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Quando i nonni di papa Francesco erano giovani sposi

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Lucia Graziano - pubblicato il 20/10/22
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Si conobbero a Torino nel 1906 e vissero all’ombra della Mole Antonelliana per una dozzina d’anni, prima di trasferirsi ad Asti (dove infatti vivono ancor oggi molti dei parenti del papa). Quello di Rosa e Giuseppe Bergoglio fu un matrimonio felice ma non facile, segnato dalla guerra e da una tragica serie di lutti; ma l’amore tra i due non vacillò per un solo istante.

Nel centro storico di Torino, non lontano da piazza San Carlo, sorge la chiesa di Santa Teresa. Quel piccolo gioiello del barocco piemontese ha buone ragioni per attirare a sé la curiosità dei turisti: la facciata è stata decorata da architetti di grande fama, l’interno custodisce opere d’arte d’un certo pregio; insomma, è quel tipo di chiesa che merita senza dubbio d’esser visitata. Ma v’è un’altra ragione per cui, negli ultimi anni, la chiesa di santa Teresa è diventata meta di un “pellegrinaggio” ininterrotto di Torinesi e di turisti: tra quelle mura, all’inizio del Novecento, si giurarono amore eterno i nonni di papa Francesco.

Chi erano Giuseppe e Rosa Bergoglio?

“Ma come?”, potrebbe obiettare qualcuno: “ricordavo di aver letto che la famiglia è originaria di Portacomaro d’Asti?”.

Lo è, infatti; e anzi, è di queste ore la notizia per cui, il prossimo 19 novembre, papa Francesco visiterà la città di Asti per festeggiare il novantesimo compleanno di sua cugina: una parte della famiglia Bergoglio vive ancora nella cittadina piemontese.

Ma nel 1906, con l’intraprendenza dei suoi ventidue anni, Giovanni Angelo Bergoglio decise di lasciare la campagna astigiana per cercare fortuna a Torino, che già allora aveva il fascino di quelle grandi metropoli in cui è più facile trovar lavoro. 

Infatti, all’ombra della Mole Antonelliana, Giovanni trovò rapidamente un impiego: commesso e tuttofare in un negozio di tessuti. Sarà forse stato lì, da un capo all’altro del bancone, tra uno scampolo di stoffa e una passamaneria, che ebbe luogo il suo primo incontro con l’amore della sua vita?

Non possiamo saperlo; certo è che, dopo pochi mesi dal suo arrivo in città, Giovanni si fidanzò con una giovane sarta torinese. Si chiamava Rosa Margherita Vassallo, aveva la sua stessa età, e (significativamente) abitava non lontano dal negozio in cui lavorava il suo futuro sposo. 

Era nata a Piana Crixia, un minuscolo paesello abbarbicato su quel tratto di appennino che separa il Piemonte e la Liguria, ma si era trasferita a Torino quando aveva otto anni, ospite di una zia che le aveva offerto alloggio per permetterle di proseguire gli studi: nel piccolo villaggio montano da cui Rosa arrivava, non esisteva che una scuola di campagna che offriva solo le prime classi del ciclo elementare. 

E a Torino Rosa studiò, e poi trovò lavoro: ai tempi in cui conobbe il suo Giovanni, era una sarta sufficientemente abile da avere un discreto giro di clienti che le commissionavano di volta in volta i loro abiti su misura.  

I due innamorati si sposarono il 20 agosto 1907 in una semplice cerimonia nuziale officiata da don Rodolfo Zotto. E lo fecero appunto nella chiesa di Santa Teresa, la loro futura parrocchia: subito dopo il matrimonio, i due coniugi andarono a vivere al numero 12 dell’omonima via, in un palazzotto che sorge esattamente di fronte alla bella facciata barocca dell’edificio. Oggigiorno, l’edificio ospita una banca e numerosi uffici; ma fu proprio in quel palazzo del centro di Torino che, il 2 aprile 1908, nacque Mario Giuseppe Francesco: il padre del papa. 

