A 48 ore dal suo arrivo a L’Aquila, Papa Francesco si rivolge agli aquilani per confermarli “nella speranza di Gesù Crocifisso e Risorto”, ma anche per incoraggiarli “a fare tesoro del messaggio che Papa Celestino ha lasciato a tutta la Chiesa”, spiegando che “l'umiltà, l'amore, la vicinanza, il perdono, la misericordia sono il modo più bello di annunciare il Vangelo”. Il Pontefice parla dalle colonne del quotidiano Il Centro. In un’intervista concessa al giornale abruzzese e pubblicata oggi, parla della ricostruzione che la città sta affrontando, che riguarda non solo le “case ma l'anima stessa della gente”, ringrazia “la Chiesa dell'Aquila per la testimonianza che ha portato in questi anni” e aggiunge che “solo l'unità rende possibile dei cambiamenti veri e duraturi”, che “bisogna lasciarsi alle spalle tutte le cose che ci dividono e valorizzare invece tutto ciò che unisce”, perché solo così “la speranza non sarà solo un'utopia ma una certezza su cui poggiare il futuro e l'impegno di tutti”.
Avere fiducia in Dio nel buio del dolore e della sofferenza
Papa Francesco risponde a quattro domande, ma di fronte alla tragedia del terremoto del 6 aprile 2009 che ha cambiato la storia dell'Aquila e la vita di tante persone, osserva che “il dolore e la sofferenza sono sempre un mistero” e che non basta “avere qualche ragionamento convincente” per essere “messi al sicuro dal buio di certe esperienze”. Anche Gesù, ricorda il Papa, “ha fatto l'esperienza di vivere questo buio, di sentirsi solo, sconfitto”, ma “ci ha insegnato che proprio in quel momento dove tutto sembra ormai perduto” ci può fidare del Padre. “Non può esserci nessuna rinascita senza questo gesto di fiducia in Chi ha il potere di tenerci la mano proprio quando vengono a crollare tutte le altre certezze” afferma Francesco, ricordando che per il credente “questa vita è solo un ‘passaggio’” verso “una vita che non passa” e che “senza questa certezza nulla avrebbe senso, e ogni cosa verrebbe schiacciata dal destino della morte”. Ma avere questa consapevolezza “è un dono che va chiesto, e allo stesso tempo va protetto da tutto ciò che vorrebbe spegnerlo”.
Una cultura della pace per rendere possibile il perdono
Domenica Francesco aprirà la Porta Santa della Basilica di Santa Maria di Collemaggio, dando il via alla 728.ma Perdonanza celestiniana, l’indulgenza plenaria che Papa Celestino V ha concesso a quanti pentiti e confessati si recano nel luogo di culto dai vespri del 28 agosto a quelli del giorno dopo. Ed è al perdono che invita guardando alla guerra in Ucraina e a quegli altri “conflitti che affliggono migliaia di persone e soprattutto di innocenti”. Perché “il male non si vince mai con il male, ma solo con il bene” e “ci vuole più forza a perdonare che a fare una guerra”. Tuttavia il perdono necessita “di una grande maturazione interiore e culturale” chiarisce Francesco, esortando tutti a “coltivare una cultura della pace che passi proprio dalla maturazione di un perdono possibile”. Al di fuori di tutto ciò si resta “impantanati nelle logiche del male che si agganciano alle logiche di interesse di chi approfitta di questi conflitti per arricchirsi e sfruttare”, perciò “il perdono è l'unica arma possibile contro ogni guerra”.
La povertà atteggiamento di chi è veramente libero
Infine nelle prime pagine del quotidiano abruzzese il Papa riflette sulla povertà e precisa che bisogna distinguere tra quella che è “frutto di ingiustizia” e la “povertà evangelica che è libertà dal possesso”. “La prima va combattuta con la giustizia e la solidarietà - rimarca - la seconda invece va scelta come strada che conduce a sperimentare la vera pace”. Francesco aggiunge che solo quando non si è “schiavi del possesso” è possibile “sperimentare quella libertà interiore che ci fa sentire gioia per ogni cosa della vita”. Perché la povertà per il cristiano, conclude il Papa “è un modo di stare al mondo”, “è l'atteggiamento di chi è veramente libero”.