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ESCLUSIVO – Parla Antonia Salzano: «Il segreto di mio figlio, Carlo Acutis» 

Antonia Salzano

Carlo Acutis neonato in braccio alla madre Antonia Salzano.

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Aline Iaschine - pubblicato il 12/10/22
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Intervista esclusiva con la madre del giovane che si festeggia il 12 ottobre, beatificato nel 2020: ci indica la strada (forse non così difficile) verso Dio.

In occasione dell’uscita in Francia del libro Il segreto di mio figlio, proprio oggi, giorno della sua memoria liturgica, la madre del giovane Carlo Acutis, Antonia Salzano, si è confidata con Aleteia. E ha reso testimonianza della «straordinaria vita ordinaria» del figlio, che nutriva un amore ineffabile per Gesù Eucaristia. 

Una fonte di ispirazione per i giovani e per i meno giovani, spesso citato come modello da seguire dal Papa stesso. 

Aline Iaschine: Antonia, lei è la madre del beato Carlo Acutis. Ci dica qual è il suo segreto: come ha fatto per tirare su un santo? 

Antonia Salzano: Personalmente, non ho fatto niente – ho solo dato a mio figlio le basi educative che tutti i genitori dovrebbero dare. Carlo è andato all’asilo e lì ha ricevuto un’educazione religiosa. L’ho fatto battezzare, ma io sono nata in una famiglia laica. Mio padre era editore, sempre circondato da scrittori, e in quell’ambiente non avevo sentito mai parlare, assolutamente, della fede. La mia prima messa era stata quella della mia prima comunione; la seconda quella della cresima e la terza quella del mio matrimonio. 

Dico questo per sottolineare che è stato mio figlio Carlo a insegnarmi tutto. Già da bambino dava prova di grande pietà: all’età di tre anni, quando si passava davanti a una chiesa voleva entrare, salutare il Crocifisso e Gesù nel tabernacolo, portare fiorellini alla Madonna. A quattro anni e mezzo leggeva la Bibbia, le vite dei santi e recitava il rosario. Se per santa Teresa di Lisieux i genitori erano stati dei grandi educatori, nel caso di Carlo i ruoli erano rovesciati: è stato lui il mio piccolo salvatore, e soprattutto è stato il mio grande educatore nella fede. 

A. I.: Che cosa rendeva Carlo differente dai suoi coetanei? 

A. S.: Come ha detto Giovanni Paolo II, quando apriamo le porte a Cristo la nostra vita cambia. Ogni vita ordinaria diventa straordinaria, se viene vissuta in Cristo, per Cristo e con Cristo. È questo che Carlo ha fatto. E facendo così in ogni cosa, dalla più piccola alle più grandi – aiutare in casa, aiutare i bambini vittima di bullismo o i portatori di handicap in difficoltà, o ancora i senzatetto, portando loro coperte e cibo… –; e poi il suo impegno si è svolto soprattutto nell’apostolato. 

A nove anni leggeva manuali di ingegneria informatica che aveva comprato al Politecnico di Milano. Imparava gli algoritmi con cui erano realizzati i programmi… e poi i siti internet per le parrocchie, i gesuiti, il Vaticano… Non faceva nulla per la propria gloria personale, ma tutto per la gloria del Cielo. E per questo spendeva ore e ore. D’estate, invece di divertirsi restava davanti al computer fino alle 3 del mattino. Voleva diffondere la Buona Notizia, l’Evangelo, ed ha utilizzato le sue straordinarie competenze per proclamare Cristo e aiutare gli altri ad avvicinarsi a Dio. 

A. I.: Carlo ha anche realizzato delle mostre su diversi temi della fede cristiana, in particolare un’esposizione sui miracoli eucaristici che ha avuto un enorme successo. Come è nato questo progetto, e quali ne sono i frutti? 

