Carlo III è ormai sovrano del Regno Unito e del Commonwealth. La sua consacrazione, tuttavia, non avrà luogo che di qui a qualche mese. Solo in occasione di quella cerimonia cingerà la corona dei suoi predecessori e riceverà l’unzione dalle mani dell’arcivescovo di Canterbury. Già capo supremo della Chiesa d’Inghilterra e “defensor fidei”, sarà detto re anche “per grazia di Dio”. Ma cosa si sa delle sue convinzioni religiose?
Se la fede cristiana di Carlo, battezzato il 15 dicembre 1948, si radica nella Chiesa anglicana, essa trattiene pure il retaggio di un contesto famigliare singolare, dal quale due figure si staccano. Anzitutto quella di sua madre, la regina Elisabetta, che era notoriamente molto credente. Riferimenti ai Vangeli hanno spesso impregnato le sue allocuzioni pubbliche, soprattutto i suoi tradizionali messaggi di Natale, nel corso dei quali la pudica sovrana, lettrice assidua delle Sacre Scritture e fedele all’ufficio domenicale, confidava quanto la sua fede fosse stata fonte di conforto e di speranza nelle prove, e quanto gli insegnamenti di Cristo costituissero il quadro di riferimento della sua vita e la bussola delle sue scelte.
La seconda figura è quella della madre del principe Filippo, dunque la nonna paterna di Carlo, la misteriosa principessa Alice di Battenberg. Questa pronipote della regina Vittoria, membro della famiglia reale di Grecia per via di matrimonio, ebbe un destino fuori dal comune. Convertita all’ortodossia nel 1928, manifestò assai rapidamente i sintomi di una crisi mistica per la quale sarebbe stata internata e diagnosticata schizofrenica. Sottoposta a trattamenti pesanti e gravidi di conseguenze, la principessa fu finalmente liberata dalla clinica nel 1932; scelse allora di non tornare col marito e coi figli, ma di percorrere l’Europa in incognito, occupandosi dei più poveri e dei bisognosi.
Divenuta vedova dopo la Seconda Guerra mondiale, si stabilì in Grecia, dove fondò una piccola comunità di religiose. È del resto con l’abito del suo ordine che assisté all’incoronazione della nuora, nell’abbazia di Westminster, nel 1953, prima di tornare ad Atene. Dopo il colpo di Stato dei Colonnelli, nel 1967, la regina Elisabetta il marito Filippo organizzarono il ritorno in patria della principessa inglese e l’accolsero a Buckingham Palace, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita romanzesca.
Nessun dubbio che questo ambiente domestico così particolare abbia in un modo o nell’altro segnato Carlo III, che più volte si è recato sul monte Athos, la fortezza dell’ortodossia greca.
Difensore della fede, protettore delle confessioni
Il nuovo re non ha mai nascosto un certo interesse per le Chiese orientali, ma anche per l’islam, per il giudaismo e anche per l’induismo, sottolineando come fosse proprio la sua fede cristiana a permettergli «di ascoltare persone di altre tradizioni e di parlare con loro». In un’intervista del 1994, l’allora erede al trono affermava che si vedeva meno “difensore della fede” che “protettore delle fedi”. Questa dichiarazione aveva dato luogo a una vivace polemica, tanto che dovettero essere chiarite ancora qualche anno più tardi: intervistato da BBC Radio 2 nel 2015, Carlo esplicitò il suo pensiero.
Per lui, insomma, il ruolo del monarca britannico non è quello di difendere l’anglicanesimo in esclusiva rispetto alle altre religioni, ma di «proteggere la libera pratica di tutte le credenze» che coabitano in senso al Regno Unito. È vero che il panorama religioso del Paese è cambiato, dall’avvento di Elisabetta II: se nel 1952 l’anglicanesimo era largamente maggioritario, oggi meno del 20% della popolazioni dichiara di riconoscersi in questa Chiesa, ridotta a mal partito da una secolarizzazione massiccia e da crisi interne.
Attaccamento alla libertà religiosa
Il rispetto della pluralità religiosa è dunque un punto capitale per Carlo III. È del resto in questa’ottica che, nel 2014, diede l’allarme sui cristiani d’Oriente, e soprattutto su quelli in Iraq, allora sotto la minaccia incombente dello Stato islamico:
Questa visione la evocò di nuovo nel 2019 in una tribuna redatta per L’Osservatore Romano, il quotidiano della Santa Sede, in occasione della canonizzazione del cardinal John Newman, alla quale aveva presenziato in Vaticano. In quell’omaggio nient’affatto scontato, Carlo III lodò «l’esempio più che mai necessario» del grande teologo anglicano convertito al cattolicesimo,
Sua madre Elisabetta aveva preso molto a cuore il ruolo di capo della Chiesa d’Inghilterra, pur dimostrando un’apertura ecumenica. Nella sua prima allocuzione, Carlo III ha assicurato ai suoi sudditi che anch’egli farà lo stesso, aggiungendo:
È certo che il nuovo sovrano, noto pure per la precoce vena ecologica – qualificata di “profetica” dal primate anglicano Justin Welby –, le numerose opere di carità che ha fondato, ma che è anche il primo re divorziato dai tempi di Enrico VIII, saprà imprimere una tonalità propria a questa funzione e (anche oltre) al suo regno.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]