Madre Velma e madre Telma Vargas Santillan sono gemelle. Sono nate a Morelia (Michoacán, Messico) in una famiglia cattolica. Oggi vivono nello Stato messicano di Guanajuato, teatro di una guerra accanita tra cartelli di narcotrafficanti.
Una di loro vive a Celaya, l'altra a León. Hanno entrambe incarichi direttivi nelle scuole della loro congregazione e hanno sperimentato in prima persona il terrore derivante da questa guerra.
All'esterno, pallottole, sangue e morti sono il pane quotidiano. Nelle aule, la lotta è quella per conquistare l'anima dei loro allievi ipersessualizzati da una musica volgare e dall'ideologia di genere.
Combattono per riscattare bambine e bambini dalla pornografia e dall'odio che provano nei confronti della Chiesa cattolica.
La loro preghiera per i sicari
Le due religiose pregano per la pace e la conversione di tutti i sicari.
Hanno 38 anni, e hanno fatto la professione religiosa più di 17 anni fa, avendo sentito molto presto la chiamata di Dio a consacrarsi.
Appartengono alla congregazione delle Figlie di Maria Immacolata di Guadalupe, fondata dal sacerdote José Antonio Plancarte y Labastida. Ecco un po' della loro storia...
Curiosità sulle gemelle
Siete telepatiche?
Velma: Se intendiamo la telepatia in quanto tale no. Quello che notiamo è che abbiamo gusti molti simili. Pensiamo entrambe più o meno la stessa cosa o compriamo gli stessi oggetti.
Telma: Non nel senso di provare quello che prova l'altra, ma abbiamo appunto gli stessi gusti. Ad esempio, abbiamo comprato le stesse scarpe in luoghi diversi.
Vi confondono?
Velma: Sì, moltissimo, soprattutto quando andiamo in comunità in cui non ci conoscono molto.
Come festeggiate il vostro compleanno?
Telma: Ciascuna nella sua comunità. Nella nostra comunità, poi, si festeggia l'onomastico, non il compleanno.
Siete sorelle, amiche, andate d'accordo?
Telma: Credo che mia sorella sia uno dei tesori più grandi che Dio mi ha donato. Siamo sempre state molto unite.
Velma: Andiamo molto d'accordo. Certo, discutiamo anche, e credo che sia sano.
L'inizio della chiamata di Dio
A che età avete ricevuto la chiamata alla vita religiosa?
Velma: Studiavamo alla scuola delle suore della congregazione a cui ora apparteniamo, nel collegio Plancarte di Morelia, e io ci ho pensato fin da piccola. Penso che abbia molto a che vedere con il fatto che quando avevamo 10 anni abbiamo avuto un incidente automobilistico.
Sono rimasta immobile per molto tempo, e in quel periodo mi sono resa conto che la vita è breve, che va impiegata in qualcosa che valga la pena, che Dio ci accompagna e ci dà la vita per fare qualcosa di buono, non per sprecarla.
Quando sono arrivata nella scuola, ricordo che c'è stato un dibattito su cosa fosse la vocazione, soprattutto la vocazione religiosa. Fino a quel momento non avevo una grande consapevolezza di cosa si trattasse.
Quando ho sentito che la vita religiosa significava consacrare tutta la propria vita a Dio ho pensato: “Dio è ciò che conta di più, e la cosa più preziosa che possiamo fare è consacrare la nostra vita a Lui”.
Quando ho iniziato a conoscere un po' di più la vita religiosa chiedevo a Dio: “Signore, cosa vuoi da me?”
“Dio mi chiamava”
Nella preghiera mi sono resa conto che Dio mi chiamava davvero. È come una certezza, un desiderio, una spinta a offrirgli tutto nella vita religiosa.
Poi ho invitato mia sorella a partecipare alle giornate vocazionali. Ricordo che stavamo finendo la le medie e le ho detto che avrei provato. Telma mi ha risposto: “No, aspetta”.