Un matrimonio felice, ma non facile

Con comprensibile curiosità, gli storici torinesi si sono divertiti a cercare di scoprire qualcosa di più sugli anni in cui gli antenati del papa si trovarono a vivere all’ombra della Mole Antonelliana. Poche, le fonti a loro disposizione: perlopiù, gli archivi dell’anagrafe cittadina, che ci danno conto dei frequenti traslochi della famiglia. Poco tempo dopo la nascita del primogenito, la coppia si trasferì in una casa più grande vicina alla caffetteria in cui Giovanni aveva cominciato a lavorare nel frattempo.

Nel nuovo appartamento, ci sarebbe probabilmente stato lo spazio per aggiungere una nuova culla al piccolo lettino in cui dormiva il figlioletto Mario. Purtroppo, “carta canta” e i documenti dell’anagrafe cittadina consegnano ai posteri uno scenario così agghiacciante da essere difficilmente immaginabile. Tra il 1909 e il 1919, Giovanni e Rosa andarono incontro a una drammatica serie di serie di lutti neonatali, vedendo morire l’uno dopo l’altro, entro pochi giorni dalla nascita, gli altri sei figli che misero al mondo: una serie di tragedie così inspiegabile da aver fatto sospettare l’esistenza di una qualche patologia non diagnosticata, che finì col dare ai coniugi questa croce.  

Come se non bastasse, a questo dramma s’aggiunse la chiamata alle armi di Giovanni. Nel 1904, era stato dispensato dal servizio militare obbligatorio, per ragioni che non risultano ben chiarite: verrebbe istintivamente da pensare a una qualche patologia che suggerì ai medici militari di riformarlo, ma il certificato della sua visita di leva descrive un giovane in buona salute eccezion fatta per i «denti guasti». Forse un po’ poco, per scampare alla naja.

Quel che è certo è che anche i soldati col mal di denti diventano preziosi quando scoppia una guerra mondiale: il 2 luglio 1916, l’uomo fu chiamato alle armi e inviato al fronte.

Abbiamo poche informazioni su ciò che accadde in trincea; nemmeno la famiglia Bergoglio sembra aver conservato particolare memoria di quegli anni. Quel che è certo è che, durante la guerra, Giovanni e Rosa maturarono la decisione di abbandonare Torino e di trasferirsi ad Asti, più vicina alla famiglia paterna. Traslocarono nel 1918 e lì vissero fino al gennaio 1929, quando si imbarcarono per l’Argentina. Lo fecero, probabilmente, con la ragionevole convinzione di star andando incontro al loro perfetto American Dream: nella città di Paranà, alcuni parenti di Giovanni gestivano da qualche anno una piccola azienda che si occupava di pavimentazioni e che aveva un discreto giro d’affari.

Purtroppo, il 1929 non fu un grande anno per l’economia globale: l’azienda di famiglia non resse ai contraccolpi del tracollo di Wall Street e fallì un paio d’anni dopo, costringendo i coniugi Bergoglio a reinventarsi per l’ennesima volta, partendo da zero. E i due lo fecero di grado, tirandosi su le maniche e, probabilmente, cullandosi nella consapevolezza per cui non tutti i mali vengono per nuocere.

Qualche anno prima, negli ultimi mesi del 1928, un altro fastidioso imprevisto era arrivato a scombinare i loro piani. Fu papa Francesco a raccontarlo, nel 2017, in un’intervista concessa al giornale di strada Scarp de' tenis

«I miei nonni e mio papà avrebbero dovuto partire alla fine del 1928, avevano il biglietto per la nave ‘principessa Mafalda’, nave che affondò al largo delle coste del Brasile. Ma non riuscirono a vendere in tempo quello che possedevano e così cambiarono il biglietto e si imbarcarono sulla ‘Giulio Cesare’ il 1 febbraio del 1929. Per questo sono qui».

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