«In nome di Dio vi chiedo». Papa Francesco si rivolge all’umanità con 10 suppliche che riprendono le preoccupazioni del suo pontificato: è un libro che esce in italiano oggi, 18 ottobre (per le edizioni Piemme). L’opera ripercorre le tematiche care al pontefice argentino, dalla “tolleranza zero” sugli abusi alla condanna della violenza nel nome di Dio, passando per il destino dei migranti, il ruolo delle donne o ancora il diritto alla salute.
Il capo visibile della Chiesa cattolica vi si esprime in tono personale, in un testo redatto in spagnolo dal giornalista argentino Hernán Reyes Alcaide, a partire da conversazioni personali, avvenute sia telefonicamente sia via mail. Nel dipanarsi delle pagine, il Papa cita diversi autori (G.K. Chesterton, Virgilio, Dante, Dostoevskij…) e rende omaggio a una religiosa francese che vive a Ostia, Geneviève Jeanningros, che
Nella prefazione, il Papa spiega che intrattiene con Dio «una relazione come quella di qualsiasi uomo, molto umana» (p. 7). Alle volte, dice il Papa, «non lo capisco, ha il suo modo di agire» (p. 8), e il Pontefice confessa di essere ben lungi da “vertici mistici”, in questo dialogo «talvolta senza parole».
Allorché l’umanità vive un momento fondamentale con la guerra in Ucraina, e che il mondo si trasforma per alcuni in un luogo pericoloso, «non possiamo starcene a braccia conserte» (p. 9), così il Papa esorta a impegnarsi per «diventare il cambiamento che vorremmo vedere». Egli invita in particolare a smascherare le contraddizioni, citando quanti si lamentano della «scarsità di risorse negli ospedali» da una parte eppure praticando «l’evasione fiscale» dall’altra.
La riparazione degli abusi «non sarà mai sufficiente»
Auspicando fin dal primo capitolo «che la cultura degli abusi venga estirpata dalla Chiesa», il capo visibile della Chiesa cattolica chiede perdono, riconosce che «tutti noi abbiamo peccato gravemente». Ogni riparazione del male commesso in seno alla Chiesa «non sarà mai sufficiente», «a fronte del poco che abbiamo fatto in passato», e ammette che anche un solo caso di abusi «è già di per sé una realtà mostruosa», un «crimine atroce».
Uno degli «errori più gravi» è stato quello di non prendere in considerazione i racconti delle vittime, ritiene il Vescovo di Roma, il quale chiede ormai di non scartare più neanche le denunce anonime, e che chiede la destituzione dei vescovi negligenti. Il Pontefice difende anche la presunzione d’innocenza fino a che la Giustizia non arrivi a sentenza.
Il peccato contro l’ecologia nel catechismo
Secondo appello dell’autore dell’enciclica Laudato si’: la protezione dell’ambiente, perché «non c’è un pianeta B», scandisce rievocando il titolo di un best-seller (There’s no Planet B). Fustigando l’«ingordigia di risorse naturali» (p. 25), ma anche la sentenza a «perdersi in chiacchiere» a livello internazionale, il Papa ripete che «il momento di agire è oggi, non domani».
«Dovremo fare il passo di introdurre nel Catechismo il peccato contro l’ecologia» (p. 30), afferma il Pontefice. E ingiunge ai governi di adottare misure che limitino l’aumento della temperatura media mondiale. Loda inoltre la creatività e la resilienza dei giovani, che non avevano «né i loro nonni, la mia generazione, né i loro genitori».
Una diretta TikTok non sostituisce la messa
I limiti della Terra di cui parla il Vangelo sono «ora anche digitali», scrive Francesco, che incoraggia la presenza della Chiesa nel web, senza tuttavia «rimpiazzare la nostra messa con una diretta su TikTok o fare meme dei nostri martiri per diffonderli in rete» (p. 45). I likes non possono «sostituire il contatto umano» (p. 43), accenna nel terzo capitolo.
Il Papa chiede in nome di Dio «una comunicazione che combatta le fake news ed eviti i discorsi di odio» (p. 35). In tal senso, egli punta il dito contro i troll anonimi in rete, gli utenti-fantasma che operano per influenzare e manovrare l’opinione pubblica. Egli consiglia ai media, «il quarto potere», di rivedere la loro indipendenza quanto ad azionisti ed eventuali conflitti di interessi, e si preoccupa delle guerre giuridiche (lawfare) che puntano a screditare gli oppositori.