Poi siamo entrate alla scuola secondaria, io andavo ai ritiri vocazionali e lei mi accompagnava.
Telma: Quando lei ha iniziato ad avere queste inquietudini eravamo bambine, e quindi quando a 14 anni ha detto che sarebbe andata a me sembrava inconcepibile, e l'ho convinta a rimanere per la scuola secondaria.
Quanto a me, non l'ho scoperto in questo modo. Sì, mi piaceva molto stare con le suore e seguire le cose di Dio, mi piaceva parlare con loro, stare con loro, non propriamente in chiesa, ma ero molto attirata da tutto ciò che era di Dio.
Quando abbiamo iniziato la scuola secondaria lei ha cominciato ad andare alle giornate vocazionali, e già dalla prima io dicevo che volevo fare qualcosa del genere. Abbiamo seguito i tre anni, siamo andate in missione e abbiamo iniziato ad essere catechiste.
Nei momenti di preghiera nei ritiri scopri quanto Dio sia grande, scopri l'infinito e dici “Questo ti riempie talmente che non puoi dire di no a qualcosa di così enorme”.
Ero molto ribelle e non volevo lasciare la mia famiglia, non volevo lasciare mia madre. Mi sembrava impossibile. Per Dio, però, nulla è impossibile, perché ci dona la grazia.
All'ultimo ritiro c'è stata un'Ora Santa e ci hanno detto: “Se volete offrire la vostra vita a Dio, firmate questo assegno in bianco”. Ci ho pensato molto e sono stata una delle ultime. Ho firmato e a 17 anni siamo entrate.
Innamorate della vita religiosa
Com'eravate prima? Vi siete mai innamorate?
Velma: Certo, eravamo adolescenti e avevamo molti amici e conoscenti, e provavamo quello che prova qualsiasi ragazza. Visto però che ho cominciato questo processo fin da quando ero molto giovane, anche se ero attirata dal matrimonio ho deciso di non aprire le porte a un possibile fidanzamento.
Ci dedicavamo molto allo studio, eravamo catechiste e andavamo in missione.
Telma: Ci piaceva qualcuno? Credo di sì, ma non la ricordo come una cosa molto intensa.
Come hanno reagito i vostri genitori sapendo che volevate optare per la vita religiosa?
Telma: Per i miei genitori è stato un colpo molto forte, non perché non fossero religiosi o non credessero in Dio, ma per la separazione. Ancora oggi credono che sia avvenuto tutto troppo presto o che sia stato molto radicale, perché quando si decide ci si separa dalla propria famiglia.
Non si può andare a trovare i propri cari quando si vuole, ci sono delle regole stabilite. Per i nostri genitori è stato molto duro perché ce ne siamo andate entrambe contemporaneamente.
Oggi guardo indietro e mi chiedo come abbiamo avuto il coraggio di farlo, e credo davvero che sia stata la grazia, perché umanamente non si può spiegare il fatto di lasciare la propria famiglia per andare in un luogo diverso.
Velma: Penso che uno dei giorni più difficili della nostra vita sia stato quello in cui lo abbiamo detto ai nostri genitori. Lo ricordo e provo ancora nostalgia, dolore, la sensazione che si ha quando ti danno una brutta notizia, perché è stato molto difficile, perché sapevamo come sarebbe stato per loro visto che eravamo una famiglia molto unita. E poi eravamo le uniche due femmine.
Ci sono voluti degli anni perché lo accettassero, e capisco che sia costato molto.
Crisi vocazionale nel mondo
Cosa pensate della crisi delle vocazioni?
Velma: Credo che la crisi di vocazione più importante non riguardi la vita religiosa, ma il matrimonio e la famiglia. Una madre e un padre sono il primo intermediario tra la persona e Dio.
Una madre è come il primo sacerdote, mostra l'amore di Dio, e se gli viene mostrato l'amore di Dio il bambino, crescendo, può accedere alla vita spirituale, alla vita di incontro con Dio.
