La vita non è stata facile per Delphine. Pronipote di minatori polacchi e nipote di immigrati algerini, è cresciuta a Isère (Francia) in una famiglia complicata. A 24 anni, quando tutto le stava andando bene – era realizzata nel suo lavoro come insegnante di Francese e stava per sposarsi –, le è stato diagnosticato un cancro. La sua voglia di vivere le ha permesso di superarlo dopo due anni di cure. Nessuno, però, le aveva detto che i trattamenti avrebbero influenzato la sua fertilità. Non sarebbe mai riuscita a rimanere incinta.
La notizia l'ha devastata, ma era decisa a combattere. Si fidava solo delle persone che le erano più vicine, perché non credeva più in Dio. Da bambina le piaceva andare con l'adorata nonna a Messa, cosa che la riempiva di emozione, ma aveva rinunciato a tutto prima di entrare al liceo. Non era contraria, ma indifferente. “Direi che ero una perfetta agnostica”, dice con un sorriso.
Combattiva, Delphine ha intrapreso un viaggio lungo e difficile per dimostrare che i profeti di sventura avevano torto, ma tutte le pratiche di riproduzione assistita a cui ha fatto ricorso sono fallite. Nel 2005 ha accolto il suo unico figlio, Clément.
Una fonte nel deserto
Amante dei viaggi, nel 2008 Delphine è andata in Giordania, senza sapere che quel viaggio sarebbe stato la sua “via di Damasco”. Lì, grazie ad una guida immersa nella cultura cristiana, ha riscoperto la storia biblica, che le risuonava in modo particolare. Tra i grandiosi paesaggi giordani, ha sperimentato “un'irradiazione di Amore infinito, un fuoco di tale intensità” che “ha avvolto e inondato” tutto il suo essere.
“Qualcosa in me stava morendo, ma non sapevo cosa”, dice. “È stato immensamente doloroso (...). Non ho capito nulla di quello che mi stava accadendo. Non ho capito nulla. Avevo lasciato la Francia agnostica, e sono tornata piena di Spirito, immersa nel soprannaturale, una 'credente'”.
Quando è tornata da quella che descrive come “tsunami esistenziale e cataclisma spirituale”, Delphine era nel disordine totale, ma allo stesso tempo piena di “una gioia e un amore che traboccavano ovunque”, e in preda a torrenti di lacrime. Anche se San Paolo non è uno degli autori a lei familiari, si sentiva “una nuova creatura”. Ma in chi credere, e a chi rivolgersi?
Un'esperienza mistica decisiva
E poi è accaduto l'incredibile: l'Altissimo le ha fatto visita una seconda volta, qualche settimana più tardi, alla fine della settimana di Pentecoste, mentre dormiva da sola nel suo appartamento di Parigi. Una pressione sulle spalle l'ha svegliata nelle prime ore del mattino, le mani le sono diventate bollenti e ha sentito una voce sussurrare: “Forma un calice con le mani”. Lo ha fatto e si è trovata avvolta in una luce blu per tre giorni. È come se fosse stata “strappata” per un altro mondo. Quando la luce è scomparsa, è stata travolta da un'onda di pace, e ha saputo con certezza assoluta che era amata da Dio. Ed è “rinata”.
Cristo o niente
Delphine ha impiegato molto tempo per trovare la sua casa nella Chiesa. Per tre anni ha vagato in direzioni diverse: Sufismo, Taoismo, Cattolicesimo, Protestantesimo, Buddismo, Sciamanesimo... “Volevo mantenere tutto, non scegliere nulla, far parte di tutte le spiritualità, di tutti i mistici”. Poi, per accompagnare il figlio, che ha iscritto al catechismo, è tornata ai principi fondamentali della fede cristiana. Incontri con cattolici ferventi, tra cui una reclusa, l'hanno convinta del fatto che Cristo è “la via, la verità e la vita”.
Cresimata nel 2013, nel 2017 Delphine è diventata Oblata nel monastero benedettino di Vanves.
Nel 2020 si è consacrata a Maria nel monastero carmelitano di Bagnères-de-Bigorre. Oggi si impegna instancabilmente ad aiutare gli altri a sperimentare la gioia di incontrare il Figlio di Dio tra catechismo, accompagnamento dei catecumeni e gruppi di dialogo interreligioso, esercitando pienamente la sua maternità spirituale.
“Per molto tempo mi sono sentita come una terra sterile”, ha ammesso, “ma ora tutto è diventato una benedizione spirituale”.