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Altro che dimissioni: coi Cardinali il Papa sta parlando dei laici!

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Giovanni Marcotullio - pubblicato il 30/08/22
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Trapelano poche informazioni dalle stanze che ospitano la due-giorni dei circa 200 porporati con Francesco: a tema la Prædicate Evangelium e le sue applicazioni ancora da definire.

È da qualche settimana che alcuni media allungano l’avaro brodo delle letture estive con illazioni e/o presunte rivelazioni circa le imminenti dimissioni di papa Francesco. A tal fine hanno giovato, nel costruire le condizioni di verosimiglianza, principalmente queste circostanze: 

Molti indizi che non fanno una prova

    Bisogna riconoscere che la congiuntura di queste informazioni è quantomeno suggestiva, e che soddisfa ad abundantiam il principio del “tre indizi fanno una prova” coniato da Agatha Christie. 

    Si capisce dunque che i media e i social si siano buttati sulla versione romanzata e gialla, laddove la realtà rischia di rivelarsi estremamente meno rispondente al gusto per le curiosità: l’incontro a porte chiuse con i cardinali ha effettivamente qualcosa di eccezionale nella storia della Chiesa, non foss’altro che per le proporzioni della riunione (non si erano mai visti duecento cardinali tutti insieme a colloquio prolungato col Papa, anche perché il collegio cardinalizio non era mai arrivato a questa dilatazione); dalle aule in cui si scandiscono i momenti del loro incontro, tuttavia, giungono appena frasette centellinate. La materia dell’augusto vertice, del resto, è quanto di più tecnico (se non arido) la Chiesa cattolica possa offrire: si parla della costituzione apostolica Prædicate Evangelium, promulgata il 19 marzo scorso dopo un lavoro novennale, e se il Preambolo della Costituzione è molto godibile anche ai non addetti, i suoi 12 paragrafi si leggono assai rapidamente: quel che segue sono altri 12 paragrafetti di “principî e criterî” e quindi, dal cap. III all’XI, 250 articoli, talvolta suddivisi in paragrafi, dedicati alla «Curia Romana e al suo servizio alla Chiesa e al Mondo». 

    La riforma della Curia dal 2013 al 2022 (e oltre)

    Potrebbe essere insomma la magna charta della riforma della Curia Romana, uno dei compiti che il conclave del 2013 volle affidare al card. Bergoglio eleggendolo Papa, e la traduzione tecnico-normativa dell’ispirazione di Evangelii gaudium (l’esortazione apostolica-fiume, del novembre 2013, è forse non a caso il secondo testo per numero di citazioni all’interno della Costituzione – quattro rimandi, successivi solo ai dieci dedicati alla Lumen Gentium del Concilio Vaticano II). 

    Che la Riforma fosse un desideratum del Conclave non è una speculazione giornalistica, bensì lo si legge nero su bianco (riprendendo parole pronunciate nel concistoro del febbraio 2015) alla fine del Preambolo

    Vi si legge insomma che i cardinali hanno auspicato la Riforma nel 2013 e che già dal 2015 Francesco si proponeva di vagliare con lo stesso Sacro Collegio le proposte che man mano andava formulando per la riforma. Certo il documento è già in vigore (dal 5 giugno scorso, domenica di Pentecoste), ed è dunque da vedersi che tipo di contributo possa esprimere una riunione come quella della due-giorni che si conclude oggi (non è da escludersi che abbia profetato giusto il card. Miglio dicendo: «Per me il 29 sarà il primo giorno di scuola»). Salvatore Cernuzio ha raccolto le impressioni di alcuni prelati freschi di porpora, tra cui quella del prefetto del Dicastero per il Culto divino, l’inglese Artur Roche, il quale 

    Certo, si fa presto a dire “Concilio Vaticano II”, laddove il punto è spesso non nei testi dei Padri Conciliari, ma nell’ermeneutica (della rottura nella discontinuità o della riforma nella continuità) a cui questi vengono sottoposti. Il cardinale parroco, Enrico Feroci (porporato dal 25 ottobre 2020), ha spiegato 

    Il nodo dei laici (in posizioni apicali del governo ecclesiastico)

    È tuttavia nella terza sessione, avviata stamane e tuttora in corso, che si sta mettendo a fuoco il tema grosso, già abbozzato nel paragrafo 10 del Preambolo

    Cernuzio ha ricordato che già 

    Non trapelano tuttavia novità o parole decisive: 

    La storia della Chiesa è sempre stata puntellata da laici eccezionali assurti non “solo” alla gloria degli altari, ma “anche” ai vertici della gerarchia ecclesiastica (almeno dai tempi di Prospero di Aquitania, il quale non fu chierico ma che Leone Magno volle per cancelliere personale), dunque il tema non propone una novità assoluta: a trattenere però da troppo facili entusiasmi in tal senso c’è sicuramente la questione della natura gerarchica della Chiesa, ricordata da Ghirlanda e Lojudice; non si può tuttavia escludere che ponga un freno anche l’esperienza di alcune chiese che già nell’immediato post-concilio hanno promosso e generalizzato l’accesso laicale a funzioni di governo e che patiscono ora gli amari contrasti implicati dall’aver reso la Chiesa “un luogo di lavoro”. 

    Si capisce che il governo universale della Chiesa si voglia prudente e ispirato a un discernimento anche coraggioso e profetico, ma non avventato e modaiolo. 

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