A. S.: L’allestimento sui miracoli eucaristici sta facendo il giro del mondo, in tutti i continenti. Negli Stati Uniti è stato esposto in più di 10mila parrocchie. Poi a Singapore, in Cina, in Giappone, in Africa, in India… è una esposizione internazionale. Carlo aveva cominciato a raccogliere del materiale nel 2000, quando aveva nove anni. Eravamo andati in pellegrinaggio a Lanciano e lui era rimasto molto impressionato da quel miracolo eucaristico. Donde gli è venuta l’idea di fare qualcosa che potesse scuotere le coscienze, farle uscire dal torpore, dalla tiepidezza – perché non c’è più la consapevolezza che Cristo è realmente presente nel pane e nel vino consacrati: vede che davanti ai tabernacoli non c’è mai nessuno. 

È così che nacque l’idea della mostra che ora gira il mondo, fin da subito dopo la sua morte. Carlo ha avuto da subito fama di santo canonizzato perché la gente sapeva che era stato un giovane dalla vita coerente col credo professato. Perché i santi attraggono? Perché Cristo si nasconde in loro: sono portatori di Cristo. Carlo diceva sempre che bisogna “eucaristizzarsi”, perché così si diventa contagiosi di Cristo. «Essere sempre uniti a Gesù – diceva –: ecco il mio programma di vita». 

A. I.: Nel suo libro Il segreto di mio figlio, lei dice di aver avuto l’intuizione che suo figlio avrebbe lasciato la terra prematuramente. Il Signore vi aveva preparati a questa prova? 

A. S.: Sì, avevo avuto questo presentimento interiore davanti alla reliquia del velo della Vergine, nella vostra bella cattedrale di Chartres. Un posto speciale pieno di grande spiritualità, perché è un posto dove le persone pregano da secoli. Anche Carlo, che era tanto vicino a Gesù, non se ne rendeva conto ma ci diceva delle cose che col senno di poi abbiamo capito. Ad esempio, fin dalla sua infanzia diceva che sarebbe rimasto sempre giovane e che sarebbe morto per via di una vena rotta nel cervello (è quel che è capitato con la leucemia). Ha pure detto che quando fosse arrivato a pesare 70 kg sarebbe morto. Ed è accaduto. Quando è stata diagnosticata la leucemia, è arrivato in ospedale e ha detto: «Da qui non esco vivo, Mamma, sappilo, ma ti darò molti segni». Era molto sereno, sempre col sorriso, non si lamentava mai. Se gli si chiedeva “soffri?”, rispondeva: «C’è chi soffre più di me». Ha dato un esempio di morte santa. Ho compreso che non potevo lamentarmi, che era la volontà suprema di Dio: Carlo era maturo e pronto per il Cielo. È stato un ragazzo dalla vita perfetta e retta, di una purezza straordinaria, di una generosità, di una bontà… Non abbiamo mai avuto il minimo dubbio che fosse già in Cielo. 

A. I.: Quando suo figlio è stato esumato il suo corpo è stato trovato incorrotto. Oggi si trova ad Assisi, nel Santuario della Spoliazione, mentre il cuore è stato posto in un reliquiario nella Basilica di San Francesco. Esistono delle reliquie di suo figlio che si possono venerare in Francia? 

A. S.: Effettivamente, Carlo è stato trovato intatto, l’hanno potuto vestire. Gli organi erano intatti, come infatti il cuore, che è stato portato in processione ad Assisi durante la beatificazione di Carlo. Le reliquie sono utili perché i santi che hanno molti meriti in Cielo possono intercedere perché il Signore accordi dei miracoli. Non dimentichiamo mai che tutto questo è opera del Signore. Quando le persone entrano in contatto con queste reliquie, o quando queste vengono esposte o portate in processione, avvengono guarigioni e liberazioni. Fanno un gran bene e non è una novità. 

