Milioni di ragazzini, adolescenti e giovani seguono degli streamer su piattaforme come Twitch, dove dei giocatori di talento mostrano le loro competenze e dialogano con gli spettatori via chat. Se queste piattaforme sono divenute così popolari è senza dubbio perché mettono fine alla solitudine del giocatore, una volta confinato sul divano davanti al videogioco.
Benché aperto ai troll e ai ludodipendenti, Twitch si presta bene all’impegno e allo sviluppo di una comunità solidale: è quanto constata Jonathan Blevins, creatore del canale BeardedBlevins.
Cattolico residente negli Stati Uniti, sposato e padre di tre figli, Johnathan Blevins è riuscito a captare l’attenzione di numerosi internauti grazie alla propria vivacità, alla sua umiltà ma anche – ovviamente – alle sue eccezionali doti con gli “sticks” (il controller). Nelle sue trasmissioni online, dove lui e diversi streamer condividono le medesime idee, egli propone alla propria comunità una visione cattolica nel mondo dei videogiochi, non esitando a parlare spesso della fede. Ha risposto alle domande di Aleteia.
J.-P. Mauro: Perché ha creato un canale su Twitch?
Jonathan Blevins: Conosco Twitch da anni, ci sono molti grandi creatori di contenuti talvolta famigliari ma spesso anche molto sinistri. Molti stereotipi sui videogiochi contribuiscono a restituirne un’immagine tossica. Mi sono dunque incaricato di addurre qualcosa di più positivo, di mostrare il lato bello dei giochi e di dire alla mia comunità che si possono produrre grandi cose, quando si mette Cristo al centro.
J.-P. M.: Come reagiscono gli spettatori quando lei parla di fede nell’ambiente dei videogiochi?
J. B.: Ci sono reazioni di tutti i tipi, ma generalmente prevale lo stupore, la curiosità o perfino la gratitudine. Non propongo certo incontri di catechismo, ma parlo della mia fede con naturalezza e resto sempre cordiale e amichevole. Grazie a questo clima di fiducia, quando capita che pongano domande sulla fede o sulla vita in generale, restano molto aperti davanti a quello che ho da dire.
J.-P. M.: Secondo lei quali sono i videogiochi che più facilmente permettono una conversazione sulla fede? Qual è il suo preferito, e perché?
J. B.: Ogni gioco che non sia tremendamente trash e che non utilizzi un linguaggio volgare può servire da veicolo a una conversazione. Ad esempio, amo giocare a Fortnite perché mi permette di dominare la velocità del gioco lasciandomi capace di leggere la chat e di seguire una conversazione. E poi è un gioco molto divertente nell’insieme.
J.-P. M.: Il suo canale parla della sua fede cattolica, ma anche di sport o di cucina ben saporita. Come fa a trovare l’equilibrio tra queste tematiche profane e quelle religiose?
J. B.: Per dirla con parole attualmente di moda: grazie all’autenticità. Resto me stesso. Amo lo sport, il cibo, il bourbon e la mia fede cattolica, dunque parlo di tutto questo con la mia community. Per qualche motivo, che ignoro, la gente ama venire a parlare con me e si interessa a quello che ho da dire, e allora si accodano ai temi di cui parlo, anche se alcuni li interessano meno di altri.
J.-P. M.: Ha già pregato un santo per un aiuto in un gioco? Secondo lei quale santo sarebbe il giocatore migliore?
J. B.: Non ho mai pregato per vincere in un videogioco. Chiedo spesso l’intercessione di san Francesco d’Assisi prima dello streaming, per essere ben ispirato. Penso che san Tommaso d’Aquino sarebbe stato il più grande gamer di tutti i tempi, ma sono lieto che all’epoca non ci fossero videogiochi: lo avrebbero distratto dalla chiara vocazione che riceveva da Dio!
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]