali cattolici. Una battuta che rivela una verità: le spoglie del defunto, nel rito cattolico, sono particolarmente ossequiate.
Le ragioni di ciò risalgono a cause remote. Ben prima della nascita di Cristo, infatti, il popolo ebraico considerava l’inumazione dei corpi come l’unica pratica funeraria, quando i Romani praticavano la cremazione e gli Egizi l’imbalsamazione. Ancora di più, anzi: il pio israelita sperava di poter essere seppellito nella tomba dei suoi padri. Date queste premesse, l’abbandono di una spoglia senza sepoltura faceva loro orrore. «L’anteriore credenza nell’immortalità non permetteva un trattamento banale del corpo», illustra Michel Johner, decano della Libera Facoltà di Teologia Riformata di Aix-en-Provence.
Fondandosi sulla grandiosa visione di Ezechiele delle ossa inaridite che riprendono vita (Ez 37), la tradizione ebraica, esigendo che le spoglie siano inumate, manifesta la credenza nella risurrezione corporea. Questa procedura sarà ripresa anche dai cristiani. Infatti «Cristo fu messo nella tomba, le sue spoglie avvolte di un sudario e di lini», spiega Laurence du Lac, assistente funeraria al Service Catholique des Funérailles. «Poiché Cristo è il primo risorto, l’inumazione (dal latino “in-humo”, nella terra) è la forma più corrispondente alla speranza nella risurrezione della carne», aggiunge.
Un corpo formato a immagine di Dio
D’altro canto, il corpo è particolarmente rispettato – il corpo formato «a immagine e somiglianza di Dio» (Gen 1,26) e chiamato a glorificare Dio. Per i cristiani, infatti, la carne ha un’immensa dignità e non è soltanto un involucro o un materiale. Come dice san Paolo: «Non sapete che i vostri corpi sono le membra di Cristo? […] Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi?» (1Cor 6,15.19).
Ma per la Chiesa far rispettare la tradizione dell’inumazione ha richiesto talvolta prese di posizione eroiche. I cristiani, sottoposti a violente persecuzioni durante i primi secoli della loro esistenza, dovettero difendersi contro la profanazione delle loro tombe e contro i costumi pagani consistenti nell’incenerire i corpi dei suppliziati. «La Chiesa scavò allora le catacombe ed impiegò tutti i mezzi possibili per recuperare e prendersi cura dei corpi dei martiri», spiega ancora Michel Johner. Nel corso dei secoli, la Chiesa cristiana avrebbe mantenuto questa posizione mediante un attaccamento all’inumazione come unica pratica funeraria.
Simbolica dei differenti riti funebri
Oggi i differenti riti funebri – l’Addio al Volto, la benedizione della salma, i riti dell’acqua e della luce – manifestano con forza il mistero cristiano. Laurence du Lac prosegue:
Proponiamo sempre alle famiglie la preghiera dell’Addio al Volto, prima della chiusura della bara. Ciò permette alle famiglie di vedere un’ultima volta il loro caro. Alcuni gli tracciano una croce sulla fronte, altri gli parlano cuore a cuore, e tutti trovano sollievo.
Quanto ai rituali della luce e dell’acqua, durante la cerimonia in chiesa, essi evocano con forza il battesimo del defunto: la sua sepoltura con Cristo e l’anticipazione della risurrezione. L’inumazione appare allora come il compimento della vita del defunto cristiano.
Ciononostante, p decreto del Sant’Uffizio, poi, l’8 maggio 1963 la Chiesa aprì le porte alla cremazione, una realtà divenuta meno infrequente tra i cattolici:
Non si tratta di una pratica intrinsecamente malvagia o, in sé, ostile alla religione cristiana – precisa il decreto.
Quando si opta per questa possibilità, noi la rispettiamo – spiega ancora l’assistente funeraria –, ma facciamo tutti i riti con la spoglia prima della sua cremazione.
In tal caso la Chiesa chiede espressamente che le ceneri non siano disperse in natura, per significare l’aspetto personale della risurrezione dei corpi ed evitare di rientrare in credenze di tipo new-are: «Papà è diventato un grande Albero nella Foresta»… L’urna contenente le ceneri del defunto sarà dunque deposta nella cappella, perché i vivi possano visitare i loro defunti al cimitero – che in certi centri abitati veniva posto addirittura al centro del villaggio, come un punto di passaggio tra la terra e il cielo.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]