Oggi i giovani non vogliono impegnarsi, neanche nel lavoro. Sono sempre meno quelli che vogliono rischiare la propria vita.
Entrare nella vita religiosa è sicuramente come fare bungee jumping senza la certezza del fatto che ci sia una corta.
I giovani amano la vita liquida, quello che non implica sforzo né dedizione.
Telma: Monsignor Diego Monroy ci diceva che non c'è crisi di vocazioni, perché Dio continua a chiamare, ma piuttosto crisi di risposta, per tutto il bombardamento che fa sì che Dio non sia più al centro.
Si dice giustamente che l'ultima lotta del demonio sarà contro la famiglia, e stiamo vedendo come questa venga spezzata in tutti gli aspetti.
Oggi i giovani non vogliono più sposarsi perché non vogliono impegnarsi, non ci sono più matrimoni duraturi. E questa nuova ideologia si vuole imporre anche a partire dallo Stato, visto che si può chiamare famiglia anche due uomini o due donne.
Tutto questo fa sì che qualsiasi vocazione sia in crisi, perché se non ho un buon concetto di quello che è una famiglia, men che meno ne avrò di una vita totalmente dedicata al servizio di Dio.
Una vita in castità
Come vivete la castità?
Velma: Pensare che la castità implichi la rinuncia all'amore vuol dire non sapere cosa sia. Non rinunciamo all'amore, al contrario, ci uniamo a un amore più grande, a un'intimità più profonda, a un rapporto a cui tutti siamo chiamati attraverso il Battesimo.
Molti pensano che il voto di castità sia quello più difficile, ma il voto più difficile è l'obbedienza, perché si rinuncia alla propria volontà, a quello che si vuole, a quello che piace.
Tutti siamo chiamati a vivere la castità a partire dal nostro stato di vita, anche gli sposi, perché la castità non è una rinuncia, ma ordinare le cose, in questo caso ordinare il grande dono della sessualità che Dio ci ha dato. E questo non significa che non abbiamo tentazioni.
Il demonio vuole far cadere una famiglia, far cadere una vocazione, per questo ci sono sempre tentazioni.
Il modo migliore per affrontarle è usufruire di tutti i mezzi che la Chiesa ci ha messo a disposizione, come la Santa Messa e il fatto di avere una persona che ci accompagna, qualcuno a cui poter raccontare quello che ci succede.
Telma: Non posso dire che sia facile, perché non sarebbe corretto. Credo che proprio perché è una sfida valga la pena di dire che, pur con tutte le nostre debolezze e miserie, la misericordia di Dio in noi è così grande che ci ha permesso di stare qui e di dire “Si può, ancora si può”.
Dio mi mantenga così, come molte suore, fino all'ultimo giorno della mia vita. Non possiamo dire di aver vinto fino all'ultimo giorno.
La castità, se la guardiamo da un punto di vista reale, non è solo per noi, è per tutti. Non è solo per i consacrati.
La differenza è che noi abbiamo il vantaggio di avere esercizi spirituali, di avere una congregazione che ci aiuta o persone accanto da cui poter andare e in cui confidare.
A me aiuta moltissimo chiedere aiuto o consiglio in ogni situazione. Aiuta molto dire come ci si sente, con tutto quello che implica, anche se è difficile.
Ora stiamo inoltre vivendo le conseguenze di un mondo ipersessualizzato. Le bambine e i bambini hanno dei dubbi sul loro orientamento sessuale, e questo aggrava la crisi delle vocazioni. Immagine le conseguenze di un mondo non solo ipersessualizzato, ma anche indottrinato dall'ideologia LGTB.
Una guerra contro libertinaggio sessuale e ideologie di genere
Quali misure si stanno prendendo a livello educativo per contrastare tutto questo?