La Chiesa, infatti, ha sempre venerato le reliquie dei santi, fin dai primi secoli dell’era cristiana: non è questo il primo caso, e anzi stiamo solo proseguendo la tradizione della Chiesa. C’è una reliquia di Carlo che sarà esposta in Francia, in una scuola dei Foyers de Charité [nella Drôme], vicino ai giovani. Carlo aveva letto molti libri su Marthe Robin, l’ammirava molto. Ci sono tante persone che pregano, attorno ai Foyers de Charité, molte famiglie che si riuniscono, pregano e desiderano diffondere l’Evangelo. Sono certamente meritevoli, perché sono persone che si dedicano al Signore. 

A. I.: Carlo Acutis è stato beatificato il 10 ottobre 2020. Pensa che suo figlio sarà presto canonizzato? Che cosa serve per questo? 

A. S.: Lo speriamo. Per la canonizzazione, serve un altro miracolo riconosciuto dalla commissione medica. Siamo ottimisti perché ne vediamo continuamente: ogni manciata di giorni riceviamo notizie a proposito di possibili miracoli – guarigioni dal cancro, persone malformate guarite senza operazione, sterilità superate… La Chiesa vedrà e giudicherà secondo i suoi tempi. Va detto che non li proponiamo tutti insieme, ma uno ogni tanto, e ci vuole tempo per analizzarli. A seconda del tipo di miracolo, tutti i medici devono essere d’accordo – come è stato per il miracolo di beatificazione. La cosa passa poi alla commissione teologica, poi a quella cardinalizia. Ecco l’iter. E alla fine l’ultima parola spetta al Papa. 

A. I.: Carlo era un giovane controcorrente. Viviamo in un mondo in cui è difficile seguire Dio senza riserve. Che consiglio potrebbe dare suo figlio ai giovani di oggi? 

A. S.: Sicuramente li inviterebbe a diventare influencer di Dio e non del nulla. Le cose della terra passano e non esisteranno più. Quel che resterà è quanto avremo amato Dio al di sopra di tutto e il nostro prossimo come noi stessi. Gesù dice a ciascuno di noi: «Andate in tutto il mondo e proclamate l’Evangelo». Ci chiama tutti ad essere apostoli, quale che sia il nostro stato di vita. Allora anzitutto rispondiamo alla chiamata e diventiamo portatori di Cristo. Ai giovani dico: non banalizzate la vostra vita, siate sempre connessi al Cielo, e per connettervisi bisogna pregare. Se preghiamo, Dio ci guida e siamo più docili alle sue ispirazioni, per proseguire dritti sulla retta via. 

E sì, Carlo era un giovane della vostra generazione: ha vissuto quello che vivete voi, tra i medesimi pericoli, tra gioie e dolori. Ha saputo resistere e vincere la propria lotta. Vincete anche voi la vostra! Sappiate che Gesù è un grande amico e che i sacramenti sono mezzi potenti. Approfittate di questa grande opportunità! 

A. I.: Antonia, vorrebbe concludere con una preghiera per tutti i lettori di Aleteia nel mondo, per intercessione di suo figlio, il beato Carlo Acutis? 

A. S.: Come diceva Carlo: «Non io, ma Dio; non il mio amor proprio, ma la Gloria di Dio». Signore, sia sempre fatta la Tua volontà. Non dimentichiamo mai di chiedere aiuto alla Tua santa Madre: sia sempre per noi un rifugio sicuro! [Soprattutto voi, in Francia, non dimenticate la Vergine! Avete Lourdes, Pontmain, La Salette, Le Laus]: non dimenticate il suo appello a pregare il Rosario ogni giorno. È un mezzo molto potente al quale la Santissima Trinità ha conferito grazia straordinaria. Allora approfittiamone e seguiamo i consigli che portano al Cielo. Non dimentichiamo di andare all’adorazione eucaristica e alla Santa Messa quotidiana; e se non è possibile questo, cerchiamo la grazia di andarci più spesso. Ecco quel che dobbiamo chiedere al Signore: soprattutto grazie spirituali per guarire le nostre anime ed essere pronti ad andare direttamente in Cielo. È questo che chiedo per tutti i lettori di Aleteia. Carlo, prega per noi [e per la Francia che tu amavi tanto!]. 

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio] 

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