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Come si cura una grave ferita nella Chiesa? Il Papa e l’esempio del Cile

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 30/09/22
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Accusare se stessi; mostrare un atteggiamento paterno verso i suoi fratelli; collocarsi nel seno del Popolo fedele di Dio come luogo teologico sano: le tre mosse per risanare abusi ed errori commessi dalla Chiesa

Papa Francesco ci dice come curare una dolorosa ferita nella Chiesa, che da molto tempo sta sanguinando: lo scandalo degli abusi che, in particolare modo, ha colpito la società e la Chiesa del Cile. Nel Paese sudamericano l’intera conferenza episcopale si è dimessa. E la Chiesa è ripartita da un vero e proprio anno zero. 

Le quattro lettere del Papa ai vescovi cileni

Nel volume “Lettere della tribolazione” (Ancora editrice), il teologo gesuita Diego Fares, recentemente scomparso, spiegava il significato delle quattro lettere del Papa inviate alla Chiesa del Cile sconvolta dagli abusi: sono un esempio della strategia da seguire per curare una istituzione ecclesiastica malata.  

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La frase discutibile del Papa

Il teologo Fares faceva una premessa, sulla “strategia” del Papa: un fatto significativo, che ne ha condensati molti altri e che in qualche modo ha innescato il processo degli ultimi mesi, è accaduto il 18 gennaio 2018, quando una giornalista ha interpellato papa Francesco sul caso del vescovo Barros, che avrebbe insabbiato gli abusi di uno suo sacerdote. Il Papa le ha detto: «Il giorno in cui avrò una prova parlerò». 

La richiesta del perdono

Tre giorni dopo, nel viaggio di ritorno dal Perù a Roma, l’abituale conferenza stampa durante il volo ha avuto un carattere singolare. La testimonianza di vari giornalisti che erano presenti concorda sul fatto che il Papa si è esposto a qualsiasi domanda volessero rivolgergli. In questo clima il Papa ha chiesto perdono due volte per la parola «prova» che aveva usato: «Su questo devo chiedere scusa, perché la parola “prova” ha ferito, ha ferito tanti abusati». Parecchi particolari delle cose che il Papa ha spiegato diffusamente lasciavano intuire che da tempo egli stesse compiendo un percorso con le vittime e con gli accusati.

Perdono e discernimento 

In questo passo, che ha sollevato molte interpretazioni e ha colpito per come il Pontefice abbia chiesto perdono in prima persona, ritroviamo un atteggiamento che Bergoglio aveva descritto nel 1987 come condizione «propria della situazionalità del discernimento: cercare – dentro se stesso – uno stato somigliante a quello esterno [...], e in questo modo ci si pone nella migliore disposizione per fare discernimento». Il Papa ha accusato se stesso e ha chiesto perdono per una cosa concreta con chi aveva offeso, e l’aver accusato se stesso, evidenziava Padre Diego Fares, gli ha permesso di discernere con più chiarezza i passi successivi.

Prima lettera: un appello alla conversione

Da lì sono state inviate quattro lettere ai vescovi cileni, attraverso le quali il Papa ha provato a risanare la grave ferita che aveva portato scandalo nella Chiesa. 

La prima lettera è stata un appello alla conversione. Il Papa condivide con i suoi fratelli vescovi una convinzione, una chiarezza e un desiderio: «la convinzione che le difficoltà presenti sono anche un’occasione per ristabilire la fiducia nella Chiesa, fiducia infranta dai nostri errori e peccati»; la chiarezza che «senza la fede e senza la preghiera, la fraternità è impossibile»; il desiderio che «ognuno di voi mi accompagni nell’itinerario interiore che sto percorrendo nelle ultime settimane», chiedendo allo Spirito che sia lui a guidare il processo.

Mostrare gli errori, ripartire da un luogo sano

In questa lettera, Papa Francesco usa tre mezzi: l’accusa di se stesso, parlando in prima persona plurale, l’atteggiamento paterno verso i suoi fratelli, e il collocarsi nel seno del Popolo fedele di Dio come luogo teologico sano da cui cominciare a risanare la Chiesa

Seconda lettera: assenza di profezia e collegialità

La seconda lettera, datata 15 maggio 2018 – la più significativa, in quanto esprime quell’«itinerario interiore» che il Papa ha percorso. Tutto questo, dice il Papa, riferendosi ai peccati e ai crimini, va condannato e punito nelle persone concrete, ma non basta. Perché si riesca a fare il discernimento sulla radice di questi peccati, sono necessari uno «sfondo di profezia» e un «clima di collegialità».

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Lo sguardo non più su Cristo 

«Sarebbe irresponsabile da parte nostra non andare a fondo nel cercare le radici e le strutture che hanno permesso a questi avvenimenti concreti di accadere e di perpetuarsi». E il discernimento è che la Chiesa cilena ha perduto l’ispirazione profetica e si è trasformata nel centro dell’attenzione. Anziché guardare Cristo come centro, si è concentrata su se stessa.

Terza lettera: l’inizio del discernimento “franco”

Nella terza lettera, il risanamento della ferita nella Chiesa continua con un ringraziamento del Papa ai vescovi del Cile per avere accolto l’invito a fare insieme «un discernimento franco» per «collaborare» alle misure che andranno prese. Puntualizza nuovamente la gravità dei fatti. Sottolinea che i vescovi si sono uniti «in una sola volontà e con il fermo proposito di riparare i danni provocati». E li invia «a continuare nella costruzione di una Chiesa profetica, che sappia mettere al centro ciò che è importante: il servizio al suo Signore nell’affamato, nel carcerato, nel migrante e nell’abusato».

Le dimissioni dei vescovi 

I vescovi cileni, rimettendo «i loro incarichi nelle mani del Papa, affinché decida lui liberamente per ciascuno di loro», hanno compiuto «un gesto collegiale per assumere – non senza dolore – i gravi fatti accaduti e perché il Santo Padre possa liberamente disporre di tutti noi».

La quarta lettera: essere creativi, dire ciò che si pensa

Nell’ultima lettera, il percorso di discernimento è ormai segnato e la ferita della Chiesa inizia il suo lungo percorso di chiusura, naturalmente ancora in corso.

Appellarmi a voi – dice il Papa ai vescovi – è invocare l’unzione che possedete come popolo di Dio». Francesco chiede loro di non lasciarsi derubare dell’unzione e di non temere di essere protagonisti: «Con voi sarà possibile fare i passi necessari per un rinnovamento e una conversione ecclesiale davvero sani e a lungo termine». E li esorta a essere creativi e a dire ciò che sentono e pensano, ponendo sempre Gesù Cristo al centro.

L’unzione dello spirito

L’unzione dello Spirito, che il Papa invoca, imprime un carattere nel popolo di Dio: gli dà un’identità dinamica, che lo rende inclusivo. È la teologia del popolo di Dio di cui si parla nella costituzione apostolica Lumen gentium di Paolo VI.

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