"La rivoluzione dolce della transizione ecologica" di Gaël Giraud (Libreria Editrice Vaticana, pp. 236 euro 16, in libreria dal 4 ottobre) è il libro-manifesto per affrontare la crisi ecologica e ambientale, e delineare una risposta alla crisi energetica. L’autore, economista, matematico e teologo, è una delle voci più interessanti del panorama economico attuale e sulle questioni ambientali.
Direttore del Programma per la giustizia ambientale della Georgetown University, a Washington, sacerdote gesuita, nel suo nuovo libro Giraud procede ad una critica serrata sul modo in cui viene insegnata l’economia, avanzando al contempo alcune proposte concrete per affrontare l’emergenza climatica.
Economia “obsoleta”
Secondo Giraud, la scienza economica neoclassica non tiene conto del concetto di complessità, del fattore-energia, della questione-moneta. Essa non considera il fatto che l’energia diventa centrale nell’elaborazione di un ragionamento economico, perché le fonti di energia non sono infinite.
La moneta, scrive Giraud, non è neutra rispetto agli stessi mercati finanziari. «All’interno di questo modello è impossibile immaginare che, oggi, i mercati delle attività finanziarie derivate rappresentino 12 volte il Pil di tutto il pianeta Terra; e che solo il 7% delle transazioni che avvengono su questi mercati coinvolga un attore economico della sfera reale».
Il concetto di Pil è fuori dal tempo
Giraud contesta la sacralità del Pil come indice da cui far discendere ogni ragionamento economico. Il Prodotto Interno Lordo è un parametro obsoleto, perché non tiene conto di altri fattori. «Il Pil è incentrato sulla produzione e il consumo di merci e denaro, mentre la ricchezza della vita sociale non si riduce affatto a questi valori – annota Giraud –. Il Pil ignora le disuguaglianze sociali, segue una logica di media. Il Pil non tiene conto degli effetti nocivi provocati dal produttivismo (e dal diktat di una resa azionaria superiore al 15% annuo) e dalla “deregulation” (la flessibilità come unica politica di lotta contro la disoccupazione) sulla vita sociale e sull’ambiente. È un indice indifferente alla messa in questione dei beni comuni vitali (acqua, aria, terra, riscaldamento globale, ecosistemi…), alla violazione dei diritti fondamentali e all’aumento del disagio del lavoro salariato».
La denuncia sull’insider trading
Giraud critica la finanza senza regole che domina i mercati. L’esempio è singolare: oggi le banche spostano i loro mega-computer nei seminterrati dei loro palazzi, sperando di guadagnare qualche secondo sui concorrenti nel reperimento delle informazioni informatiche.
Afferma Giraud: «Oggi esiste un commercio di dati venduti pochi secondi prima di essere diffusi pubblicamente. Così Reuters ha comprato per un milione di dollari all’anno dall’Università del Michigan il diritto di trasmettere ad alcuni clienti l’indice di fiducia dei consumatori (calcolato da quell’ateneo) due secondi prima della sua diffusione ufficiale. L’insider trading è diventato un’industria legale. Come fa notare Paul Krugman molti anni dopo Paul Samuelson (entrambi Nobel per l’economia), le somme investite per l’acquisizione di un’informazione due secondi prima del resto del mondo non possono risultare socialmente utili in quanto produttrici di una qualsiasi ricchezza aggiuntiva».
I bilanci delle banche e i “bruni”
L'economista Giraud non si ferma alla critica ma avanza anche alcune proposte fattive, sottolineando il ruolo importante che le banche e la finanza in generale possono rivestire nella transizione ecologica ed energetica.
Ad oggi i bilanci delle banche sono «pieni» di derivati «bruni» cioè collegati alle energie fossili. Per questo motivo gli istituti di credito non spingono per la transizione ecologica. Perché, se questa venisse decisa (scelta ineludibile, per Giraud), le banche si ritroverebbero con bilanci praticamente azzerati: «Per un euro prestato sui mercati finanziari in favore delle energie rinnovabili, le banche francesi ne hanno concessi otto a quelle fossili. Chi potrebbe credere che questa strana selezione di clienti nel settore energetico da parte delle nostre banche sia il frutto di una concorrenza leale?».
Una rinascita solo “green”
La transizione ecologica può permettere la reindustrializzazione verde dell’Europa, proprio in un continente dove l’industrializzazione è ferma anzi in regressione. Alcune scelte concrete, come l’idrogeno, il solare ecc …, possono determinare la rinascita industriale del continente, secondo una filosofia nettamente green.
Una nuova società più giusta ed equa
Infine, l'economista Giraud sostiene con forza la prospettiva di guardare al mondo dei beni comuni. Non considerando il pianeta come un insieme di beni privati (aria, acqua, suolo, risorse naturali, ma anche salute globale, perfino il corpo umano) può favorire lo sviluppo di una società più giusta, più sostenibile e capace di futuro.