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Di ritorno dalla missione, il loro zelo missionario continua a crescere 

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Mathilde De Robien - pubblicato il 18/10/22
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In una vita la missione non è una parentesi ermetica, né un tempo a parte: c’è un dopo. Accesi dal fuoco missionario e desiderosi di alimentarlo al loro ritorno in Francia, dei volontari testimoniano della maniera in cui sono rimasti missionari… anche dopo la missione.

Partendo, non sapevano che la loro esperienza missionaria in capo al mondo avrebbe cambiato la loro vita nel lungo termine. 

Certo, che sarebbero tornati scombussolati da quei due anni seguiti al salto nell’ignoto per mettersi al servizio dei più poveri… se lo aspettavano. Però non immaginavano che al ritorno non avrebbero più saputo vivere senza la gioia legata al dono di sé. Ecco perché appena rientrati hanno deciso di proseguire la missione… in Francia. 

Mettere il servizio al cuore della vita 

Stanislas e Marine, 32 anni, sono partiti per Lesotho, con Fidesco, dal 2019 al 2021 – con i loro bambini, che all’epoca avevano 4 e 2 anni. Medico generalista lui, ostetrica lei, hanno esercitato le loro professioni a Thaba-Tseka, una cittadina di 5mila abitanti situata ai piedi delle montagne dell’Africa australe, quella che accoglie l’unico ospedale della regione gestito dalle suore della Carità di Ottawa. 

In capo a un anno di missione temevano di dover tornare prematuramente per via della pandemia da Covid, e si sono chiesti come mettersi al servizio degli altri una volta tornati in Francia: «Eravamo chiamati a rientrare – confidano ad Aleteia –, ma anche a continuare a mettere il servizio al cuore della nostra vita e della nostra famiglia». Invece di riprendere il corso “normale” della loro vita “di prima”, a Bordeaux, si sono installati ad Angers, e si sono fatti carico della gestione di una delle case Lazare. Da sei mesi, Stanislas, Marine e i loro (adesso tre) bambini condividono la quotidianità di una quindicina di colocatari, giovani professionisti e persone in grande precarietà. 

«La mia vita deve essere missionaria» 

Continuare ad essere missionari, quale che sia il luogo, è il grande desiderio anche di Jean-Baptiste. Dopo aver incontrato Cristo grazie a un collega, all’età di 23 anni, ha deciso di abbandonarsi pienamente nelle mani del Signore: «Mostrami la via per essere felice», gli ha chiesto. E così ha avviato un discernimento per partire con Fidesco – un passo che lo avrebbe condotto fin nello Zambia, tra il 2014 e il 2016, come direttore di un centro di formazione tecnica per giovani. Aveva appena preso la sua laurea magistrale in gestione d’impresa… e si è ritrovato alla testa di un istituto scolastico da 100 alunni tra i 18 e i 30 anni, più dieci dipendenti. Una radicale esperienza di abbandono: 

Sei mesi prima del suo ritorno in Francia, Jean-Baptiste desidera far conoscere Cristo. Nello Zambia la maggior parte della popolazione è protestante e praticante, e vedere questo è equivalso a una chiamata, per Jean-Baptiste: «La mia vita deve essere missionaria», si è detto. Al ritorno ha passato un anno con Cap Missio, a Montpellier, e si è formato all’evangelizzazione. Di ritorno a Parigi, è stato assunto in un ufficio di coaching & counseling come capo-progetto. In parallelo, moltiplica gli impegni per rendere testimonianza e prosegue le missioni di evangelizzazione. In coordinamento con delle parrocchie organizza veglie di preghiera, racconta la propria storia nelle cappellanie e nei licei, partecipa al Festival d’Anuncio… 

«Va’, rendi felici gli altri e conoscerai la gioia» 

Questo motto di Fidesco – «Va’, rendi felici gli altri e conoscerai la gioia» – Jean-Baptiste l’ha fatto proprio, dal momento che l’ha sperimentato (prima nello Zambia, poi al proprio ritorno, attraverso i differenti impegni missionari): 

È la stessa gioia che Stanislas e Marine cercano di trasmettere ai loro figli col prendersi carico di una casa Lazare. Un’avventura famigliare che ha il sapore del servizio e dell’amore fraterno. C’è poi la gioia di appartenere a una comunità particolarmente unita. Un piccolo aneddoto (che la dice lunga): a scuola, la figlia di Stanislas e Marine (4 anni) chiede agli amichetti: «Io vivo con 15 persone, e tu?». 

Un cammino che esige che ci si metta in ascolto dello Spirito Santo per discernere la chiamata di ciascuno: 

Le barriere sono il lavoro, gli stipendi, le scuole, i beni mobili e immobili dai quali può essere difficile staccarsi, ma che alla fine pesano poco rispetto alla felicità che il Signore promette: 

In partenariato con Fidesco

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio] 

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