Dopo la fase locale, il processo sinodale della Chiesa, avviato nell’ottobre 2021 e destinato a protrarsi fino all’ottobre 2024, entra in questi giorni in una seconda fase, detta “continentale”. Il Documento di lavoro per questa tappa (DEC), pubblicato il 27 ottobre 2022, precisa il calendario e gli assi portanti del cantiere, ricordando che si tratta di imparare a «camminare insieme» perché «ciascuno possa trovare il proprio posto» in seno alla Chiesa.
I prossimi appuntamenti del sinodo sono fissati: le sette assemblee continentali – di Europa, Africa, Medio Oriente, Asia, Oceania, Nordamerica e Sudamerica – dovranno redigere il loro documento finale, in una ventina di pagine, e inviarlo al segretariato del Sinodo entro il 31 marzo 2023.
Sulla base di questi documenti continentali, il segretariato redigerà l’Instrumentum laboris entro giugno 2023. Questo testo sarà la base delle assemblee della Chiesa universale, che avranno luogo a Roma in due momenti: dal 4 al 29 ottobre 2023 e poi nell’ottobre 2024, come ha annunciato il Papa all’Angelus del 16 ottobre.
Le tre domande poste ai cattolici
In concreto, le assemblee continentali devono rispondere a tre questioni così formulate:
Il documento richiama anche la “questione fondamentale” che anima tutto il Sinodo:
Una osmosi tra le Chiese locali e continentali
Per rispondere a queste tre domande, le assemblee continentali devono essere in dialogo con le Chiese locali. Così il DEC sarà mandato a tutti i vescovi diocesani, i quali sono invitati (con le loro équipes), ad «ascoltare le voci delle altre Chiese» e a «rispondervi sulla base delle [loro] proprie esperienze».
Ogni Conferenza Episcopale dovrà in seguito sintetizzare le riflessioni delle differenti diocesi sulle tre questioni, e tali conclusioni saranno trasmesse alla loro assemblea continentale. Quest’ultima, precisa il Segretariato per il Sinodo, deve essere “ecclesiale” e non soltanto “episcopale”. In altre parole, la sua composizione deve riflettere «la diversità del Popolo di Dio: vescovi, preti, diaconi, uomini e donne consacrati, laici e laiche».
Il documento continentale chiede di «prestare un’attenzione particolare a un’adeguata presenza dei giovani», ma anche «di persone che vivano in condizioni di povertà o di emarginazione», di «delegati fraterni di altre confessioni cristiane», di «rappresentanti di altre religioni» e «di persone senza affiliazione religiosa».
Di nuovo, all’uscita dalle assemblee continentali i vescovi sono invitati a incontrarsi al fine di «rileggere collegialmente» questa esperienza sinodale. Essendo «rispettosi del processo che ha avuto luogo» e fedeli «alle differenti voci espresse», precisa il testo.
Per tutti questi incontri, il Sinodo stabilisce il metodo «della conversazione spirituale», e ciò in tre fasi:
Uno stato permanente di missione
«Il nostro processo sinodale non è che un primo passo», si legge nel documento continentale. I redattori pensano di fatto a «un orizzonte di lungo termine», sul quale la Chiesa diventerà «meno una Chiesa di mantenimento e di preservazione» e più in «permanente stato di missione».
Col questo Sinodo, la Chiesa si situa «in apprendimento» ed è chiamata a «una conversione continua, individuale e comunitaria». Una conversione che riguarda anche il piano istituzionale e pastorale, concludono gli esperti: i cattolici, nel loro insieme, aspirano a «una riforma continua della Chiesa, delle sue strutture e del suo stile», nel solco dell’aggiornamento permanente predicato dal Concilio Vaticano II.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]