Velma: Colpisce il fatto che i bambini ascoltino le canzoni del rapper Bad Bunny, troppo volgari, e che lo facciano senza preparazione. Nei libri di testo, poi, si attenta contro la famiglia, contro i comentamenti di Dio, e come cristiani dobbiamo preoccuparci. È difficile perché i fronti sono troppi.
Siamo all'interno di un sistema educativo e possiamo fare poco. Orientiamo i bambini, ma come li possiamo proteggere da film Disney e Marvel?
Parliamo anche con ragazze delle medie e delle superiori che non vogliono sposarsi, che non vogliono avere figli, che odiano gli uomini. Non tutte, ma un numero significativo sì.
E sono molti di più quelli che dicono che il matrimonio è ormai passato di moda e che la Chiesa è retrograda.
Cerchiamo allora di parlare con i genitori per metterli al corrente di quello che succede ai figli.
Telma: In generale cerchiamo di formare il cuore. Se negli anni passati tutto questo era secondario, da due anni a questa parte è aperto e sfacciato, perfino un'imposizione.
Di fronte a questo pericolo imminente, bisogna sapere come sia riuscito a permeare la realtà, per cercare di contrastarlo.
Sono andata a conferenze su queste ideologie, mi sono informata, ho parlato con i genitori e ho organizzato incontri con i ragazzi.
Gli insegnanti orientano, ma anche noi, con la pastorale, dobbiamo aiutare a contrastare questo fenomeno.
È un compito implica una sfida molto grande, ma non possiamo rimanere con le mani in mano.
La nostra congregazione, poi, è stata fondata per formare le donne, soprattutto in senso cristiano. Donne cristiane che danno la vita per i figli, che li formano e fanno sì che la società sia un mondo migliore.
È un compito da affrontare tutti i giorni, e non è facile. Visto che la pressione sociale è tanto forte, per noi sarà una grande sfida far sì che conoscano la verità che Dio ci ha posto nel cuore su ciò che è bene e ciò che è male.
Di fronte all'ideologia di genere, le scuole cattoliche hanno smesso di essere cattoliche?
Telma: Non credo che abbiano smesso di essere cattoliche, perché sono state fondate per questo. Penso piuttosto che non siamo stati abbastanza coraggiosi da denunciare la situazione, perché non credo che tutte le persone al loro interno concordino con queste ideologie. Ci saranno persone consapevoli di ciò che Dio ci chiede e di quello per cui ci ha creati.
Non siamo però coraggiosi, e stiamo tardando ad alzare la voce e a capire la portata di tutto questo. Difendere implica molto coraggio, perché si va controcorrente.
Velma: Anche se desidero con tutto il cuore che l'educazione che offriamo sia una porta aperta per fare il bene, devo riconoscere che la scuola cattolica deve molto all'umanità e a Dio, perché siamo più interessati al successo imprenditoriale che alla qualità umana.
Sento che stiamo perdendo di vista le necessità del mondo di fronte ai tanti modi in cui le nuove generazioni vengono bombardate al giorno d'oggi.
C'è qualcosa che volete dire per concludere?
Velma: I valori e la verità saranno sempre gli stessi. Ricordiamo la frase “Ciò che è male è male, anche se lo fanno tutti, e quello che è bene è bene, anche se non lo fa nessuno”.
Cosa rispondere quando un giovane dice che la Chiesa è arcaica
Penso che la verità della nostra vita sia stata già detta in Gesù, che si è fatto uomo per mostrarci cosa sia l'uomo, e tutte le parole che ha pronunciato dovrebbero essere vita per tutti noi.
Credo che noi cattolici pensiamo che la nostra vita cattolica sia mediamente importante. Stiamo permettendo ai media di vincerci, stiamo lasciando che la malvagità e la menzogna si insedino perché è più comodo.
Quando i giovani mi dicono che la Chiesa è arcaica, io dico loro che non c'è nulla di più arcaico delle basse passioni dell'uomo. Cristo è venuto a dare un senso all'amore.