Invocando «il diritto di cambiare, la riparazione e la conversione», egli si oppone al «pensiero unico» che vorrebbe negare o riscrivere la storia, pretendendo di «giudicare gli eventi del passato “con il giornale del lunedì in mano”, come si dice in alcuni paesi» (p. 41).
Guerra giusta, riforma dell’Onu, migranti, donne
Nei capitoli seguenti, papa Francesco si rivolge ai politici. Certamente non sono «dei superuomini», ma sono invitati a non cadere nella corruzione. Il Papa si spinge oltre, suggerendo che, quantunque non sia «illegale che un essere umano si senta attratto dal denaro, dai viaggi in prima classe e dalle cariche», un politico dovrebbe «condurre la vita di ogni giorno con sobrietà e austerità» (p. 57).
Elevandosi contro la follia della guerra, che in nessuna occasione può «essere considerata giusta», egli denuncia ancora una volta la spesa mondiale in armamenti, e la «crescente facilità» con la quale ci si possono procurare armi personali di piccolo calibro: «Con la guerra ci sono milioni di persone che perdono tutto, ma anche pochi che guadagnano milioni» (p. 63). E il pontefice argentino invita l’ONU alla riforma.
«Non vi ho mai dimenticati», dice il Papa ai migranti e ai rifugiati in un capitolo a parte. Egli ritiene che sulla coscienza dei paesi sviluppati «dovrebbe pesare ogni vita perduta di un fratello o di una sorella che attraversa il deserto, l’oceano o un territorio pieno di pericolo» (p. 77).
In un capitolo sulla partecipazione delle donne nella società, egli auspica che la crescita professionale e la maternità non siano «progetti incompatibili» per una donna. Egli fa memoria di «tutte le donne assassinate per il semplice fatto di essere donne» oppure considerate «cittadine di seconda classe». «Il nostro mondo ha bisogno di più dirigenti donne», afferma il Papa, precisando però che nella Chiesa non si dovrebbero confondere “ruolo” e “carica”.
Un sistema economico “malato”
In un sistema economico “malato” e “non sostenibile”, che «uccide ed esclude», il 266º papa smonta la teoria delle ricadute dei guadagni dei più ricchi, dei quali i poveri dovrebbero ricevere “le gocce”:
E prosegue lanciando un appello per i paesi poveri asfissiati dal debito pubblico, e per i piccoli agricoltori, in difficoltà mentre le popolazioni si concentrano sempre più nelle città. Torna pure a dirsi favorevole a un reddito universale di base.
Dedicando poi un capitolo al «diritto alla salute per tutti», il Papa prende risolutamente la parte dei vaccini contro il Coronavirus, che secondo lui dovrebbero essere considerati «un bene comune dell’umanità». Egli rimprovera agli obiettori del vaccino «un’approssimazione egoistica e priva di empatia per la situazione di molti» (p. 112).
Mentre poi molti paesi, tra cui la Francia, si adoperano per la legalizzazione dell’eutanasia, il successore di Pietro invita a non confondere l’accompagnamento della persona morente con «pratiche inaccettabili che conducono a uccidere. Dobbiamo accompagnare a morire, ma non ci è lecito provocare la morte o aiutare qualsiasi forma di suicidio» (p. 117).
Essere più Abele e meno Caino
Infine, nell’ultimo capitolo papa Francesco invita le religioni ad unirsi
Nessuno può pensare di farsi scudo del nome di Dio quando progetta e compie atti di violenza e di abuso, dice il Papa, perché «la violenza nel nome di Dio è un tradimento della religione» (p. 131).
Il Papa deplora il fatto che
Insomma, «l’epoca attuale ci chiede di essere più Abele e meno Caino» (p. 130). Su tutti i temi toccati nel libro, non esistono «formule magiche» – si difende Francesco nell’epilogo, e tuttavia certi «atteggiamenti verso la vita» (p. 138) possono aiutare. Ad esempio, «chi non ha speranza non va da nessuna parte» (p. 139), perché «diversamente dall’ottimismo, la speranza non tradisce mai» (p. 138).
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]