"Bestemmie continue tra i giocatori, contro chi abita vicino la parrocchia, contro gli anziani, contro gli operatori pastorali, contro la Chiesa che li ospita. Immondizia lasciata a terra continuamente, quando i bidoni dei rifiuti sono a cinque metri di distanza. Atteggiamenti irrispettosi verso chiunque e senza ringraziamento. E la parrocchia ha appena acquistato delle nuove porte da gioco...”. E' questo il motivo che ha spinto don Maurizio Di Rienzo, parroco a San Biagio (a Marina di Minturno, provincia di Latina) ad una decisione drastica ma sofferta: “Da oggi e fino a data da destinarsi il campo parrocchiale è chiuso per maleducazione”.
Don Maurizio, sfogandosi, spiega che - purtroppo - non è la prima volta che è costretto a farlo e che, cosa assai più grave, è mancata la solidarietà all'interno della parrocchia. “Purtroppo devo segnalare anche l'assenza totale di disponibilità e di tempo da parte degli adulti, dei genitori e dei volontari che possano supervisionare per qualche ora i ragazzi”. E lo ribadisce anche dopo, a voce ad Avvenire: “Siamo tutti facili a lamentarci, poi però quando serve una mano, c’è il fuggi fuggi”.
Non un caso isolato
L'oratorio parrocchiale come sfogatoio dei più bassi istinti e come parcheggio per i figli dunque? Un tema aperto che naturalmente non riguarda solo questa parrocchia della provincia di Latina come ci è capitato già di raccontare.
Poco prima dell'estate, il parroco dell'Unità pastorale “Beata Vergine delle Grazie” di Cicognara (frazione di Viadana) nel Mantovano, riapriva l’oratorio da lui gestito: la struttura era stata chiusa a seguito di comportamenti maleducati che «non rispettano il luogo». Don Andrea Spreafico aveva affisso fuori dall’oratorio in cui si leggeva che il centro ricreativo è «chiuso. Motivi: troppe parole volgari, cacca ovunque nei bagni, rifiuti buttati a caso, sedie prese dal portico e abbandonate, persone che entrano in mutandoni e canottiera, uomini che si tolgono le croste dai piedi, bambini sotto i cinque anni non accompagnati in bagno dai genitori, comportamenti da bulli violenti».
Analogie con la lamentela di don Roberto Razzoli, parroco della chiesa dei Santi Maria e Clemente di Valenzatico frazione di Quarrata, che non ne poteva più di tutti quegli insulti e quelle bestemmie tra i ragazzini che giocavano a pallone nel “campino” della Parrocchia. “Dopo vari richiami fatti ai ragazzi e adolescenti che giocano nel campino parrocchiale ad una attenzione maggiore a non bestemmiare e non parlare con parole volgari, dato che continua questo modo increscioso di parlare mi trovo costretto a chiudere il Campino”. “L’uso del Campino – si leggeva infine sul foglio – sarà concesso ai ragazzi solo se con genitori presenti che si assumano la responsabilità dei gesti e parole dei ragazzi che giocano”.
La Parrocchia vissuta come centro sportivo o di mero "pascolamento" dei ragazzi, senza guida, senza un progetto. La bestemmia come sfogo. La responsabilità non è - solo - dei parroci, ma della comunità tutta. Dove sono i laici? Dov'è la chiamata al servizio condivisa da tutti? I papà, le mamme, i fratelli e le sorelle maggiori, dove sono? In una condizione di frammentazione dei rapporti, di polverizzazione dei legami e di crescente individualismo risuona forse la risposta di Caino nella Genesi: "Sono forse io il guardiano di mio fratello?".
Ma il Battesimo è un impegno comunitario
Eppure sono possibili altre strade come ci raccontava il Presidente del COR (Centro Oratori Romani) David Lo Bascio - in occasione lo scorso gennaio dell'istituzione del ministero ecclesiale del Catechista e della sua personale chiamata a ricoprire tale ministero dal Santo Padre -, rispondeva alla nostra domanda sulla responsabilità del laicato, così: