Il regime sovietico ha cercato di eliminare la presenza cattolica in Kazakistan, la Nazione che Papa Francesco visiterà dal 13 al 15 settembre.
Padre Pierre Dumoulin, sacerdote francese nato nel 1961, è stato uno dei primi missionari a tornare in Kazakistan all'inizio degli anni Novanta.
L'uomo che ha cofondato l'unico seminario del Paese ha parlato con emozione a I.MEDIA del ritorno delle missioni e della sete di un popolo in cui erano sopravvissute isole nascoste di cristianesimo.
Nel 1991, p. Dumoulin era saceredote della diocesi di Monaco e docente della Facoltà di Teologia di Lugano, in Svizzera. Quando Papa Giovanni Paolo II ha chiesto segretamente all'istituto di Lugano di formare i vescovi dell'Unione Sovietica, p. Demoulin si è fatto avanti perché parlava russo.
Ha quindi impartito corsi a vari vescovi, tra cui quello del Kazakistan, che alla fine del suo soggiorno lo ha invitato a insegnare nel Paese. Cosa senza precedenti dietro la Cortina di Ferro che si stava aprendo gradualmente, p. Dumoulin ha impartito corsi a insegnanti kazaki di Storia delle Religioni. La notizia è stata data perfino dalla stazione radiofonica ufficiale del Paese.
Il sacerdote ha notato “una grande sete”. Di circa 50 studenti, una ventina ha chiesto il Battesimo. “Questo fatto mi ha colpito profondamente”, dice. “In quegli anni c'era un incredibile senso di aspettativa”.
“Pensavo che non ci sarebbe stato nessuno...”
Il sacerdote ha quindi suggerito al vescovo della regione che avrebbe potuto formare dei sacerdoti. La proposta è stata accolta con scetticismo dopo gli anni del comunismo che avevano lasciato queste terre prive di vocazioni. La Chiesa all'epoca aveva appena 15 sacerdoti, che servivano un territorio più grande dell'Europa (Kazakistan, Uzbekistan, Kirghizistan, Tagikistan e Turkmenistan).
Il vicario generale ha chiesto a p. Dumoulin di delineare il progetto di un seminario. Inizialmente sconcertato da questa proposta inaspettata, alla fine ha accettato la sua nuova missione.
La Domenica delle Palme 1992, il missionario ha aperto un pre-seminario di tre mesi. “All'inizio ho pensato che non ci sarebbe stato nessuno, poi sono arrivati 12 ragazzi... E il miracolo si è rinnovato ogni anno. Abbiamo continuato per quattro anni con me che andavo avanti e indietro tra Lugano e Karaganda. Era ancora clandestino, le comunicazioni erano complicate, ed eravamo sorvegliati dal KGB”.
Il pre-seminario era situato a Karaganda, nel cuore di uno dei più grandi gulag del periodo comunista, il Karlag. È qui che all'epoca i cattolici erano più numerosi, e metà della popolazione discendeva da deportati russi, tedeschi, polacchi e ucraini.
Karaganda era l'unico luogo dell'Unione Sovietica in cui fosse stata costruita una chiesa cattolica, su un insolito modello architettonico: i minatori di questa città carbonifera hanno infatti usato materiali trovati sul posto, come tubi da miniera o binari ferroviari.
L'incontro con la “babushka”
Con i giovani del pre-seminario, p. Dumoulin ha organizzato viaggi in tutto il Kazakistan per parlare di vocazioni. In quelle terre aride, in villaggi ancora caratterizzati dal duro segno dei campi, hanno scoperto comunità cristiane che non avevano mai visto dei sacerdoti.
“La gente si riuniva per celebrare, allestiva una tavola, la decorava e leggeva delle preghiere; era il loro unico servizio. Andavano davanti a una croce per confessare i propri peccati. Se riuscivano a ottenere dell'acqua santa, la facevano durare per anni aggiungendovi dell'acqua. Celebravano ancora in latino, come in passato. Non avevano mai sentito parlare del Vaticano II”.
Erano sopravvissute in piccoli monasteri anche suore che avevano consacrato segretamente la propria vita. “Quello che le faceva andare avanti, la forza della Chiesa, era il Rosario”, afferma p. Dumoulin. “È una preghiera così semplice che si trasmette facilmente e permette di mantenere la fede. Nei campi, le nonne realizzavano dei rosari con palline di pane tenute insieme da un filo”.
È grazie a tutti questi fedeli, che hanno scritto su dei taccuini delle preghiere imparate a memoria, che la fede ha potuto essere trasmessa.
Quando hanno visto arrivare dei sacerdoti e dei giovani candidati al sacerdozio, alcuni temevano di avere a che fare con delle spie.
“Simeone” nel tempio
Un giorno, p. Dumoulin è rimasto profondamente commosso da un incontro.
“Siamo arrivati in un villaggio in cui la gente stava costruendo una chiesa”, dice. “Le nonne portavano secchi di cemento, i bambini rompevano piccole pietre per realizzare il pavimento e i nonni erano sulle impalcature per costruire le pareti”.
“Una donna anziana ci ha chiesto chi fossimo. Glielo abbiamo spiegato. 'Quando inizerai ad essere un sacerdote?', ha chiesto a Youroslav. ‘Devo studiare per sei anni, e quando tornerò sarò un sacerdote', ha risposto lui. ‘Ah, sei anni. Quando tornerai sarò morta. Ma non importa, perché ti ho visto'”.
In quelle parole, ricorda emozionato il sacerdote, “ho sentito il vecchio Simeone. Ho visto la fede di questa donna che ha detto: 'Ho tenuto duro, ho visto il giorno in cui i cristiani riusciranno a vivere di nuovo qui'”.
La mano di Dio in Kazakistan
In seguito il pre-seminario di Karaganda è stato trasformato in un seminario per tutta l'Asia Centrale.
Tornato ora a Marsiglia dopo lunghe missioni in Russia e Georgia, p. Dumoulin continua a impartire corsi via video per candidati kazaki, georgiani e russi che studiano in seminario. La struttura accoglie una media di 10 seminaristi all'anno.
Anche la geografia ecclesiastica del Paese è evoluta: attualmente il Kazakistan ha tre diocesi – sud, centro e nord – e un'amministrazione apostolica. La popolazione cristiana più consistente si trova nella diocesi di Astana. Nel Paese ci sono circa 100 sacerdoti, 15 dei quali originari del Kazakistan.
Nel 2021, per la prima volta, un sacerdote della nuova generazione del Kazakistan, p. Yevgeniy Zinkovskiy, è stato nominato vescovo ausiliare a Karaganda. “È una gioia, una fonte di orgoglio, sapere che uno dei nostri giovani è vescovo”, sottolinea il missionario.
I Kazaki, che professano un islam moderato, stanno anche iniziando a convertirsi al cristianesimo, finora visto come una religione occidentale.
A Karaganda è stata costruita una cattedrale in stile gotico. “È un monumento emblematico visibile, che attira e mostra cosa sia il cristianesimo”.
Oltre a due comunità carmelitane, ci sono due luoghi di adorazione perpetua, a Nur-Sultan – prima chiamata Astana – e presso il santuario mariano di Oziornoe.
“Non siamo stati noi, è stato Dio”, dice p. Dumoulin, che ricorda di essere stato salvato molte volte “in situazioni disperate, perso in mezzo alla steppa in auto rotte, con la paura di congelare sul posto. E la soluzione è arrivata. Non ho mai sentito la mano di Dio come in Kazakistan”.