Una mamma e l'amore che si spende in ogni caso
Ancora non so come si possa chiamare questa cosa, senza scadere nel retorico o nell'idealizzazione che sembra adulare invece allontana l'altro: se sei un eroe, se diventi la mamma speciale diventi anche inaccessibile.
C'è questo ragazzino, uno dei tanti purtroppo, che mentre viveva la propria vita di bambino e si avviava deciso verso l'adolescenza, è stato colpito da un tumore osseo. Lorenzo aveva solo dieci anni quando, insolitamente, dopo aver giocato un'ampia quota di partita di basket facendo punti a go-go, chiese di uscire dal campo.
La solitudine della malattia si deve poter curare
Sappiamo queste notizie perché la mamma, ora, dopo quattro anni di terapie, isolamento spesso necessario, altre indotto dal dolore e dallo stato d'animo che quello si tira dietro, ha scritto a la Repubblica per chiedere aiuto.
Non una raccolta fondi per tentare terapie inedite, non per chiedere giustizia per episodi di malasanità, non per imporci il suo dolore. Tutte cose che avrebbero in caso la loro legittimità e richiederebbero compassione vera. Ma non è il suo caso.
L'ha fatto perché, mentre continuano a fare quel che bisogna, fidandosi di medici e operatori, mentre sostengono come possono loro figlio, sanno di avere bisogno di altro, di altri, di una fetta di mondo perché Lorenzo non sia escluso dalla vita più di quanto già la condizione non esiga. Da soli non ce la fanno; nessun genitore, nemmeno di figli sani, sa e può riempire le giornate, la mente, il desiderio di felicità che un figlio reclama, che addirittura diventa.
Questa intelligenza e determinazione di chiedere ciò che può servire a un figlio alle condizioni in cui si trova, pur nel dolore che sembra volerla abbattere e non riesce a farlo, è quella cosa che vorrei celebrare senza sentimentalismi e fuochi d'artificio che stupiscono e spariscono senza lasciare traccia.
Lei è Francesca Ferri, suo figlio si chiama Lorenzo. Abita a Castel San Pietro Terme e fra poco compirà quattordici anni (il 10 di Novembre: bisognerà fargli gli auguri), è iscritto al liceo scientifico, una sede distaccata del Malpighi di Bologna; ma più distaccato ancora, per forza di cose è stato ed è lui. Non può frequentare a causa della recidiva del sarcoma di Ewing da cui è affetto. E dunque che cosa chiede se le condizioni che la malattia e la sua cura impongono sono comprese e condivise?
Che non sia solo, che non si senta abbandonato, che qualcuno copra in modo creativo la distanza che il tumore ha segnato tra Lorenzo e il mondo, la vita, le cose che comunque si ostinano ad essere belle.
La vita va avanti, ma può anche rallentare e mettersi al passo con chi soffre
Capisce persino, e li scusa, i ragazzi che si sono allontanati da lui, senza cattiveria, per via della vita che fa il suo mestiere e va avanti. Però non ha paura di chiedere: scrivetegli, aprite finestre, fateci entrare il mondo.
Rimane uno spazio risicato, il dolore è intenso e quasi totalizzante ma gli resta un che di ottuso, la vita, se vuole riesce a passare da piccole fessure. Ed è da quelle che la mamma chiede che gli altri, che l'altro e il mondo, l'amicizia, il sentirsi comunque insieme passino. Per posta, come si faceva una volta.
Scriviamogli lettere
Una vita intensa che sembra ora monopolio del dolore
Prima suonava la batteria, giocava a basket, era uno scout. Il dolore opprime, sequestra, se non è troppo forte addirittura riesce ad interrogarti. Ma a rispondere, chi ci pensa?
Siamo cristiani per questo, i più afasici in merito, ma i soli che possono misteriosamente abitarlo sapendo che non è vano. Senza spiegarlo, che è tutto un groviglio di nodi e spiegazzamenti. Ogni volta che mi imbatto in storie di dolore e di più in quello dei bambini mi viene in mente Padre Pio, per il quale, confesso, non ho particolare trasporto o sintonia, spero che non se la prenda.
Lui, il santo a noi contemporaneo che si è cristificato a vista d'occhio durante la sua esistenza; lui che pativa su di sé il privilegio di molti dolori di Gesù, che sapeva cosa significava la Passione, ha voluto un ospedale d'eccellenza, ma che fosse prima di tutto luogo accogliente e di sollievo.
Il dolore non si chiede, non lo si ama in sé stesso, lo si attraversa con pazienza- se Dio ce ne dà - perché salva, perché è diventato l'opposto di ciò per cui ci è arrivato in dote.
Tutte le cose sono nuove, in Cristo
E' il sacrificio che Cristo ha fatto nuovo, nessun pagamento impossibile, nessun dazio per il dio insaziabile, basta sangue, dopo che l'innocente vero l'ha saputo versare.
Possiamo unirci a Lui, accettare in sua compagnia che la nostra bellezza venga nascosta e differita e intanto maturi. Nel frattempo però abbiamo il dovere di soccorrerci, consolarci, sollevarci, provare a guarire chi soffre. Nel corpo di sicuro e ancor più perentoriamente nella sofferenza dello spirito.
Lorenzo è poco più che un bambino, i medici che lo hanno in cura sono eccellenti professionisti e non solo, se la mamma li chiama angeli. Che razza di angeli maneggia siringhe e bisturi, medicine amarissime e nomi impronunciabili? Quelli che si fanno poche fisime, conoscono e rispettano i corpi, si danno da fare per rimetterli in carreggiata proprio perché li riconoscono in capo a un'anima.
Rilanciamo il suo appello che facciamo nostro
Accogliamo anche noi, dunque, l'appello di mamma Francesca e portiamo Lorenzo, la sua famiglia e tutti i medici nelle nostre intenzioni di preghiera.
Quella solarità che ricorda e rimpiange non è andata perduta per sempre; comunque proceda la sua storia clinica, cominciata con la diagnosi, sfociata in cure, due trapianti, quattro interventi che la mamma non vuole chiamare lotta ma un'interazione con il sarcoma, Lorenzo ha una vita degnissima, piena di tutte le esigenze che tengono vivo il cuore di ogni uomo.
Ha bisogno di relazioni, di amicizia, di contatto con gli altri, di sentirsi, come è in modo addirittura più intenso che per altri, parte del mondo e della società umana. Soffrire e percepirsi escluso è un fardello che proprio non possiamo lasciargli.
Ragazzi, scrivete lettere a Lorenzo, ci guadagnerete anche voi
Una lettera, dunque, un disegno, delle fotografie: qualcosa che gli dica la verità, cioè che lui è prezioso e che tutto ciò che esiste è per lui.
Sogna di diventare oncologo pediatrico "e mi creda, è davvero bravo. Vuole essere come il dottor Thomas che è il suo angelo custode al Sant'Orsola".